Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente

I tentacoli del raccordo anulare

Un’azienda agricola bio nata nel 1977 alle porte di Roma minacciata da due progetti autostradali. Oggi “Agricoltura nuova” dà lavoro a 40 persone e fattura 2,5 milioni di euro. L’alternativa all’asfalto esisterebbe, e si chiama "messa in sicurezza" della statale Pontina, come chiede il "Comitato No corridoio Roma-Latina per la metropolitana leggera" —

Tratto da Altreconomia 163 — Settembre 2014

Gualtiero Alunni è uno dei ragazzi che il 2 luglio 1977 partecipò a un’occupazione di terre pubbliche a Sud-ovest di Roma. Di quella esperienza è figlia la cooperativa Agricoltura Nuova, che occupa circa 190 ettari a Est del fosso di Malafede, a pochi chilometri dalla tenuta presidenziale di Castelporziano. “Quel giorno c’erano disoccupati, studenti, braccianti e contadini. Formammo la prima cooperativa agricola nel territorio del Comune di Roma” racconta Gualtiero, che oggi quella terra non la lavora, ma la difende: è il portavoce del “Comitato No corridoio Roma-Latina per la metropolitana leggera”, e il suo obiettivo, condiviso con molti altri cittadini, è difendere dall’asfalto e dal cemento l’Agricoltura Nuova. “L’area è minacciata dai progetti per la realizzazione di due autostrade” racconta mentre mangiamo alla mensa (“questa una volta era la stalla, che ospitò una memorabile festa di Capodanno per salutare l’arrivo del ‘78”). Carlo Patacconi, un altro di quei ragazzi, oggi è presidente della cooperativa, che nel frattempo è diventata un’azienda agricola biologica e sociale che dà lavoro a 40 persone e fattura 2,5 milioni di euro, e dal ‘95 ha sottoscritto un regolare contratto d’affitto con il Campidoglio: “La terra finisce, non è riproducibile. Inoltre, noi siamo biologici per scelta, e l’ente certificatore ci ha già segnalato potenziali criticità”. Rinnovato nel 2010, il contratto tra il Comune di Roma e Agricoltura Nuova scadrà nel 2025.
Il 18 maggio, l’azienda ha ospitato la “Giornata della terra contro le devastazioni autostradali nell’agro romano”, promossa insieme -tra gli altri- al Comitato No corridoio, al Forum Salviamo il paesaggio e a Slow Food Lazio. “Abbiamo scavato una buca nel terreno, per analizzarne con l’aiuto di un pedologo, uno scienziato del suolo, i diversi strati, e capirne la fertilità, l’importanza” racconta Barbara Bonomi, di Slow Food. L’Agricoltura Nuova ha regalato cereali e pasta, e messo a disposizione le cucine per un pasto condiviso e autogestito.
Durante ogni giorno della settimana, invece, molti arrivano qui per un pranzo a prezzi popolari (11 euro), realizzato interamente con prodotti dell’azienda, dal pane al vino.
È una gita: gli uffici dell’Eur sono a pochi chilometri, ma lasciata a destra la via Pontina, la statale che collega la capitale a Latina destinata a diventare autostrada, e percorsi per alcuni chilometri una strada bianca, entriamo in un altro mondo. L’Agricoltura Nuova è infatti all’interno di un’area protetta nell’Agro romano, la Riserva di Decima-Malafede -che con una superficie di 6.107 ettari è una della maggiori foreste di pianura nel bacino del Mediterraneo-. “Eppure -spiega Gualtiero-, parco e autostrada hanno una storia comune, fin dal 1990”.
Ventiquattro anni fa, nella stessa riunione fiume della giunta regionale che approvò la costituzione della Riserva  (www.parks.it/riserva.decima.malafede), venne deciso anche di avviare l’iter per realizzare un’autostrada tra Fiumicino e Valmontone, cioè un raccordo tra l’A12 (l’autostrada Tirrenica) e l’A1. Da allora, ricorda Gualtiero, “l’hanno chiamata in tanti modi diversi, da Corridoio intermodale a Superpontina, quasi a nascondere che si tratta di un’autostrada a pedaggio, e il progetto è stato quasi cancellato, sommerso da esposti e rilievi della Corte dei Conti e della Commissione europea, fino a che non è arrivato nel giugno del 2012 il ‘decreto sviluppo’, a chiamarci ancora in strada dopo quasi un quarto di secolo di lotta”.
L’ultima marcia in ordine di tempo è stata il 17 maggio scorso, una fiaccolata che ha coinvolto anche i cittadini di Tor de’ Cenci, quartiere di palazzoni all’estrema periferia romana. “Quaggiù non si era mai vista una manifestazione” racconta Gualtiero. Guardati a vista dalle forze dell’ordine, e con un elicottero a controllare dall’alto, i partecipanti -un migliaio, tra cui famiglie con bambini- sono arrivati davanti all’osteria di Malpasso, storico ristorante che ha offerto un rinfresco: la vecchia casa a fianco della Pontina, e giusto di fronte all’ingresso della tenuta del presidente della Repubblica, verrà abbattuta, e dovrebbe diventare uno snodo importante, dove il raccordo tra l’A12 s’immetterà sulla (nuova) Roma-Latina. In totale, saranno un centinaio di chilometri di autostrada, per un costo stimato di oltre 2,7 miliardi di euro, che potranno essere coperti dal pubblico fino a un massimo del 40%.

