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Altre Economie / Varie

Il giro del mondo in bottega

Dalla Thailandia alle Marche, sono tanti i nuovi progetti degli importatori di commercio equo italiano: saranno presentati in anteprima a Milano Fair City, in programma dal 28 al 31 maggio nel capoluogo lombardo, e presto li troverete in tutta Italia anche nelle botteghe

Tratto da Altreconomia 171 — Maggio 2015

Nessun albero è stato tagliato per produrre le pagine del mio nuovo taccuino, ma questa carta non è fatta di materiale riciclato. Altreconomia ha scelto quaderni prodotti da “altre fibre” per prendere appunti sui nuovi progetti commercio equo e solidale che le centrali d’importazione italiane di Agices-Equo Garantito hanno avviato, e che verranno presentati in occasione di Milano Fair City (milanofaircity.org). 
Le fibre alternative su cui scrivo sono la fibra di cocco, la buccia di banana, foglie di mango e ananas, fibra di bamboo e foglie di granturco: Poopoopaper è un’azienda thailandese che a Chang Mai, nel Nord del Paese, realizza quaderni importati in Italia dalla cooperazione sociale Vagamondi di Formigine (MO, www.vagamondi.net). “Le bucce vengono sfibrate e quindi bollite -racconta Davide Bertelli di Vagamondi, che a novembre 2014 ha realizzato una missione in Thailandia per conoscere Poopoopaper e il metodo di lavorazione-. Dopo la cottura insieme a fibre di cocco o alla corteccia di alcuni alberi, vengono fatte delle palle dal peso di 400 grammi, che vengono poi poggiate su telai della dimensione di 70 centimetri per novanta, sopra un retino, e immerse nell’acqua: a quel punto la palla si scioglie e occupa tutto il perimetro”. Il telaio viene quindi fatto seccare al sole, e il foglio di carta è pronto per essere tagliato. “I colori utilizzati sono a base di inchiostri naturali, o coloranti non tossici e commestibili” aggiunge Davide, che indica un altro valore aggiunto di questo progetto: “Le artigiane che lavorano per Poopoopaper sono in larga parte donne birmane, esuli nei villaggi al confine con la Thailandia”. Grazie alla nuova partnership con l’azienda thailandese -che è certificata SA8000, garantisce salari equi e il pagamento dei contributi previdenziali-, Vagamondi, il cui prodotto di punta è la cartoleria in cacca di elefante, allarga il proprio catalogo ad “altre cacche”, di asino, cavallo, mucca e alce. “Il nostro claim è ‘brown is the new green’, il marrone è il nuovo verde” spiega Davide, e racconta la sintonia tra Vagamondi e Poopoopaper nata proprio intorno a una “passione comune per le cacche, in quanto fibre che se disinfettate e bollite riescono a trasformarsi -racconta-: del resto, gli animali ‘coinvolti’ vivono al pascolo, non vengono alimentati con mangimi artificiali ma mangiano erba e fogliame, una dieta che fa sì che non ci siano odori: la cacca è fibra pura, che non puzza”.     

