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Altre Economie / Varie

I territori con l’acqua in casa

A tre anni dal referendum -che si è svolto il 12 e 13 giugno 2011- si riparte dalla gestione autonoma dei Comuni di montagna

Tratto da Altreconomia 161 — Giugno 2014

Il 25 aprile 2014 il Comune di Borzonasca ha liberato l’acqua. Nell’anniversario della Liberazione, sull’Albo pretorio di questo piccolo centro dell’entroterra genovese -2.200 abitanti che vivono sparsi in 8 frazioni- è stata pubblicata la delibera con cui l’amministazione comunale ha ripreso il controllo del ciclo idrico integrato, dal 2004 affidato a un gestore unico, che in dieci anni ha cambiato più volte nome. “Prima c’era Amga, e oggi Iren, attraverso una società controllata che si chiama Mediterranea delle Acque” spiega Giuseppino Maschio, il sindaco di Borzonasca. Dietro il municipio scorre il torrente Sturla: qui l’acqua è tanta, eppure lui è stato costretto a chiudere le fontanelle pubbliche: “Ho un debito di 60mila euro -racconta-. All’inizio, abbiamo creduto che il gestore unico fosse un passo in avanti, ma ci siamo dovuti ricredere: siamo entrati in un meccanismo in cui non contiamo niente”. Con altre parole, nella relazione introduttiva al consiglio comunale di Borzonasca -che il 9 aprile ha approvato la delibera- il sindaco ha spiegato di aver riscontrato “una gestione molto centralistica e poco attenta alle esigenze e peculiarità di un territorio montano come il nostro”.

Il sindaco di Borzonasca spiega che “l’Italia non è tutta uguale”, e che per questo lui e i suoi colleghi di Mezzanego, Rezzoaglio, Santo Stefano d’Aveto -altri tre piccoli comuni della Val d’Aveto- e Fontanigorda, che è in Val Trebbia, hanno pensato che fosse meglio tornare a far da sé, sfruttando una legge regionale approvata a inizio 2014 dalla Regione Liguria, che a tre anni dal referendum del giugno 2011, largamente disatteso dal legislatore nazionale, dà la possibilità ai Comuni con meno di 3mila abitanti che appartenevano a Comunità montane di riprendere in mano acquedotti, fognature e impianti di depurazione. “Chiediamo un minimo di flessibilità -aggiunge  Maschio-: in Val d’Aveto ci sono ancora allevatori, che mantengono la propria attività economiche in aree montane e marginali, e per loro pagare i consumi al ‘contatore’ diventa insostenibile”.

Maschio e il suo collega di Mezzanego, Danilo Repetto, lamentano anche la mancanza d’investimenti, che nel triennio 2011-2013 si sarebbero fermati al 20-30% di quelli programmati nel Piano d’ambito, il documento votato da tutti i sindaci della provincia di Genova (67) riuniti nell’Ambito territoriale ottimale (Ato). “Preferiamo  non partecipare più alle riunioni, tanto il Comune di Genova ha la maggioranza. Se andiamo, votiamo contro” sintetizza Repetto. Prima di approvare la delibera che ha per oggetto “Facoltà di gestione autonoma del servizio idrico”, i due Comuni -insieme a quello di Santo Stefano d’Aveto- hanno promosso un referendum consultivo tra i propri cittadini: “A Mazzenego hanno espresso il proprio parere 559 persone, quasi la metà degli aventi diritto al voto, mentre a Borzonasca sono venuti in 450, il 35% -riassume Maschio-. Da noi, però, il ‘problema’ riguarda 5 frazioni su otto, perché nelle altre la gestione è affidata ad acquedotti consortili o ‘privati’, di proprietà dei cittadini che li hanno costruiti”.

