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I servizi per la salute mentale a Trieste non sono più gli stessi

Il Centro di salute mentale (Csm) di via Gambini a Trieste © Mafalda Maria Solza

Nella città simbolo della rivoluzione basagliana, il sistema si riscopre indebolito. Le scelte politiche della Regione, guidata dal leghista Massimiliano Fedriga, stanno smontando un modello che all’estero viene considerato un esempio

Tratto da Altreconomia 276 — Dicembre 2024

Professor Basaglia, francamente, le interessa di più il malato o la malattia?”, chiede il giornalista Sergio Zavoli nel documentario “I giardini di Abele”. È fine dicembre 1968 e Franco Basaglia, quasi al termine della sua esperienza come direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, ascolta la domanda mentre cammina pensieroso davanti alla macchina da presa, con le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso il basso.

Poi si ferma e risponde: “Decisamente il malato”. Tre parole che riassumono l’inizio di una rivoluzione che ha attraversato il campo della psichiatria durante gli anni Settanta e di cui il manicomio di Trieste, sotto la direzione dello psichiatra veneziano, è stato il simbolo.

Da tempo, però, il sistema triestino è al centro di alcune decisioni politiche che ne stanno mettendo in discussione l’impianto basagliano e le evoluzioni seguite alla chiusura dell’ospedale psichiatrico nel 1980.

“Guardare al malato significa operare in tutti i modi perché sia la persona

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