Dall’Asia arriva anche un altro (nuovo) prodotto di artigianato equo e solidale. Sono bastoncini di incenso, e vengono importati dalla cooperativa sociale Libero Mondo (www.liberomondo.org) di Roreto di Cherasco (Cuneo). Sul quaderno degli appunti che mi accompagna, ho sottolineato quattro parole: “incensi ‘bio’, i primi certificati”.  
“Anche se quasi tutti gli incensi importati, che arrivano dall’India o dal Sud-est asiatico, vengono presentati come naturali, in realtà le analisi di laboratorio evidenziano spesso la presenza di benzene e tuluene, che poi vengono sprigionate al momento della combustione” spiega Luca Gioelli di Libero Mondo. L’utilizzo di sostanze tossiche permette di dare persistenza alla fragranza, ma hanno delle contro-indicazioni, come l’esigenza di riportare in etichetta informazioni come “per ridurre l’esposizione a sostanze emesse durante la combustione (quali benzene e toluene) utilizzare in locali opportunamente ventilati” o “conservare fuori dalla portata dei bambini”.
“Per questo avevamo smesso di importare incensi -racconta Luca Gioelli-, finché non abbiamo incontrato Naturveda (organizzazione di commercio equo indiana, membra della World Fair Trade Organization, tra gli espositori che saranno presenti a Milano Fair City, vedi a p. 10) e i suoi bastoncini che non contengono solventi, conservanti e prodotti di sintesi, e sono prodotti a mano”.
Sono 12 le profumazioni- dal legno di cedro al sandalo-, tutte certificate da ICEA. Potete utilizzarle senza precauzioni, mentre chi è attento (alla linea) dovrà fare attenzione se non vuole essere catturato dal gusto dei nuovi pasticcini al burro “Amazing”, a base di noci dell’Amazzonia, la castaña biologica, raccolte da Candela nel cuore dell’Amazzonia e simbolo dell’esigenza di tutelare e salvaguardare la foresta. 
Tutti i biscotti di Libero Mondo sono confezionati all’interno del laboratorio della stessa cooperativa sociale di tipo B, che oltre a promuovere il commercio equo e solidale realizza l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Questo legame solidale tra Sud e Nord del mondo è presente anche nel nuovo progetto di AltraQualità, una crema al cioccolato spalmabile prodotta e trasformata sull’asse Colombia-Campania. Racconta David Cambioli, presidente della cooperativa con sede a Ferrara (www.altraq.it), la volontà di “mettere insieme due esperienze che hanno in comune l’idea di un miglioramento delle condizioni di vita attraverso l’economia sociale e la legalità”.
Il cacao, infatti, è prodotto da Asoprolan, una cooperativa colombiana che da parecchi anni opera nell’ambito del fair trade “per convincere gli agricoltori della loro zona a abbandonare la coltivazione della coca a favore della coltivazione di varietà di cacao di elevata qualità” spiega David, perché se “la coltivazione di coca porta sì guadagni superiori nell’immediato, in seguito può comportare problemi legati al narcotraffico, ad insicurezza sociale, a ricatti, a omicidi, a faide o scontri militari”. L’azione di Asoprolan, nel dipartimento di Santander, è realizzata anche in collaborazione di UNODC (l’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga). “Oggi la maggioranza degli agricoltori ha abbandonato la coltivazione della coca e la zona è più sicura e pacifica. Ciò che serve è garantire un mercato a prezzi accettabili per gli agricoltori, i quali altrimenti, appena dovessero trovarsi in condizioni economiche nuovamente disagiate, sarebbero facile preda dei narcotrafficanti che li potrebbero convincere a piantare nuovamente la coca” spiega David. La crema viene lavorata da Nuova Cooperazione Organizzata (NCO, www.ncocooperazione.com), un consorzio di cooperative campane che lavorano su beni confiscati alla camorra e sono attive nella lotta contro la criminalità e per stabilire un clima di legalità sul territorio. Dopo Milano Fair City, i partner colombiani raggiungeranno per qualche giorno in Campania i soci NCO che “trasformano” il loro cacao. La crema spalmabile, che verrà presentata in anteprima a Milano, verrà poi distribuita dall’autunno 2015 nelle botteghe in tutta Italia. Il nome? Ancora non c’è, e non posso annotarlo sul mio taccuino.
Sfogliando gli appunti, invece, su due pagine gemelle ritrovo il segno di due tazzine di caffè. Sotto la prima è annotato un numero, “+9”, l’altra invece mi dice “BESO”, una sigla, ma anche la parola bacio in spagnolo. La prima storia me la racconta Massimo Mogiatti della cooperativa marchigiana Shadilly (www.shadhilly.com). “Il nostro nuovo caffè si chiama ‘+9’ perché questa è la differenza di fuso orario tra l’Uganda e il Guatemala, i due Paesi da cui proviene il caffè che compone la miscela: fantastichiamo due popoli che lottano a ciclo continuo contro l’ingiustizia, dato che in virtù di questa differenza di fuso mentre gli sono in modo gli altri riposano, e viceversa”.
L’Uganda per molti anni è stato uno dei maggiori produttori di caffè africani, poi abbandonato dalle grandi corporation per problemi legati a dittature e a una guerra civile. “Gli europei sono andati in Indonesia e in Vietnam, e l’Uganda non ha potuto aggiornare tecnologie e capacità produttiva, ed è decaduto come produttore di caffè di qualità -racconta Massimo-: l’obiettivo del progetto legato a questo nuovo marchio, che realizziamo in collaborazione con ‘Mission bambini’, fondazione di Milano, è quello di favorire un recupero di queste capacità”.
In Guatemala, dove la qualità del caffè c’è già, il problema negli ultimi tre anni è stato quello della roya, una malattia data dal fungo Hemileia vastatrix che ha devastato cafetales anche in El Salvador, Honduras, e quindi si è spostata in Messico arrivando fino ad Haiti.
Nel Paese del Centro America, Shadilly e Mondo Solidale (www.mondosolidale.it) portano avanti una relazione più che decennale con la cooperativa La Nueva Esperanza, nella comunità di El Bosque: “Per far fronte all’emergenza, abbiamo deciso di includere nel prezzo del caffè pagato al produttore oltre al premio ‘fair trade’ un premio aggiuntivo che serve a rendere strutturale il nostro ‘sostegno’ alla riqualificazione delle piantagioni, e alla ricerca di metodi il più possibili non invasivi di combattere” spiega Massimo. 
Questo sostegno aggiuntivo è di 20 dollari ogni 100 libbre (46 chili) di caffè, il 10 per cento in più rispetto al prezzo fissato a ottobre 2014 quando la quotazione di Borsa era di 200 dollari per 100 libbre, cui va aggiunto anche il fair trade premium di altri 20 dollari.
Come la coop partner di Shadilly, parla spagnolo anche il progetto del caffè BESO, che in realtà è una sigla e sta per biologico, eco e solidale (www.besocaffe.it). BESO è tante cose: la prima capsula di caffè equosolidale, biologico, di qualità e totalmente riciclabile, ma anche un bar -in via Padova 36, a Milano- che è anche punto vendita di macchinette e capsule di caffè. Il progetto nasce dal Laboratorio del caffè, un consorzio costituito dalle tre cooperative Vesti Solidale, Chico Mendes e BEE4 Altre Menti e dal Consorzio Farsi Prossimo (che a sua volta raggruppa le cooperative sociali promosse da Caritas Ambrosiana). “Per arrivare a ‘BESO’ ci sono voluti quasi due anni di lavoro -racconta Stefano Magnoni, anima del progetto e tra i fondatori della storica cooperativa di commercio equo Chico Mendes, www.chicomendes.it-. Quello delle capsule è un mercato interessante, perché il caffè espresso viene simile a quello del bar. Per il momento, commercializzazione due delle referenze ‘bio’ di Altromercato, ma in estate arriveranno anche le altre tre mono-origine. Tutto questo viene realizzato da una coop sociale favorendo l’inserimento lavorativo, anche all’interno del bar ma soprattutto nell’attività di riciclo della materia prima”. Le capsule verranno ritirate dagli operatori del Laboratorio del caffè presso gli uffici che vorranno utilizzare in comodato le macchine fornite dalla cooperativa, ma anche i privati possono scegliere di riportarle o al bar-caffetteria o nelle botteghe della coop Chico Mendes.

