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Cultura e scienza / Varie

I militari sul podio

L’80% degli atleti italiani a Pechino 2015 gareggiava per i Gruppi sportivi militari e gli altri Corpi dello Stato

Tratto da Altreconomia 177 — Dicembre 2015

Alla sesta edizione dei Giochi mondiali militari che si sono tenuti quest’anno in Corea del Sud, dal 2 all’11 ottobre, il nostro Paese ha partecipato -stando a quanto comunicato dal ministero della Difesa- “con una delegazione di 118 tra atleti, staff tecnico e dirigenti accompagnatori”.
A organizzare la manifestazione è stato il Consiglio internazionale dello sport militare (CISM), fondato nel 1948 a Nizza e rappresentato da una spada che attraversa il globo, una “corona di lauro” e cinque cerchi rossi intersecati. L’Italia ne fa parte dal 1949, ha organizzato nel 1995 a Roma la prima edizione dei campionati mondiali, e sulla pagina dedicata del ministero della Difesa definisce lo sport come un “confronto fra uomini, nel pieno rispetto altrui, e come modello di pace”.
C’è una foto pubblicata sul sito del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) che ritrae l’attuale presidente, Giovanni Malagò, mentre stringe la mano a un uomo graduato in uniforme nera. Si tratta del colonnello Abdulhakeem Al-Shino, del Bahrain, che del CISM è presidente e di Malagò prezioso interlocutore: “Il colloquio -recita infatti il comunicato stampa CONI dopo l’incontro avvenuto nel marzo 2015- ha posto le basi per consolidare i rapporti di collaborazione già esistenti con il Bahrain, e con le altre realtà dell’area del Golfo, dal punto di vista sportivo”. Non è dato sapere se il “punto di vista sportivo” abbia a che fare con i diritti umani, capitolo sul quale il  Bahrain  è tornato anche in novembre sotto la lente dell’organizzazione non governativa internazionale Human Rights Watch (hrw.org).

Il quadro che ci porta in Corea del Sud, però, è abituale: lo sport italiano, in particolare l’atletica, è infatti strettamente legato alla sfera militare. Stime recenti (l’ultima è incrociata da fonti CONI e Federazione italiana atletica leggera) parlano di oltre 1.240 sportivi stipendiati da quelli che il CONI, nella pagina dedicata, chiama “Gruppi sportivi militari e Corpi dello Stato”. Tolto il CISM e lo Stato maggiore della Difesa, si tratta dell’Esercito, della Marina, dell’Aereonautica, dei Carabinieri, della Guardia di finanza e poi di Polizia di Stato (che rappresenta la maggioranza, oltre 320 unità), Polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato e Vigili del Fuoco. Agli sfortunati -in termini di medaglie per l’Italia- mondiali di atletica di Pechino 2015, gli sportivi in quota militare rappresentavano l’80% circa del totale della delegazione (33 tra uomini e donne). È a questi “Gruppi” e “Corpi” che il CONI, ogni anno, riconosce un finanziamento (previsto nel suo statuto). Nel 2014, bilancio alla mano, i “contributi per attività istituzionale” elargiti dal Comitato a questi organi hanno superato i 3 milioni di euro, il 6% in meno rispetto al 2013. Due milioni e poco più ai “Gruppi sportivi militari” (la Guardia di finanza è la più sostenuta, con 715.695 euro) e la restante parte ai “Gruppi civili” (alla Polizia di Stato e le sue “Fiamme oro” sono andati 547.185 euro). Anche il 2016 sarà un anno in attivo per la categoria, visto che il budget previsionale ha messo nero su bianco un incremento delle risorse pubbliche (fino a 3.250.000 euro).

Una rinnovata fiducia nel settore da parte del Comitato -la delega allo Sport è da aprile nelle mani del presidente del Consiglio, Matteo Renzi– che stride con un crescente scetticismo nei confronti dell’impostazione militare dell’atletica, che  garantendo uno stipendio fisso nel nostro Paese costituisce purtroppo una delle poche fonti di sostentamento a fronte di una difficoltà comune a tutti gli altri sport considerati a torto “minori” (vedi pag. 34). Un atleta di altissimo livello che milita in una squadra sportiva civile e che preferisce mantenere l’anonimato, racconta di aver fino ad oggi rifiutato di “arruolarsi” anche perché nella sua famiglia, in passato, si è praticata l’obiezione di coscienza. Gli peserebbe, come “i richiami sporadici in caserma -avviene per le Fiamme gialle a Castelporziano, ndr-”.  Il mercato del lavoro lo condurrà quasi sicuramente lontano dal professionismo, che richiede allenamenti quotidiani per 4-5 ore ad ogni sessione. Perché l’atletica non è ancora uno sport “civile”. —

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