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Crisi climatica / Opinioni

I media italiani mistificano la transizione ecologica

© Andrew Roberts, unsplash

Presentano solo problematiche, esagerandole, con nessun riferimento ai vantaggi. Così aumentano i sospetti verso gli ambientalisti. La rubrica di Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 243 — Dicembre 2021

Sembra che i mezzi di informazione italiani siano affetti da una strana forma di strabismo. Quando parlano della transizione ecologica, riescono a dare molto più spazio a problemi e pericoli che a vantaggi e opportunità. I casi ormai sono troppi per poterli considerare accidentali.

Nelle trasmissioni televisive (come Piazzapulita su La7 e Cartabianca su Rai3) il format è chiarissimo. Si inizia parlando diffusamente dei problemi della transizione ecologica cercando di farli sembrare reali e concreti, anche se in molti casi sono mistificazioni o almeno esagerazioni. Si cita il problema dell’aumento del costo dell’energia ma in realtà quello recente è dovuto alla fiammata nei prezzi dei combustibili fossili (quindi la transizione è un beneficio, la soluzione e non la causa). Si citano i lavoratori della GKN licenziati, ma se si va a vedere le cause sono le delocalizzazioni e una condotta antisindacale o da “banditi” finanziari dell’azienda: la transizione non c’entra. Si dettagliano i problemi di chi usa l’auto elettrica (52 ore per andare da Roma a Reggio Calabria) ma il caso è del tutto irreale, la giornalista fa di tutto per usarla male e crearsi problemi, Fantozzi a confronto sarebbe brillante.

In altri casi i problemi della transizione esistono davvero, ma si evita di ricordare che valgono anche per il sistema fossile. Ad esempio, è vero che nella filiera della produzione delle batterie delle auto elettriche, dell’acciaio o delle pale eoliche ci sono lavoratori sfruttati o impatti ambientali; ma ci sono anche per le batterie delle auto fossili o per estrarre petrolio, gas o carbone. Raramente si sente parlare in queste trasmissioni delle devastazioni legate all’approvvigionamento dei combustibili fossili. Nessuno prova, per fare un esempio, a ricordare i motivi della guerra in Iraq, che non è certo stata motivata dalla presunta presenza di armi di distruzione di massa.

Se i problemi della transizione sono presentati come qualcosa che ci riguarda qui e ora, nel concreto delle nostre tasche, i benefici sono mostrati facendo riferimento a mondi ideali se non irreali, comunque estremi: le città da sogno, la cargo bike, le ragazze che vivono senza elettricità facendo la doccia fredda o la coppia che utilizza la sola energia elettrica di un piccolo pannello elettrico sul balcone, le signore che stanno a contatto con la natura e fanno il bagno ristoratore nell’acqua ghiacciata di un lago scandinavo. Insomma il mondo della transizione ecologica come una faccenda di eroi,  “fricchettoni” o gente che deve essere almeno un poco disturbata. L’ironia non è palese ma si vede da lontano che c’è un po’ di presa in giro di chi si comporta in quel modo.

52 ore. Sarebbe il tempo impiegato per andare con un’auto elettrica da Roma a Reggio Calabria secondo un servizio realizzato dal programma televisivo Piazzapulita. Anche Fantozzi saprebbe fare di meglio dei giornalisti che si occupano di transizione ecologica.

Mi è capitato di vedere Nicola Armaroli, grande esperto di energia, spiegare a Corrado Formigli il vantaggio diretto e reale dell’utilizzo della sua auto elettrica, risparmiare molti soldi con la ricarica elettrica rispetto al rifornimento al distributore: il discorso è caduto nel nulla, conta solo il maggiore costo di acquisto, e meglio cambiare argomento e parlare delle città dove non si usano le automobili perché tutti o quasi vanno in bicicletta o con i mezzi pubblici. Sulla carta stampata c’è lo stesso approccio. Una delle preoccupazioni più diffuse è che la transizione colpisca maggiormente i ceti deboli, sia socialmente diseguale. Preoccupazione certamente legittima ma un po’ sospetta se arriva da chi poco o nulla ha detto o scritto contro il massacro del reddito dei ceti deboli negli ultimi vent’anni, o anzi è stato simpatizzante o almeno non critico con l’ideologia e le politiche neoliberiste che hanno acuito la disuguaglianza sociale anche in Italia. Non c’è in fondo da stupirsi se chi ha guardato con sospetto gli ambientalisti ora non riesca ad avere un poco di fiducia nella transizione ecologica. 

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2019)

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