Dal Sud America, dall’Amazzonia per cui ha dato la vita (venne ucciso il 22 dicembre del 1988) Chico Mendes, arrivano le confetture tropicali di Copoazu e Carambola, importate dalla coop Equo Mercato (www.equomercato.it) e prodotte in Perù da Arbio.
Il partner della centrale d’importazione di Cantù (CO) è un’associazione che lavora “per realizzare una gestione sostenibile di un tratto di foresta amazzonica nei pressi dell’area attraversata dalla Trans Amazzonica, un mastodontico progetto infrastrutturale -racconta Emilio Novati, presidente di Equo Mercato-. L’obiettivo del fondatore, un ingegnere forestale, è promuovere una conservazione riproduttiva della foresta, anche attraverso la produzione di frutti, poi trasformate da cooperative locali”. Oltre alla marmellate, Equo Mercato avvierà nel corso del 2015 anche l’importazione di noci dell’Amazzonia. Che -come già per Libero Mondo- potrebbero diventare una delle materie prime equo solidali nelle ricette dei biscotti realizzati all’interno del carcere di Bergamo, grazie alla collaborazione avviata con la cooperativa Calimero. “La linea di chiama ‘Dolci sogni liberi’ (www.dolcisogniliberi.it) e noi garantiamo loro materie prime da filiera fair trade, come la farina di Baobab, e poi ci occupiamo della distribuzione del prodotto a livello nazionale. Sul territorio, con le botteghe del mondo della provincia di Bergamo e Pavia, ad esempio, la relazione è diretta: questa è la nostra idea di domestic fair trade”.   

