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Ambiente / Reportage

Il caso del nuovo centro commerciale di Abbiategrasso

© Abbiategrasso che vorrei

A Sud di Milano, nella città immersa nel Parco del Ticino, sono in arrivo nuove cubature su un’area agricola grande come 64 campi da calcio. L’amministrazione comunale difende e dà seguito al contestato intervento mentre dichiara l’emergenza climatica e ambientale. Reportage dall’antico borgo medievale

Nemmeno l’emergenza Covid-19 ha fermato il progetto. In un’area agricola grande come 64 campi da calcio che dà il benvenuto ad Abbiategrasso, cittadina immersa nel Parco del Ticino a 22 chilometri a Sud di Milano, sorgerà un centro commerciale. Oltre 20 capannoni su una superficie più estesa del centro storico, tra il Naviglio Grande e il convento quattrocentesco dell’Annunciata. I piani attuativi adottati il 18 dicembre 2019 e il 6 febbraio 2020 dalla giunta comunale di centrodestra guidata da Cesare Nai prevedono in realtà due progetti commerciali. Da una parte c’è quello di Fabrizio Castoldi, titolare dell’azienda di macchine agricole BCS: 12.500 metri quadrati di funzione commerciale suddiviso in tre medie strutture di vendita e una multisala. Obiettivo? Aumentare il valore del terreno e raccogliere “risorse da investire in ricerca e sviluppo nella sua azienda”, come ha dichiarato l’imprenditore abbiatense in un’intervista rilasciata lo scorso 26 novembre a un giornale del territorio. Dall’altra c’è quello della Essedue Srl, società immobiliare con sede a Bergamo amministrata da Carlo Zucchinali che porterebbe alla costruzione di 15mila metri quadrati di strutture commerciali e 18mila metri quadrati con funzione residenziale.

La storia di questo centro commerciale non è recente -le sue radici risalgono ai primi anni Duemila- e si porta dietro un trascorso di battaglie legali, modifiche dei Piani di governo del territorio (Pgt) e lotte per la tutela del paesaggio. L’ultima è quella intrapresa dal comitato “Abbiategrasso che vorrei” che si è mobilitato lo scorso autunno contro il centro commerciale e ha raccolto 4.786 firme. “Questi progetti avranno delle ricadute negative sul comparto commerciale esistente, sui piccoli negozi del centro storico che probabilmente dovranno chiudere”, spiega Brunella Agnelli, segreteria di Confcommercio Abbiategrasso e una delle voci più attive del comitato. “Ciò che è ancora più grave è l’assenza di qualsiasi garanzia di sopravvivenza di queste strutture nel tempo, anzi è presumibile che diventeranno gli ennesimi scatoloni abbandonati”, continua Agnelli.

Percorrendo da Milano la strada provinciale 494 si attraversa l’alveare di cemento armato che unisce Cesano Boscone, Corsico, Trezzano sul Naviglio e Buccinasco. Si oltrepassa Gaggiano e si scivola nel territorio delle cascine e delle stalle. Abbiategrasso è come l’ultimo avamposto agricolo in una zona disordinata di periferia, costellata da insediamenti industriali e scatoloni grigi. Antico borgo medievale e punto di partenza del Naviglio di Bereguardo, Abbiategrasso è considerata Città Slow e fa parte del circuito internazionale delle Città del Buon Vivere. Qui, negli anni del boom economico, si è vissuto il miracolo industriale delle fabbriche metalmeccaniche italiane: la Mivar, produttrice di televisori, e la Iar Siltal, specializzata in frigoriferi e lavatrici. Di quel prodigio made in Italy resta solo il ricordo. I capannoni abbandonati sono la nuova scenografia urbana del territorio. Scheletri dismessi da bonificare privi di una funzione sociale, come nel caso della Iar-Siltal (oltre cinque ettari), parte del patrimonio della banca Intesa Sanpaolo, proprio adiacente al terreno su cui verrà edificato il centro commerciale.

“Se davvero occorre un centro commerciale alla città, perché non possono essere usate le volumetrie esistenti, attraverso convenzioni con i privati, evitando altre speculazioni edilizie?”, si domanda Domenico Finiguerra, consigliere del gruppo di opposizione Cambiamo Abbiategrasso e tra i fondatori del Forum Salviamo il Paesaggio. “Perché gli immobili sfitti e abbandonati non possono accogliere questo tipo di servizio? Perché dobbiamo trasformare completamente la città?”. Anche per Alberto Clementi, architetto e volto storico del movimento ambientalista di Abbiategrasso, questo progetto cambierà in modo rilevante il paesaggio. “L’area dove sorgerà questo centro commerciale sarà più grande del centro storico di Abbiategrasso. Se tu cancelli questo paesaggio in entrata e in uscita della città non solo svaluti l’economia e le case ma cancelli per sempre l’anima e il valore umano del territorio”.

Anche l’anima della società Essedue è oggetto di discussione ad Abbiategrasso. Dalle informazioni camerali, infatti, risulta che il capitale della società domiciliata a Bergamo sarebbe detenuto interamente dalla Simmberg Srl, a sua volta in mano alla S.I.F.F. (Servizi integrati finanziari e fiscali srl), controllata dal Trust Bove Rosso, il cui domicilio -come si evince dai documenti- sarebbe sempre in via Verdi 12 (come del resto tutte le società), presso Gianluigi Signorelli.

