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Opinioni

Il “costo” di un parto naturale

Le polemiche intorno al peso dei cesarei sui conti del servizio sanitario nazionale mascherano una discriminazione di genere. E la Sanità spende di più per la salute dell’uomo rispetto a quella della donna _ _ _

Tratto da Altreconomia 140 — Luglio/Agosto 2012

Il parto naturale è spesso oggetto di discussione nei bar, dove i dolori del parto sono esaltati come un aspetto imprescindibile della vita di una donna. Sembra che partorire senza dolore sia ancora quasi una vergogna. “Sono orgogliosa di avercela fatta senza peridurale” è una frase che si sente spesso, ma è invece rarissimo sentire una frase uguale da chi si è appena tolto il dente del giudizio. Eppure, secondo natura il dente cariato dovresti toglierlo con le pinze senza anestesia.
L’esaltazione della bontà delle cose naturali diventa indiscutibile quando si parla del parto. È vero che il parto è un processo fisiologico, ma alcune variabili fanno si che le cose siano cambiate notevolmente. In primo luogo l’età della partoriente. Secondo una ricerca degli ordinari di Ginecologia ed Ostetricia degli atenei romani, il 34% delle italiane concepisce il primo figlio dopo i 35 anni, e il 6% diventa mamma per la prima volta a 40 anni e oltre. Ma la speranza di vita alla nascita era di 25 anni durante il periodo dell’impero romano, 33 anni nel Medioevo e 55 anni nei primi del Novecento, l’età delle donne che oggi partoriscono il primo figlio ha quindi ben poco di “naturale”. Infatti, il progresso della medicina degli ultimi 40 anni ci consente di vivere ben oltre la nostra “naturale” predisposizione, e di avere una qualità di vita superiore da un punto di vista della salute in generale. Ci si chiede quindi se questa esaltazione di un processo naturale non nasconda invece alcuni aspetti di genere, che tendono a sfavorire la donna, le uniche a partorire.
L’esaltazione della naturalità della nascita, insieme alle polemiche riguardo all’eccessivo ricorso al parto cesareo e la scarsissima diffusione della abitudine all’anestesista per i punti nascita, producono un notevole risparmio per la sanità pubblica, si dice, ma a spese e a discapito solo delle donne. Questa spesa sanitaria italiana è infatti solo per le donne, e quindi oggetto di un attacco spropositato rispetto agli sprechi che esistono in Italia. Con riferimento all’anestesia, sebbene il parto fisiologico o naturale abbia fan in tutti il mondo, in Francia l’epidurale è considerato un diritto acquisito, e dopo il parto il servizio sanitario nazionale fornisce la terapia per la riabilitazione del perineo. In Inghilterra il 40% delle donne usufruisce dell’epidurale contro il nostro 12%. Secondo uno studio realizzato per la prima volta nel dalla Società italiana ginecologia e ostetricia in Italia un anestesista dedicato è presente solo nel 19% dei punti nascita.
Lo studio si sofferma anche sulle motivazioni che spingono le donne a preferire il cesareo, e sottolineano che uno dei motivi fondamentali che spinge le italiane a prediligere il cesareo è il timore di soffrire  troppo. Le statistiche relative alle nascite e alle morti per parto italiane sottolineano che il nostro sistema ad oggi funziona molto bene: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità la probabilità di morte per cause relative alla maternità è di 1 su 20.300, contro 1 su 7.300 nel 1990. In Italia, nel 2010, sono morte per cause relative al parto 4 donne ogni 100mila nati vivi (10, nel 1990). Il tasso di mortalità è la metà di quello della Gran Bretagna, inferiore di poco a quello francese e a quello finlandese. Anche la mortalità neonatale è inferiore a quella francese, a quella tedesca e a quella inglese. Non ci si preoccupa, quindi, della salute delle mamme e dei bambini, che secondo i dati stanno benissimo, ma dei costi sostenuti per le nascite.
Al secondo Congresso nazionale della medicina di genere, organizzato a Padova nel 2010, si è sottolineato che in Italia esiste un aumento parallelo del costo sanitario procapite totale per uomo e donna (sono compresi i farmaci, gli accertamenti diagnostici, le visite specialistiche e l’ospedale), ma con una prevalenza dell’uomo in tutte le età, ad eccezione delle visite specialistiche e accertamenti diagnostici delle decadi fertili per le donne.
Quindi lo Stato spende di più per la salute degli uomini che per la salute delle donne durante tutta la vita di entrambi, e neppure l’aumento dei cesarei riesce a bilanciare questo scompenso. In Italia nascono quasi 600mila bambini ogni anno, e il costo aggiuntivo di fare tutti cesarei sarebbe di circa 1.200 euro l’uno, per un totale pari al costo sanitario degli incidenti stradali in Italia (621 milioni di euro, secondo l’Aci) causati in Italia, come nel mondo, soprattutto da uomini. Quasi il 50% sono imputabili a conducenti ubriachi, che 9 volte su 10 sono uomini. Ci si chiede, quindi, per quale motivo la sanità italiana continui a voler negare epidurali alle partorienti o a preoccuparsi così tanto dei cesarei, invece di rifiutare l’anestesia, laddove il dolore sia comparabile, a chi ha causato un incidente stradale. —

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