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I giornali restano al palo

Il mercato pubblicitario in Italia è ripartito: tutti i settori crescono, tranne la carta stampata 

La locomotiva pubblicitaria in Italia è ripartita. Ce lo dice la società Nielsen nel suo ultimo report sugli investimenti nei primi 11 mesi del 2010. Il tasso di crescita rispetto al 2009 è del 3,9%.

A beneficiare della crescita degli investimenti sono stati tutti i media, tranne i giornali. Dei 7,9 milioni di euro complessivi in quel periodo, la crescita più sostenuta è stata quella della pubblicità online (19%). Anche la televisione (+ 6,2%) e la radio (+9%) hanno respirato nel 2011, mentre i giornali continuano a soffrire, nonostante i buoni risultati degli ultimi mesi. I periodici complessivamente sono calati del 5,7%, pagando anche i problemi che hanno avuto alcuni specifici giornali free press.

Il "cartaceo" soffre le dinamiche di concorrenza all’interno di un mercato sempre più "spietato" in cui per veicolare risorse si ricorre sempre di più al meccanismo del pacchetto. Per fare un esempio: se vuoi uno spot su Canale 5, lo devi prendere anche su Italia 1 o Boing.

Il riferimento a Mediaset non è casuale, dal momento che parliamo di un soggetto che canalizza gran parte delle risorse pubblicitarie totali senza che fino a questo momento siano stati posti dei limiti alla concentrazione del mercato in poche mani e con una legge sul Sistema Radiotelevisivo che permette ai canali commerciali di ottenere molte più risorse rispetto alla televisione pubblica.

Alla televisione nel 2009 sono andate il 57,6% delle risorse pubblicitarie complessive, mentre la stampa ne ha assorbite solo il 26,6%, la radio il 5,3 e internet, in grande crescita, il 7,9%. Il mezzo

televisivo è molto più efficace e raggiunge un pubblico più ampio e gli investitori pubblicitari lo
sanno, per questo vi destinano più soldi. I secondi, in mano a loro, valgono oro.

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