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I porti italiani sono tra i più inquinanti d’Europa. Occorre elettrificare le banchine

Gli scali di Genova, Gioia Tauro e Livorno emettono ciascuno più di un milione di tonnellate di anidride carbonica all’anno. Ma è Rotterdam, con oltre 13 milioni di tonnellate, il terminal più inquinante del continente. La denuncia di Transport&Environment

© Francesco Boncompagni, unsplash

I porti italiani sono tra i più inquinanti d’Europa in termini di emissioni legate alle attività. Per quanto riguarda le emissioni legate al transito delle navi, inoltre, l’Italia è preceduta solo da Olanda e Spagna. È quanto emerge dalla ricerca “EU ports’ climate performance” pubblicata il 2 febbraio 2022 da Transport&Enviromental (T&E), la federazione europea delle associazioni impegnate per ridurre l’impatto ambientale del sistema dei trasporti, che ha analizzato la quantità di CO2 prodotta dalle attività dei principali porti europei. Tre terminal italiani -Genova, Gioia Tauro e Livorno- hanno ciascuno un’impronta ecologica superiore al milione di tonnellate di anidride carbonica ogni anno. In termini assoluti, l’Olanda è Paese con la più alta quota di emissioni legata alle attività portuali, con un totale di 17,8 milioni di tonnellate di CO2, a cui seguono la Spagna con 16,4 milioni di tonnellate, Italia e Regno Unito, rispettivamente con 15,0 e 12,8 milioni di tonnellate di CO2 prodotte ogni anno. A chiudere la classifica troviamo in ordine Germania, Belgio, Francia, Norvegia, Grecia e Svezia.

Lo studio ha preso in considerazione le emissioni di carbonio prodotte dalle navi che entrano ed escono dai porti, così come quelle generate dalle attività che si svolgono durante l’ormeggio in banchina come carico, scarico e rifornimento. Il traffico navale è stato calcolato utilizzando i dati sulla circolazione marittima ottenuti da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, mentre per la seconda si è fatto uso dei risultati ricavati da una precedente ricerca, pubblicata a marzo 2021 sulla rivista Applied energy, relativa alle emissioni dei motori secondari utilizzate dalle navi in sosta ai moli. Lo scopo dello studio di T&E è fornire alle istituzioni europee strumenti e informazioni utili a compiere scelte corrette sulla strada verso la decarbonizzazione del settore dei trasporti marittimi e della logistica.

L’attività più intensa si registra nel porto di Rotterdam che da solo genera 13,7 milioni di tonnellate di CO2 pari a tre volte una centrale a carbone di medie dimensioni (emissioni stimate a 4 milioni di tonnellate di CO2), al secondo posto si piazza Anversa con 7,4 milioni di tonnellate, mentre il porto tedesco di Amburgo è responsabile per l’emissione di 4,7 milioni di tonnellate di gas climalteranti all’anno. Tra le dieci strutture più inquinanti si trovano inoltre tre porti spagnoli (Algeciras, Barcellona e Valencia), il Pireo di Atene, Marsiglia, i porti tedeschi di Bremerhaven e Amburgo.

Se si prende in considerazione l’impatto ambientale delle operazioni portuali, la quantità di gas serra emessi è invece decisamente inferiore rispetto a quella prodotta dalle navi in entrata e uscita dagli scali. Anche in questo caso Rotterdam è il porto più inquinante con 640mila tonnellate di CO2, a cui seguono Anversa (351mila tonnellate) e il Pireo di Atene (206mila tonnellate). In decima posizione si trova il terminal di Genova con 147mila tonnellate di gas climalteranti prodotti. Se si considerano i Paesi, invece, è l’Italia ad emettere la maggior quantità di CO2 per questo tipo di attività con 1,17 milioni di tonnellate di CO2 a cui seguono Spagna (1,04 milioni di tonnellate) e Olanda (1 milione di tonnellate).

L’industria marittima -è la denuncia di Transport&Environment- rappresenta una fonte di emissioni in rapida crescita e i porti europei sono stati a lungo riluttanti a imporre i vincoli per incentivare l’uso di combustibili meno impattanti. Inoltre, nonostante i dati allarmanti relativi ai livelli di emissioni, i lobbisti portuali si sono spesso opposti a fissare obiettivi più severi per l’elettrificazione delle banchine, che permetterebbe di ridurre in maniera significativa l’inquinamento, anche con impatti positivi per le comunità che vivono a ridosso degli scali. A questo si somma una crescita, visibile già prima della pandemia da Covid-19, dei traffici marittimi: tra il 2012 e il 2019, i volumi di carico del porto di Rotterdam, per esempio, sono aumentati del 13%. “L’impatto dei porti sul clima è enorme -commenta Jacob Armstrong, sustainable shipping officer di T&E-. Eppure non stanno facendo abbastanza per ripulire il trasporto marittimo, adottando misure come l’elettrificazione completa dei porti e i regolamenti per l’utilizzo di carburanti verdi”.

Nonostante lo studio si concentri solo sulle emissioni di Co2 e non consideri altri gas come gli ossidi di azoto (NOx) e di zolfo (SOx), ritenuti pericolosi per la salute in particolare per gli abitanti delle città portuali, le misurazioni ottenute da T&E mostrano chiaramente l’impatto ambientale del trasporto navale. “Le elevate emissioni di CO2 dovrebbero essere sufficienti a convincere i legislatori della necessità di inserirle nell’Ets (il mercato europeo del carbonio, ndr) oltre a promuovere l’elettrificazione delle banchine e l’uso di carburanti sostenibili”, si legge nel rapporto. Tassare le emissioni portuali secondo le regole dell’Ets non solo consentirebbe una riduzione del loro impatto ambientale ma permetterebbe anche di ottenere risorse economiche da utilizzare per ridurre l’impatto ambientale delle attività portuali.

La Commissione europea ha indicato il 2030 come scadenza per l’elettrificazione dei moli, iniziando da quelli destinati al traffico passeggerei per poi passare ai terminal merci e industriali. Fornendo alle navi attraccate una fonte di diretta di elettricità queste non dovranno più produrla bruciando carburante. Anche l’uso di combustibili alternativi permetterebbe di rendere il settore più sostenibile ma anche in questo caso, avverte T&E, è necessario prestare attenzione alle soluzioni falsamente presentate come sostenibili. “Mentre il gas fossile liquefatto (Lng) e i biocarburanti sono stati erroneamente proposti come alternative ecologiche -conclude la ricerca-, le uniche opzioni veramente ‘green’ sono i combustibili a base di idrogeno ‘verde’ ottenuto da energie rinnovabili”.

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