“Tra Roma, Pomezia, Cisterna e Valmontone -racconta Gualtiero- sono circa 300 le aziende agricole che rischiano la chiusura: chi protesta, sono i Comitati Riuniti Agricoli (CRA), mentre le grandi associazioni di categoria non lottano, pretendono solo un esproprio a prezzi di mercato”. 
Dopo il decreto sviluppo del 2012, l’iter per avviare i lavori è partito spedito: il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha approvato il progetto definitivo nell’agosto 2012 e poi lo ha riapprovato ad agosto 2013, dopo uno stop della Corte dei Conti. A gennaio 2014 la delibera è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. “A quel punto abbiamo presentato un ricorso al TAR, con l’aiuto dei Verdi Ambiente e Società (VAS)”, spiega Gualtiero Alunni. In particolare, il Comitato ha impugnato, ritenendolo irregolare, l’iter relativo ai primi 16 chilometri, quelli della bretella tra l’A12 e Tor de’ Cenci. “La valutazione d’impatto ambientale (VIA) dell’opera risale al 2004, ma c’è un intero quartiere, quello di Torrino-Mezzocamino, dove oggi vivono 20mila persone, che è stato costruito successivamente, a partire dal 2006 -mi racconta Gualtiero-. Anche se era già previsto nel Piano regolatore, chi realizzò la procedura di VIA non ne ha tenuto conto”.
Il ricorso non è stato rigettato, ma il TAR ha rifiutato la richiesta di sospensiva cautelare che era stata avanzata. “Questo succede il 9 aprile 2014, e il giorno dopo il concessionario manda quattro lettere per invitare quattro imprese a partecipare alla gara”. Solo Salini-Impregilo, Astaldi, Pizzarotti e gli austriaci di Strabag possono aspirare a costruire e gestire la Roma-Latina, affidata in concessione da Autostrade del Lazio spa (società controllata da ANAS e Regione Lazio). L’apertura delle buste, inizialmente fissata per il 16 settembre 2014, avverrà a dicembre: “Secondo il crono-programma, i lavori dovrebbero iniziare tra l’aprile e il luglio 2015, per terminare in sei anni” conclude Gualtiero, che con il Comitato ha presentato un progetto alternativo: “Chiediamo l’adeguamento della strada statale, affiancando alle corsie di marcia un binario ove far passare un treno/tram, una metropolitana di superficie”. Il vero problema della statale Pontina, e del collegamento tra l’area pontina e Roma, è infatti l’assenza di mezzi pubblici, come racconta ad Ae il professor Antonio Tamburrino, urbanista-trasportista, già docente di Economia dei trasporti. È con lui che il Comitato ha elaborato il progetto di treno/tram, che è stato anche consegnato alla Regione Lazio, avanzando -grazie all’appoggio del gruppo del M5S- la richiesta di stanziare sul bilancio 2014 risorse per la progettazione dell’intervento, che è stata rigettata da centro destra e centro sinistra. 