Il Comitato genovese acqua bene comune (www.acquapubblicagenova.org) ha salutato con interesse l’iniziativa, sperando che “la sete di gestione pubblica contagi al più presto anche altri Comuni della provincia”, mentre lo Stato ha scelto -con una delibera del consiglio dei ministri del 18 aprile- di impugnare la legge della Regione Liguria, e in particolare l’articolo 8 -secondo cui il Piano d’ambito “deve prevedere agevolazioni tariffarie e adeguati interventi a sostegno dei piccoli comuni”- e l’articolo 10 -che garantendo ai piccoli Comuni la possibilità di gestire in proprio il servizio violerebbe il Codice dell’ambiente che prevede un “superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche” e la “razionalizzazione del mercato, garantendone la concorrenzialità e l’efficienza”. “Siamo un brutto esempio”, sintetizza il sindaco di Mezzanego Danilo Repetto, spiegando che anche due Comuni spezzini della Val di Vara -Brugnato e Maissana- hanno deliberato di tornare a gestire in forma diretta il servizio idrico integrato. Repetto è consapevole che gli abitanti di un pugno di Comuni di montagna non “toccano” un colosso come Iren Acqua e Gas -www.irenacquagas.it-, che attraverso 12 società in 5 regioni serve 1,5 milioni di utenti, e nel 2013 ha fatturato 449 milioni di euro solo per quanto riguarda acquedotti, depurazione e fognature, ma anche che dalla Liguria potrebbe partire una rivolta dei piccoli Comuni -sono 5.683, circa il 70 per cento del totale gli enti con meno di 5mila abitanti-, di un’Italia interna che si sente abbandonata dallo Stato. “Siamo marginali, è vero, ma diamo fastidio perché indichiamo un’altra via d’uscita” dice Repetto. Giuseppino Maschio, invece, per spiegare le sue ragioni prende in mano il bilancio del Comune di Borzonasca: nel 2013, racconta, ha ricevuto dallo Stato trasferimenti per 80mila euro, contribuendo però con 160mila euro al “patto di solidarietà” inserito dalla Legge di stabilità 2013 nell’ambito dell’applicazione  del patto di stabilità interno. Quando s’è trattato di affrontare i danni provocati dalla grave alluvione dell’ottobre 2013, però, il Comune ha ottenuto dallo Stato e da Regione Liguria solo 1,5 milioni di euro a fronte di danni stimati di 7 milioni per le sole strutture pubbliche. Il Comune ha -complessivamente- un bilancio di circa 2 milioni di euro, e amministra un territorio di 80 chilometri quadrati (per dare un’idea, quello di Milano ha una superficie di 190).

L’entroterra genovese è stanco di dare senza ricevere. Maschio fa un esempio, spiegando che i Laghi di Giacopiano, invasi a oltre mille metri sul livello del mare nel territorio di Borzonasca, all’inizio della stagione estiva devono essere pieni, perché serviranno ad alimentare l’Entella, il fiume che nasce dalla confluenza dei torrenti Lavagna (il principale dei tre), Graveglia e Sturla per sfociare nel Golfo del Tigullio.
A Borzonasca e a Mazzanego l’acqua non manca, e del resto una delle prescirizioni della legge regionale prevede che per approvare la delibera  di “ri-municipalizzazione” del servizio l’ente deve provare un “bilancio idrico positivo”. “Abbiamo fatto redarre uno studio da un geologo -spiega Repetto-, e lo abbiamo allegato alla delibera”, che anche il Comune di Mezzanego ha approvato subito dopo il referendum consultivo di domenica 6 aprile.

I due sindaci non difendono la propria scelta spiegando che piccolo è meglio, e non ne fanno una bandiera del localismo. Hanno già messo in comune numerosi uffici e servizi -da quelli tecnici alla Polizia municipale-, come prescrive la normativa nazionale, e hanno ben chiaro che cosa significa la parola cooperare. Trovano, però, che la stessa prospettiva manchi al “gestore unico”. Repetto porta l’esempio degli allacci: molti cittadini, in particolare quelli che vivono nelle case sparse, hanno il contatore a 500-600 metri dalla propria abitazione, perché una disposizione di Mediterranea delle Acque prevede che sia posto nel punto più vicino alla condotta principale. Ciò significa, però, che in caso di guasti queste utenze debbano farsi carico dei costi di riparazione della rete, e che le perdite non siano più un problema per il gestore: tutte quelle che avvengono dopo il contatore non intaccano le fatture che Mediterranea delle Acque invia al cittadino, che paga comunque. Anche il contatore del nuovo plesso scolastico di Mezzanego, che ospita l’asilo e le elementari ed è stato costruito usando le tecniche della bioarchitettura in classe energetica A+, è dall’altra parte della strada, la SP 586 della Val d’Aveto. Qualora fosse necessario intervenire sulla tubatura, toccherebbe all’utente -il Comune di Mezzanego, in questo caso- chiedere tutti i permessi, compreso quello per chiudere al traffico la provinciale, e sostenere i costi dell’intervento. Mediterranea delle Acque e i suoi due soci –Iren e il fondo F2i di Cassa depositi e prestiti- hanno altro a cui pensare. —

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