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Il G20 trova l’accordo a Toronto: ognuno avanti per la sua strada

Toronto, 28 giugno 2010 – L’unico accordo è che non c’è nessun accordo. Con questo slogan si potrebbe riassumere il G20 che si è appena tenuto a Toronto. Il G20 è nato, almeno a livello di incontri tra capi di…

Toronto, 28 giugno 2010 – L’unico accordo è che non c’è nessun accordo. Con questo slogan si potrebbe riassumere il G20 che si è appena tenuto a Toronto. Il G20 è nato, almeno a livello di incontri tra capi di Stato e di governo, da meno di due anni, nel tentativo di coordinare la risposta delle più grandi economie del pianeta alla peggiore crisi finanziaria dei tempi recenti. Era questo coordinamento tra diverse politiche economiche il principale scopo del vertice di Toronto, nell’anno della presidenza della Corea del Sud, e in attesa del summit di Seul verso la fine dell’anno. In questo quadro, è possibile affermare senza mezzi termini che a Toronto il G20 ha fallito. 


Il vertice è stato preceduto dalla decisione della Corea del Sud di applicare dei controlli sui flussi di capitali. L’Indonesia ha seguito questo esempio, mentre Obama esercitava ogni pressione perché il Congresso Usa trovasse un accordo sulle nuove regole per il settore bancario prima dello svolgimento del G20. Negli stessi giorni la Germania decideva di proibire la vendita allo scoperto di diversi titoli, e assieme alla Francia spingeva per una tassa sulle banche e per una sulle transazioni finanziarie. L’obiettivo centrale delle politiche economiche di Germania e Gran Bretagna è quello di operare tagli alle spese per ridurre il deficit o per migliorare i conti pubblici. Gli Usa, in direzione opposta, chiedevano all’Europa di non interrompere i piani di stimolo all’economia. Nel frattempo il Nord del mondo propone di eliminare progressivamente i sussidi inefficienti ai combustibili fossili, ma il Sud si oppone, denunciando l’ipocrisia delle nazioni più ricche. Insomma, un nodo gordiano di proposte isolate, di veti incrociati, di iniziative autonome. La pochezza del comunicato finale, che non riporta nessun impegno concreto, poche date e scadenze, ancora meno cifre, conferma che i leader del G20 non sono riusciti in alcun modo a sciogliere questo impasse.
Ricordiamo che il G20, nelle parole dei suoi sostenitori, è un forum più ristretto “dell’inefficiente ONU”, dove la presenza di 192 Paesi e le procedure burocratiche non permettono di rispondere con i tempi dovuti alle emergenze economiche e finanziarie. Molto meglio coordinarsi tra pochi Paesi, in forum ristretti, per quanto poco democratici e senza legittimità, così da poter prendere decisioni in tempi brevi e marciare tutti insieme. Questo G20 ha fatto definitivamente cadere la maschera dell’efficienza e del coordinamento. A pensare male si potrebbe dire che davanti al perdurare della crisi siamo al “si salvi chi può”. A volere essere ottimisti, i governi sono arrivati e ripartiti da Toronto in ordine sparso. In queste condizioni, forse sarebbe il caso di ammettere che il modello G20 ha fallito, e che è davvero necessario rivedere nel suo insieme la governance e l’architettura internazionale. È da notare che in sede ONU la Commissione di esperti guidata dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz ha elaborato da tempo delle risposte concrete alla crisi finanziaria, economica e ambientale. Parliamo della stessa tassa sulle transazioni finanziarie che il G20 non è stato in grado di promuovere, ma anche della creazione di una valuta di riserva sovra-nazionale per rimediare alle enormi tensioni monetarie esistenti, e di moltissime altre questioni sulle quali il G20 si è auto-consegnato la legittimità di decidere, salvo poi non essere in grado di tenere fede agli impegni presi. 


Il grande circo del G20 si sposta adesso a Seul per l’incontro di novembre, che dovrebbe, nelle intenzioni dei leader, riuscire a mettere qualche cifra e qualche data al magrissimo comunicato di Toronto. Lo stesso comunicato si chiude ricordando i successivi appuntamenti, in Francia nel 2011 e in Messico nel 2012. L’impressione, lasciando Toronto, è che l’unica cosa su cui i 20 grandi del mondo sono riusciti a trovare un accordo è nel tenere in piedi lo stesso sistema del G20, a discapito della pochezza dei risultati raggiunti. Tutti sorridenti nella foto di gruppo e arrivederci in Corea. Nel frattempo, ognuno per la sua strada, con buona pace dell’intesa e del coordinamento globale.

* Andrea Baranes, Campagna per la riforma della Banca mondiale

 

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