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Il caccia perde i pezzi ma non i soldi!

Dop le critiche dal Pentagono per la crescita enorme dei costi, Lockheed Martin ammette problemi tecnici sui nuovi caccia F-35

Come se non bastassero i conti cresciuti a dismisura rispetto alle previsioni (ne abbiamo parlato in un precedente articolo) arrivati a circa 155 milioni di dollari ad aereo, il gigante dell’industria militare Lockheed Martin ha dovuto ammettere che il programma per il cacciabombardiere F35 joint Strike Fighter sta subendo rallentamenti anche per grossi problemi tecnici ed industriali.

La stupefacente precisazione "alcune parti della versione più complessa dell’F35 si rompono più spesso del previsto" è arrivata per bocca di massimi vertici dell’azienda: l’amministratore delegato Robert J. Stevens. Diverse prove condotte sull’allestimento che dovrebbe finire in dotazione ai Marines, e che sarà in grado di decollare in breve spazio ed atterrare verticalmente come un elicottero, hanno riscontrato gravi problemi di assemblamento che hanno ridotto drasticamente i test previsti (74 effettuati finora nel 2010 contro i 95 previsti). Ciò potrà comportare ancora ritardi in un programma ormai lungo come le più struggenti telenovelas e che ha fatto perdere per la prima volta la pazienza anche al Pentagono: il ministro della difesa USA Gates ha dovuto recentemente rimuovere il generale in assegnato al progetto che si sta rivelando il più costoso della storia per le forze armate a stelle e strisce pur continuando a subire ritardi e imprevisti di ogni sorta. I costi stimati sono ormai giunti a 382 miliardi di dollari per i 2457 aerei previsti, ma il bilancio pare continuare a salire viste anche le ultime notizie.

Lockdheed Martin sta cercando, insieme ai suoi fornitori, di correre ai ripari sulle componenti che risultano difettose: ventilatori di raffreddamento del motore, parti idrauliche per i pannelli che permettono la discesa verticale, valvole, sistemi elettrici,…

Il tutto conferma una volta di più i dubbi sulla reale efficacia di progetti per armi così mastodontici e soprattutto gestiti senza controlli e con ampio margine di manovra dalle industrie militari: una posizione reiterata in diversi studi dallo U.S. Government Accountability Office, l’organismo di controllo tecnico del parlamento statunitense.

Eppure i numerosi problemi e gli inediti contrasti con i vertici delal Difesa, accompagnati da alcuni tagli voluti dall’Amministrazione Obama, non hanno minimamente ridotto i margini di profitto di Lockheed Martin che ha invece dichiarato margini positivi di 727 milioni di dollari nella prima metà del 2010, in linea con quelli dello scorso anno. Il fatturato netto è addirittura cresciuto del 3% attestandosi sugli 11,4 miliardi di dollari.

Forse queste notizie dovrebbero indurre qualche riflessione anche nei palazzi della politica nostrana, in qualche maniera attraversata ultimamente dall’idea che le spese militari non sono proprio così sostenibili, utili ed efficaci. Proprio a partire dal programma F35 Joint Strike Fighter (ancora la decisione sull’acquisto non è arrivata perchè i dubbi sono oggettivi e grossi) e non su finti tagli come nei recenti annunci del nostro Ministro della Difesa Ignazio La Russa.Si è infatti sbandierata ai quattro venti la decisione di comprare 25 velivoli in meno del previsto, ma già lo scorso anno (quando a luglio 2009 venne firmato l’acquisto della tranche 3A per complessivi 21 aerei) erano concreti e reali i dubbi che non si sarebbe mai arrivati alla firma per la tranche 3B. Molti governi avevano lasciato il consorzio di produzione in bilico dicendosi indisponibili ad ulteriori spese a riguardo (e già la Gran Bretagna ha effettuato il precedente acquisto solo dietro permesso di immediata rivendita di alcuni esemplari all’Arabia Saudita). Descrivere dunque ora questa decisione definitiva come un passo di riasparmio e di austerità pare un poco mistificatorio, e sarebbe come sentire un padre di famiglia bearsi delle sue capacità di contenimento della spesa familiare vantando un risparmio da un "mancato acquisto" di una fiammante Ferrari.

Le scelte coraggiose di vera riduzione delle spese militari sarebbero ben altre, a cominciare come detto dalla rinuncia completa ai costosi e claudicanti F35, soprattutto se l’intenzione (come annunciato in qualche agenzia) è di riconvertire comunque i 2 miliardi "risparmiati" degli Eurofighter in altri acquisti di natura militare.

 

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