Diritti / Attualità
Il Consiglio di Stato boccia il capitolato dei Cpr. Che cosa succede ora
L’organo amministrativo ha accolto il ricorso dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione sull’illegittimità dello “schema” attraverso cui le prefetture chiedono agli enti gestori quali servizi fornire all’interno dei centri di permanenza per il rimpatrio. Secondo i giudici sono insufficienti soprattutto con riferimento alle garanzie relative alla salute. Salvatore Fachile, avvocato che ha rappresentato Asgi in giudizio, riflette sui possibili scenari futuri
Sui Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) il ministero dell’Interno ha subito un’altra battuta d’arresto. Lo scorso 25 settembre il Consiglio di Stato ha dato ragione all’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che aveva chiesto l’annullamento del capitolato d’appalto previsto per la gestione dei Cpr, ovvero lo “schema” seguito dalle prefetture per chiedere agli enti gestori i servizi da garantire all’interno delle strutture. Tre gare d’appalto attualmente in corso verranno probabilmente revocate in attesa di un nuovo capitolato: si tratta Trapani, Bari e Gradisca d’Isonzo (GO) dove la gestione della Cooperativa sociale Ekene che perdura dal novembre 2019 a questo punto potrebbe essere ulteriormente prorogata.
Nei Cpr di Macomer, Torino, Milano e Roma invece bandi si sono invece già conclusi nei mesi scorsi e i contratti sono stati siglati proprio sulla base di quello “schema” -promulgato dal Viminale attraverso un decreto il 4 marzo 2024- considerato illegittimo dai massimi giudici amministrativi. Abbiamo chiesto all’avvocato Salvatore Fachile, che ha rappresentato in giudizio l’Asgi insieme a Maria Teresa Brocchetto, che cosa potrebbe succedere ora e quali sono i rischi di questa decisione.
Avvocato Fachile, che cosa stabilisce la sentenza?
SF I giudici scrivono che il capitolato d’appalto presenta diversi profili di illegittimità, soprattutto con riferimento alle questioni relative alla salute delle persone “trattenute”, tra cui le ore insufficienti relative alle figure mediche specialistiche e i protocolli relativo al rischio suicidario. Il Viminale, si legge nella sentenza, avrebbe dovuto chiedere i pareri sul contenuto del capitolato al ministero della Salute e al Garante per le persone private della libertà personale ma non l’ha fatto. E le previsioni contenute in esso sono insufficienti a garantire i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione.
Qualche mese fa già la Corte costituzionale ha sancito un concetto simile con la sentenza 96 del 2025.
SF Sì. Quella sentenza infatti viene richiamata dai giudici amministrativi che ricordano che il “minimo” dei diritti garantiti dev’essere quello stabilito dall’ordinamento penitenziario per le carceri. Attenzione: il minimo. Perché già la Corte costituzionale ha sottolineato come i due sistemi non sono totalmente equiparabili perché i Cpr non hanno uno scopo punitivo.
Che cosa succede a questo punto?
SF In attesa che il legislatore ponga rimedio siccome il capitolato è illegittimo le prefetture devono fin da subito intervenire sul tema. Le gare d’appalto in corso verranno probabilmente revocate in attesa che vi sia un nuovo capitolato.
E quelle già aggiudicate?
SF Il punto è che in questo momenti ci sono centinaia di persone rinchiuse in strutture che sono regolate da un atto amministrativo che presenta profili d’illegittimità. Questi profili possono essere sollevati davanti a un giudice che può valutare sia sulla posizione del singolo sia su quella dell’intera comunità detenuta in quel luogo. Potenzialmente si può arrivare anche alla chiusura, mi riferisco per esempio a situazioni particolarmente problematiche come quella del Cpr di Palazzo San Gervasio.
Non basta che la singola prefettura attraverso protocolli ad hoc con l’ente gestore aumenti le prestazioni da garantire?
SF Non è così semplice perché il Consiglio di Stato stabilisce che vanno chiesti i pareri al tavolo interministeriale e al Garante. Bisogna quindi preparare un’integrazione, sottoporla all’esame di quei soggetti e poi tradurla in una variazione del contratto d’appalto siglato con i singoli enti gestori. Tutto questo ovviamente comporta una variazione anche nei costi che richiedono una modifica delle imputazioni a bilancio per il Viminale. Insomma non è una passeggiata, anche perché non si tratta solo di aumentare le ore coperte dallo psichiatra.
Se è complicato il “qui e ora” non lo è anche il futuro? Non è difficile immaginare, per esempio, il contenuto dell’ordinamento penitenziario applicato interamente sui Cpr?
SF Lo è. Dopo vent’anni di incredibile silenzio, la Corte e il Consiglio hanno dato un segnale chiaro anche in vista di giugno 2026 quando, con l’implementazione delle regole previste dal Patto per l’immigrazione e l’asilo, l’Italia diventerà il carceriere d’Europa e il trattenimento previsto per i Cpr si estenderà sia in termini di tempistiche -fino a 24 mesi- sia di persone che si vedranno limitare la libertà personale. In questo quadro, in cui la normativa europea non farà più da sponda in termini di garanzie, i giudici hanno finalmente richiamato le istituzioni sul fatto che la detenzione amministrativa viaggia su un binario parallelo e non rispetta i diritti minimi. Legiferare su questo aspetto, per esempio ispirandosi all’ordinamento penitenziario, non è così semplice perché è chiara a tutti i giuristi la stortura di questo sistema.
Il rischio di queste due sentenze non è quello di normalizzare la detenzione amministrativa? Mi spiego: si modifica il capitolato, la si rende “legittima” ma non si affronta radicalmente il nodo centrale che è il sistema parallelo di detenzione che si applica solo per le persone straniere.
SF Sì. Ed è un dramma. A mio avviso è una via di mezzo tra un assist per un trionfo a campo vuoto del governo e l’anticipazione di un capovolgimento dell’assetto normativo del nostro Paese che poi rischia di essere applicato anche per altre categorie. Mi spiego. Dal Dopoguerra fino agli inizi del Duemila la detenzione amministrativa non era minimamente accettabile perché contraria ai principi minimi costituzionali e troppo vicino a una limitazione arbitraria della libertà che ricordava l’epoca fascista. Per quasi trent’anni è caduto il silenzio su un sistema estremamente problematico, di fatto una stortura troppo evidente per essere normata da una legge e quindi regolamentata da prassi. Oggi il passaggio è storico: la Corte e il Consiglio suggeriscono una via di mezzo per rientrare un minimo in canoni accettabili ma prendendo di fatto atto, senza contestarlo, il travolgimento dei principi costituzionali che, ad oggi, interessano “solo” i cittadini stranieri. Domani chi lo sa.
Come vi muoverete?
SF Come detto promuoveremo azioni giudiziarie su tutti i Cpr, perché certamente il ministero dell’Interno non si adeguerà alla richieste del Consiglio di Stato autonomamente.
Anche sul Cpr di Gjadër in Albania?
SF Stiamo valutando il da farsi. Il capitolo albanese segue regole a sé stanti e va approfondito come è necessario procedere.
Nell’articolo è stato indicato erroneamente che la Cooperativa Ekene gestisce il Cpr di Gradisca d’Isonzo in proroga tecnica. In realtà a decorrere dal primo settembre 2025 è attivo il nuovo contratto dopo l’aggiudicazione da parte della cooperativa dell’appalto indetto dalla prefettura di Gorizia (lr)
© riproduzione riservata