“L’assunto, errato, che ha mosso il progetto iniziale è che l’infrastruttura serva a collegare la Grosseto-Civitavecchia con l’area meridionale del Lazio. In realtà, il flusso di traffico registrato sulla Pontina non è ‘passante’, ma va a Roma. Chi vuole andare a Sud, utilizza già l’Autostrada del Sole.
Quindi, la Roma-Latina servirebbe solo un traffico locale, dato per il 90% dai pendolari dell’area Pontina. Intercetta, cioè, una domanda che di fronte a un’alternativa valida di trasporto pubblico sceglierebbe questa. Oggi, però, il collegamento ferroviario dall’area Pontina corre nell’interno, ed arriva direttamente a Termini. Mentre il flusso ha destinazione Eur” spiega Tamburrino. 
Se è vero che oggi la Pontina è insufficiente di fronte al traffico nell’ora di punta, di 2.800-3mila veicoli l’ora, e che la domanda sarebbe superiore, fino a 4.200, con l’autostrada, è anche vero -spiega Tamburrino- “che questo non influirebbe sul traffico totale giornaliero, perché il numero di passaggi che oggi sono spalmati, si concentrerebbe nell’orario di punta”. Sarebbe a rischio, cioè, anche la sostenibilità economica dell’investimento. 
Per questo, il professore -che ha curato per conto del Comune di Roma l’elaborazione del Piano strategico per la mobilità, approvato nel 2010- suggerisce un altro tipo d’intervento, realizzando un treno/tram collegato al sistema di mobilità romana. “Servirebbero, al massimo, 800 milioni di euro, meno del contributo pubblico stimato per la realizzazione dell’autostrada, e sarebbero più che sufficienti per ammodernare la Pontina, adeguandola in sicurezza e realizzare anche la corsia per il trasporto pubblico”.

Contro il progetto si è schierato anche l’Istituto nazionale d’urbanistica (INU), e poi, a inizio luglio, è arrivata l’adesione dell’Unione regionale dei costruttori edili del Lazio, che ha convocato una conferenza stampa per chiedere di fermare la Roma-Latina e inviato a Matteo Renzi e Nicola Zingaretti (presidente della Regione Lazio) una lettera in tal senso, firmata anche da FederLazio e Lega delle Cooperative Lazio. È la prima volta che accade, nel nostro Paese. “Sono solo pragmatico -spiega il presidente URCEL-Ance Lazio, Stefano Petrucci-: abbiamo a disposizione 468 milioni di euro, che è il contributo pubblico già stanziato, e possiamo usarlo per mettere in sicurezza la Pontina. Se a marzo 2015 l’ANAS pubblicasse dieci gare di taglia ‘media’, da 50 milioni di euro, potrebbe aggiudicarle in sei mesi, e in due anni dieci imprese farebbero i lavori. Nel 2017, quella superstrada sarebbe in sicurezza, e l’utenza non dovrebbe pagare i pedaggi”. Invece, s’insiste per l’autostrada, con tracciati ancora in discussione. Per questo, Petrucci è convinto che i lavori non potranno partire nei tempi dettati da Autostrade del Lazio: “Se noi avessimo la certezza che aggiudicando la gara si facesse l’autostrada, come presidente dei costruttori non potrei essere contrario. Ma non è così”. Intanto, Petrucci segnala che negli ultimi due anni le aziende associate hanno perso 35mila posti di lavoro.
Sul futuro di Agricoltura Nuova pesa anche un’altra incognita autostradale, che si chiama GRA bis, cioè un nuovo grande raccordo anulare, esterno rispetto a quello che cinge Roma. “Se la Roma-Latina ‘ruba’ alla cooperativa solo pochi ettari per l’allargamento delle sede stradale, questo taglierebbe letteralmente in due i terreni della cooperativa” spiega Gualtiero. “Attendiamo da anni il Piano di assetto del parco -aggiunge Carlo Patacconi, di Agricoltura Nuova-, che non viene fatto perché sancirebbe una incompatibilità tra l’agricoltura di qualità e la realizzazione di viadotti a tagliare un pezzo di campagna”. 

Suonano ancora attuali, nel 2014, le parole pronunciate nel 1978 da Antonio Cederna, giornalista e fondatore di Italia Nostra, che parlando del sacco edilizio nel Comune di Roma e dell’occupazione di Agricoltura Nuova disse: “…la cooperativa avrà avuto anche questo merito, di aver evitato all’attuale amministrazione […] di ripetere gli errori di quelle che l’hanno preceduta”. Parole scritte su una parete della mensa di Agricoltura Nuova, forse non lette da Nicola Zingaretti. Che a inizio luglio ha ribadito che per lui la (auto)strada non cambia: i cantieri devono aprire al più presto. Come i suoi predecessori, Francesco Storace, Piero Marrazzo, Renata Polverini. —

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.