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Ambiente / Opinioni

Il governo dimentica il diritto alla casa

In un Paese sempre più povero, l’esecutivo dimentica il "fondo affitti" e avvia l’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico. Il 6 novembre in piazza l’Unione inquilini. Sessant’anni fa Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, rispose così a chi contestava la requisizione di alloggi sfitti: "In una comunità cittadina non bestiale ma umana è possibile lasciare senza soluzione un problema così drammatico per la sua improrogabilità ed urgenza?"

Nell’agenda del governo, il “diritto all’abitare” non c’è. La bozza della legge di Stabilità non interviene in alcun modo per garantire una dotazione adeguata, per il 2015, al Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione: in un Paese in cui, secondo gli ultimi dati ISTAT, nel 2013 il 28,4% delle persone residenti era a rischio di povertà o esclusione sociale (30 ottobre 2014), il “fondo affitti” ha una capacità d’intervento di appena 50 milioni di euro, stanziati a (solo) febbraio e non ancora assegnati (il Comune di Milano, per dire, ha raccolto le “richieste” fino al 31 ottobre scorso).

Nell’agenda di governo, il “diritto all’abitare” non c’è: ci sarebbe una legge che ha per oggetto “misure urgenti per l’emergenza abitativa” (è la numero 80 del 2014), ma in realtà rappresenta una minaccia al patrimonio immobiliare pubblico, visto che avvierà una vendita delle case popolari, quelle che dovrebbero servire a risolvere -nella pratica- l’emergenza abitativa. 
È in arrivo il decreto attuativo dell’articolo 3, che definisce i criteri di vendita (all’asta) degli immobili, contro cui l’Unione inquilini ha lanciato una mobilitazione, in programma il prossimo 6 novembre: “Tutti sui tetti per dire che le case popolari sono un bene comune che non si svende ma si rilancia -ha spiegato il segretario Walter De Cesaris-. Una catena umana sulla cima delle case popolari per dire che non ci butteranno giù ma anche che non vogliamo ‘buttarci giù’. Abbiamo una alternativa molto credibile e fattibile: recuperare il patrimonio pubblico in disuso -spiega- e riutilizzarlo ai fini della residenza sociale è una grande operazione di equità sociale e di rilancio del Paese, un investimento sul futuro”. 

Le parole di De Cesaris paiono sensate, ma -è bene ricordarlo di nuovo- nell’agenda di governo il “diritto all’abitare” non c’è, e almeno due esponenti dell’esecutivo -Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, e Angelino Alfano, ministro del’Interno- “spalleggiano” in questi giorni una campagna stampa che prende di mira gli abusivi, coloro che occupano appartamenti pubblici sfitti. 
Si nascondono, Lupi e Alfano, dietro il testo dell’articolo 5 della stessa legge, un atto dell’esecutivo di cui entrambi fanno parte, che spiega che “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”.

Eppure, ancora l’Unione inquilini ricorda che “in Italia ci sono 700 mila famiglie che avrebbero diritto a una casa popolare, [perché] hanno fatto regolarmente domanda e i Comuni ne hanno certificato il diritto”, ma “queste persone rimangono prive di una risposta perché i Comuni non possono fornirla per carenza di abitazioni da offrire. La sofferenza abitativa complessiva è valutabile in circa 2 milioni di nuclei (sfrattati, senza casa, coabitanti, persone in difficoltà a pagare l’affitto). Gli sfratti per morosità crescono anno dopo anno e sono oggi il doppio di quelli di soli 5 anni fa”. 
Questo -spiega l’organizzazione è “il brodo di cultura dell’abusivismo diffuso e della guerra tra poveri nel comparto delle case popolari. Se non si affronta il problema della carenza degli alloggi sociali in Italia a monte, infatti, non si risolverà mai quello dell’abusivismo diffuso a valle. Governo, Regioni e Comuni rispondano dei 40mila alloggi popolari oggi non assegnati e che potrebbero essere recuperati con un modesto intervento economico. Perché sono lasciati al degrado e al deperimento e sono vuoti quando fuori c’è una sofferenza sociale che grida aiuto?”.  



Sessant’anni fa, sindaco di Firenze era Giorgio La Pira, che il 24 settembre 1954 rispose così, in consiglio comunale, a chi lo attaccava per aver requisito gli alloggi che i privati tenevano sfitti, e realizzare -così- il “diritto all’abitare”: “Signori, io dico a voi, chiunque voi siate: se voi foste sfrattati? Se l’ufficiale giudiziario buttasse sulla strada voi, la vostra sposa, i vostri figli, i vostri mobili, voi che fareste? Se il vostro reddito, fosse, per esempio, di 30mila, 40mila, 50mila lire al mese, come fareste a procurarvi una casa dove si paga 20mila o 30mila lire al mese di pigione? Ditemi voi, come fareste? Sapete quale è il numero degli sfratti coi quali abbiamo avuto da fare in questi tre anni? Se vi dico tremila non vi dico un numero eccessivo! Ebbene, io vi prego, signori consiglieri, potreste restare indifferenti davanti a questa marea che diventa disperante per chi ne è investito? In una comunità cittadina non bestiale ma umana è possibile lasciare senza soluzione un problema così drammatico per la sua improrogabilità ed urgenza? È possibile che un Sindaco, di qualunque parte sia, se ne resti indifferente davanti a tanta cruda sofferenza? Ripeto, se capitasse a voi di essere sfrattati e nelle condizioni di non potere pagare 20mila lire di pigione avendo un reddito di 40 o 50mila lire mensili, che fareste? Eppure è stata proprio questa una delle cause che più vi hanno irritato, signori consiglieri: ho requisito le case! Che grave colpa! Ma che dovevo fare? Ho dato una mano di speranza -del resto sulla base di una legge!- a tante famiglie povere e disperate! […] ebbene, signori consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.)”.
 

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