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Il dovere di proporre una cultura nuova

L’editoriale del numero 125 – marzo 2011 – di Altreconomia, e la presentazione in mp3 del direttore Pietro Raitano

Tratto da Altreconomia 125 — Marzo 2011

Non ci occupiamo di vicende politiche. O meglio il nostro compito -crediamo- non è dire quello che accade alla politica italiana. I nostri lettori ne sanno già, fin troppo. Se qualcosa è sfuggito loro, lo possono leggere altrove

Altri si occupano di queste cronache molto meglio di noi. Ci occupiamo però sempre di politica in maniera indiretta, attraverso quell’ottica particolare che chiamiamo scelte economiche. Una multinazionale che fa lobby perché sia modificata una legge fa politica. Un comune che sceglie di non cementificare fa politica. Chi fa parte di un gruppo di acquisto solidale, o compra prodotti del commercio equo, fa politica anch’egli.

Tuttavia le vicende ci interessano e ci preoccupano, come tutti. Giustificare la situazione guardando sconsolati a una maggioranza che vota questa o quella parte politica però sarebbe un errore, o peggio, un alibi. Qual è il meccanismo psicologico che ci rende assuefatti a tutto quel che sta accadendo, quando invece dovremmo esclamare “non è possibile, la verità non può essere questa”? Ce lo ha spiegato bene Gherardo Colombo (fate un salto qui): prima viene la cultura, poi le regole.
Il problema sta nel fatto che dietro, davanti, di lato e attorno alle vicende politiche c’è un problema profondamente culturale, che è fatto di modelli di benessere proposti e imposti, di prepotenza e  sfruttamento, di abitudine e blocco psicologico, di incapacità di ribellione.

Il priore di Bose Enzo Bianchi direbbe forse che questo non è il momento di entrare in politica. Se il problema è tutto culturale, il nostro compito è proporre modelli alternativi, addirittura una diversa cittadinanza, civiltà. Proprio questo proviamo a fare: costruiamo un modello piacevole, condivisibile, attraverso le storie di chi lo sta realizzando. Un po’ come quella in copertina, che -sempre circoscritta all’ambito di cui ci occupiamo,quello economico- parla di reti e relazioni, sostenibilità, benessere. E bellezza, perché labellezza -ne siamo sicuri- salverà il mondo.

Parlare del futuro, ma senza tacere dei disastri odierni. Perché coloro i quali hanno contribuito a distruggere il Paese e hanno -se non rubato il futuro- reso così faticoso il presente, dovranno rispondere ai cittadini. Le élite, ma non solo.
Dovranno risponderne anche i complici: i giornalisti asserviti, i professionisti collusi, tutti questi banali servitori del sistema. Perché banchieri, speculatori, burocrati non dicono tutto quello che sanno? Tutti vedono, ma  pur di non perdere il loro piccolo avamposto di potere tacciono. Danilo Dolci una volta scrisse su un muro: chi tace è complice.

Noi pensiamo che non si possa tacere. Nemmeno se poi ci sarà qualcuno che ti minaccerà e ti attaccherà. Nemmeno se ci sarà qualcuno che ti fraintenderà: il Signore è custode degli stupidi, sta scritto nella Torah. Dopo averli ascoltati, senza aggiungere altro diremo sereni a costoro “non vali nemmeno il tempo che ci vuole a spiegarti perché”. Non capiranno, ma non importa.

Ascolta cliccando qui la presentazione del numero raccontata dal direttore Pietro Raitano a NavDanya di Radio Onda d’Urto

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