Solidale Italiano è anche un importante progetto di Altromercato -che è il più grande importatore di commercio equo e solidale in Italia, www.altromercato.it-: a Milano Fair City la centrale di Verona porterà il “progetto” OltrExpo, che fino ad ottobre 2015 ruoterà intorno a due prodotti “quotidiani”, cioè la pasta e il riso. Quest’ultimo arriva dall’Asia, e in particolare dall’isola di Giava dove sette gruppi di contadini si sono uniti per migliorare le loro condizioni di vita e hanno formato la cooperativa Gapoktan Simpatik Kabupaten Tasikmalaya. I soci sono circa 500: il 40% ha piccoli appezzamenti di proprietà, mentre il restante 60% affitta i terreni. La pasta invece è quella prodotta dalla cooperativa agricola Girolomoni di Isola del Piano (Pesaro-Urbino), una della realtà pioniere del bio nel nostro Paese. “Siamo convinti che il biologico e l’equosolidale siano i punti da cui ripartire per ricostruire il mondo rurale” diceva Gino Girolomoni, presidente della cooperativa, scomparso nel 2012.

La libertà stampata e cantata
La Bottega Solidale ha assunto 5 detenuti. Da novembre 2014, sono “lavoratori dipendenti” della cooperativa genovese che promuovere il commercio equo, che all’interno del carcere di Marassi ha aperto, nel 2008, una serigrafia.
All’interno della casa circondariale vengono stampate le t-shirt equo-solidali della linea “O’ Press”, personalizzate con frasi di cantanti famosi: “Abbiamo circa 50 referenze -spiega Paolo Trucco, responsabile del progetto per conto de La Bottega Solidale-, e gli artisti sono 11. Nel 2015 abbiamo ampliato il catalogo con Vasco, Edoardo Bennato e Rino Gaetano, oltre ad aver rinnovato le grafiche dedicate a Fabrizio De André”. Nell’ultimo anno, il progetto è stato rafforzato con l’acquisto di un forno, che riduce i tempi di essiccazione dell’inchiostro (ad acqua), migliorandone anche la qualità. “Stampiamo le t-shirt in 8 colori” dice Trucco. Le trovate a Milano Fair City, in 80 botteghe o su shop.bottegasolidale.it

Matrimonio tra pasta bio e funghi dall’Ecuador. E per finire un buon caffè
I due marchi sulle tagliatelle biologiche ai funghi raccontano che cosa succede quando l’economia solidale sposa il commercio equo: le farine sono quelle di Iris, e i funghi -raccolti in Ecuador da Salinas- sono stati importati da Libero Mondo. Una storia d’amore anticipata su Ae 160, e un prodotto da cuocere e condire.  Nel bicchiere che accompagna, se amate le bibite gassate, potete versare della Ubuntu Cola, un progetto di Vagamondi: è arrivata la nuova bottiglia da un litro e mezzo. La differenza rispetto alla tradizionali bibite la fa lo zucchero, perché quello utilizzato -certificato Fairtrade- proveniente dal Malawi e dallo Zambia.
Per finire, potete bere un caffè equo. Anche al bar, perché la cooperativa Punto Equo (www.puntoequo.org) ha avviato un nuovo canale di vendita, e offre macchine professionali per caffè a cialde o in grani anche a bar, circoli, ristoranti, hotel, catering e comunità.

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