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Ambiente / Varie

I rifiuti della Perego Strade

Il Tribunale di Lecco ha condannato in primo grado per traffico illecito di rifiuti i dirigenti dell’impresa di Cassago Brianza (LC), infiltrata dalla ‘ndrangheta –e di cui scrivemmo nel dicembre 2010-. Nessuna istituzione si è costituita parte civile, lasciando solo il Circolo Ambiente Ilaria Alpi

Dopo la condanna divenuta definitiva nel maggio scorso a 10 anni e 11 mesi di reclusione nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Infinito”, l’impresario Ivano Perego -titolare dell’omonima azienda di Cassago Brianza (LC)- ha aggiunto un’altra sentenza -in primo grado- al suo personalissimo curriculum divenuto emblema: l’accusa di traffico illecito di rifiuti in diversi cantieri tra le province di Lecco, Como e in Brianza, infatti, s’è dimostrata fondata -la sentenza è stata pronunciata dal Tribunale di Lecco- e Perego è stato condannato a 2 anni di reclusione. Insieme a lui, Claudio Perego (1 anno), Elena Perego (1 anno) oltre che Sala Paolo e Ghezzi Tommaso (ciascuno ad 1 anno e 4 mesi di reclusione, con pena sospesa).
 
I responsabili della Perego Strade -quella stessa impresa che una sentenza passata in giudicato ha riconosciuto essere stata infiltrata dalla ‘ndrangheta-, erano stati inoltre accusati di reati ambientali compiuti tra il 2008 e il 2009 per il traffico e lo sversamento illecito di rifiuti nei cantieri dell’ospedale Sant’Anna di Como, presso lo svincolo di Lurago d’Erba (CO) o in occasione del raddoppio ferroviario nella tratta Airuno-Carnate. 
 
A poche ore dalla sentenza, gli unici titolati a commentarla autorevolmente sono i membri del Circolo Ambiente Ilaria Alpi di Alzate Brianza (CO). Non le istituzioni, che non si sono costituite parte civile al processo preferendo il silenzio alla giustizia. Il Circolo è stato l’unico -come ricostruisce con una punta di amarezza Roberto Fumagalli, che ne è l’anima e il coordinatore-, ma non è stato comunque ritenuto idoneo dal Tribunale alla richiesta di risarcimento. “L’iniziativa condotta dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla magistratura in quegli anni avrebbe meritato un sostegno pieno da parte dei Comuni, della Regione, del ministero dell’Ambiente”, racconta Fumagalli. Alle oltre 100mila tonnellate di rifiuti e materiale inquinante di diversa origine -provenienti da vari cantieri, tra cui alcuni di Como e Milano- depositate senza autorizzazione nell’area della ex cementeria di Cassago Brianza non fa riferimento più nessuno. Ma Fumagalli e il Circolo non riescono a rimuovere un pensiero legato agli effetti di quegli sversamenti. Effetti che nessuna indagine approfondita ha saputo (o voluto) misurare, come ritiene il coordinatore dell’unico soggetto costituitosi parte civile (“Una mancanza di certezza che certamente non rassicura”).
 
Oggi restano le condanne di primo grado, rese comunque precarie dall’apprestarsi della prescrizione, un’ombra di impunità che quasi sicuramente potrà avvolgere questa rimossa pagina grigia della Brianza e della Lombardia.  

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