L’amministratore di Simmberg e di S.I.F.F. è Carlo Colombo. Chi l’ha preceduto in entrambe le società, fino al 7 gennaio 2019, era Gianfranco Cerea. Esperto di finanza e appassionato d’arte (“Soprattutto commerciante” secondo la Procura di Bergamo), nel 2018 sarebbe stato coinvolto in un’indagine su presunte irregolarità fiscali nell’emersione di capitali dall’estero. La Guardia di Finanza gli avrebbe sequestrato circa 300 beni artistici per un valore di 25 milioni di euro, tra cui una delle copie del famoso “Bacio” di Hayez. Nell’ordinanza di misura cautelare si legge che “l’imputato gestiva direttamente e avvalendosi di Signorelli Gianluigi, Carlo Zucchinali […], ben 12 società con sede in Italia e 7 all’estero”. Dopo la misura cautelare degli arresti domiciliari firmata dal gip Massimiliano Magliacani e scattata il 17 ottobre 2018, confermata dal Tribunale del Riesame, Cerea è tornato libero a marzo 2019. Così ha deciso la Corte di Cassazione, per la quale in merito all’ipotesi di autoriciclaggio “il fatto non sussiste”. Caso diverso le presunte false dichiarazioni nella volontary disclosure. L’interessato ha ribadito di essere un semplice collezionista ma gli inquirenti avrebbe sostenuto si trattasse di un mercante-imprenditore. Per questo filone d’inchiesta, ovvero le false dichiarazioni, Cerea doveva essere sentito dal giudice dell’udienza preliminare di Bergamo lo scorso 8 aprile ma a causa dell’emergenza sanitaria l’udienza è stata rinviata.

Sulla vicenda dell’investimento immobiliare della società bergamasca il sindaco di Abbiategrasso Cesare Nai, interpellato da Altreconomia, ha precisato che “Sono società che hanno legittimità perché hanno la proprietà. Non voglio entrare nel merito perché non è interesse del comune agire su aree di privati. Io non ho interesse che loro costruiscano, intendiamoci, non ho nessun tipo di rapporto con questi operatori. Chi vuole mettere in dubbio la regolarità o la rettitudine di chi amministra e abbia dei dubbi, si faccia avanti. Io non ho nessun tipo di timore. Loro sono soggetti detentori di diritti edificatori”.

A proposito di quest’ultimo tema, quello cioè dei diritti edificatori, lo scorso 4 febbraio anche il Consiglio di Stato, dopo la Corte costituzionale, ha accolto il ricorso del Comune di Brescia e ha confermato che spetta proprio al Comune decidere che cosa fare del proprio territorio. La città di Brescia aveva infatti approvato un nuovo Piano di governo del territorio che riduceva il consumo di suolo, poco dopo contestato dai privati proprietari delle aree che ritenevano leso il loro diritto edificatorio. Ebbene, la sentenza ha confermato che l’amministrazione può scegliere. Sul punto è intervenuta anche Legambiente Terre di Parchi: “Progetti così impattanti vanno governati dal sindaco per bilanciare gli interessi privati con quelli pubblici, senza accettare passivamente la trasformazione di decine di ettari di terreno proprio di fronte a una gigantesca area dismessa, a due passi dal Naviglio Grande e dall’ex convento quattrocentesco dell’Annunciata”.

Quella di Abbiategrasso è una storia che ne richiama un’altra, distante appena 30 chilometri. A Borgarello, paese di 2.700 abitanti in provincia di Pavia, proprio a ridosso di un’area di rilevanza paesaggistica e culturale -il Naviglio Pavese e la Certosa- doveva nascere un mega centro commerciale. Il progetto era portato avanti dalla società immobiliare Progetto Commerciale srl e dalla Gsc Srl (l’acronimo sta per Gestione sviluppo commerciale) di Bergamo che curava gli interessi in Italia di Sonae-Sierra, multinazionale portoghese specializzata nella costruzione di centri commerciali. Tra le analogie più interessanti non c’è solo la sede stessa legale per Essedue e Progetto Commerciale (via Verdi 12 a Bergamo), ma anche la prestazione professionale -del tutto legittima, sia chiaro- di commercialisti, contabili e alcuni membri della società, tra cui il già citato Gianluigi Signorelli.

Punti in comune, epiloghi molto diversi. Ciò che distingue Borgarello da Abbiategrasso, infatti, sono le scelte delle amministrazioni locali. Dopo oltre 20 anni di lotte e cause legali, nel 2019 il sindaco Nicola Lamberti di Borgarello è riuscito a bloccare il centro commerciale e a riconvertire i terreni agricoli, tutelando il paesaggio e l’ambiente. Ad Abbiategrasso? Benché il consiglio comunale abbia approvato all’unanimità una mozione con cui si dichiara l’emergenza climatica e ambientale, il progetto del centro commerciale va avanti lo stesso. “L’adozione dei piani di BCS e di Essedue è di fatto una violazione dell’impegno assunto perché porterà a un enorme consumo di suolo. Se dichiari l’emergenza climatica e ambientale devi mettere in campo tutte le misure per contrastare l’emergenza”, conclude Finiguerra.

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