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Ambiente

Il Giappone: basta Kyoto. Oramai è superato

Ci avevano provato alla recente conferenza di Cancun, poco più di un mese fa, quando Giappone e Canada decisero di sorprendere il mondo annunciando un loro disimpegno dal Protocollo di Kyoto. Intendiamoci, niente di rivoluzionario, soprattutto se guardiamo agli impegni…

Ci avevano provato alla recente conferenza di Cancun, poco più di un mese fa, quando

Giappone e Canada decisero di sorprendere il mondo annunciando un loro disimpegno dal

Protocollo di Kyoto. Intendiamoci, niente di rivoluzionario, soprattutto se guardiamo agli

impegni ad oggi realmente rispettati dai Paesi con obblighi di riduzione, ma sicuramente

qualcosa di preoccupante se consideriamo che nel 2012 dovrebbe cominciare il secondo

periodo di implementazione (second committment period) che dovrebbe segnare un’ulteriore

stretta nell’emissione di gas climalteranti.
Il dubbio, da parte di alcuni osservatori, era che le posizioni tranchant di Giappone e

Canada altro non fossero che tatticismi di bassa lega, per abbassare l’asticella delle

aspettative di una Conferenza delle Parti oramai vissuta da tutti come un ponte verso la

COP17 del Sudafrica.
Ma a smentire anche i più cinici ci ha pensato Ikuro Sugawara, direttore generale del dipartimento di politica tecnologica ed ambiente del Governo nipponico che, in un’intervista alla Reuters ha pensato bene di ricordare come il Giappone stia insistendo nel proporre un’alternativa al Protocollo di Kyoto, considerato inefficace e soprattutto datato.
Aspetteremo i prossimi mesi per capire qualcosa di più, ma la ricetta pare sia piuttosto articolata comprendendo tagli volontari ed accordi bilaterali tra Paesi per l’uso e lo scambio di tecnologia pulita. Quasi un revival della dinamica Organizzazione Mondiale del Commercio, dove davanti ad un rallentamento dei negoziati multilaterali è esplosa una rincorsa agli accordi bilaterali sicuramente più veloci, ma sempre a vantaggio delle economie più forti, come il settore del commercio internazionale dimostra quotidianamente.
Tutto questo proprio mentre alcune settimane fa proprio da Okynawa gli scienziati dell’IPCC (il Panel intergovernativo Onu sul cambiamento climatico) hanno lanciato un appello per la tutela degli oceani, a rischio a causa della progressiva acidificazione legata all’aumento della concentrazione di CO2. Un ulteriore elemento di preoccupazione, considerato che per l’IPCC “forse servirà uno sforzo  ancora maggiore nella riduzione della CO2 emessa per raggiungere obiettivi di stabilizzazione. Questo infatti limiterebbe la capacità di acidificazione degli oceani continuando ad assorbire CO2″.
La domanda è se i tatticismi ed i colpi di mano per evitare di sottostare agli impegni internazionali possono essere un buon viatico per risolvere una volta per tutte questa situazione.
 

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