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I Gas mettono su Bottega – Ae 66

Numero 66 – novembre 2005 La scommessa: portare la qualità dei prodotti e dei consumi verdi e solidali in un quartiere periferico di Pescara. Funzionerà? Si parte con due posti di lavoro part time e tanto entusiasmo Donatella fino a…

Tratto da Altreconomia 66 — Novembre 2005

Numero 66 – novembre 2005

La scommessa: portare la qualità dei prodotti e dei consumi verdi e solidali in un quartiere periferico di Pescara. Funzionerà? Si parte con due posti di lavoro part time e tanto entusiasmo

Donatella fino a poco tempo fa vendeva tute, scarpette, articoli sportivi rigorosamente di marca: Nike, Adidas e via elencando. Dal 15 ottobre la sua vita è più coerente con gli ideali di giustizia che coltiva, al punto che è passata alla forma forse più estrema di  “no logo”: è una delle due impiegate dell’Emporio Primo Vere, nato da una costola di un gruppo d’acquisto solidale (Gas). Siamo a Pescara, quartiere San Donato, periferia della città. L’Emporio ha un dirimpettaio insolito, il carcere cittadino, e un nome decisamente curioso: è il titolo della prima raccolta di versi pubblicata (nel 1879) da Gabriele D’Annunzio, grande poeta pescarese. “È il nome che abbiamo dato al Gas perché ci riunivamo in via Primo Vere”, spiega Alessandro Paci, che è il vicepresidente della cooperativa fondata allo scopo di aprire il  negozio.

Scomoda la collocazione, stravagante il nome, ed è fuori dal comune anche la proposta commerciale. Fra gli scaffali dell’Emporio si trovano i formaggi dei caseifici di zona, la pasta biologica che deve fare concorrenza a celebri marchi abruzzesi come De Cecco, gli spaghetti e l’olio antimafia di Libera terra, farine e legumi rigorosamente bio, e poi verdure fresche, salumi, ma anche detersivi ecologici alla spina, piatti e bicchieri biodegradabili, indumenti per bambini ottenuti con cotone “pulito”. Non mancano i prodotti del commercio equo e solidale: l’alimentare dalla bottega pescarese il Mandorlo, l’artigianato dai marchigiani di Mondo solidale. Insomma Primo Vere è una piccola fiera quotidiana del consumo critico: è aperta mattina e pomeriggio, coi normali orari commerciali, tranne il giovedì. I fornitori, grosso modo, sono quelli incontrati quando Primo Vere era solo un Gas: piccoli coltivatori, cooperative sociali, aziende bio, botteghe del  mondo.

La scommessa è grande, perché Primo Vere è un progetto impegnativo sul piano strettamente economico: 200 metri quadri di spazio disponibile, due dipendenti part time, una collocazione assolutamente periferica, una proposta commerciale che deve combinare l’alta qualità dei prodotti con la necessità di proporre prezzi abbordabili in una zona popolare, garantendo al tempo stesso la sostenibilità del negozio.

La partenza è stata molto incoraggiante. “La cosa più bella è stata la risposta del quartiere -dice Francesco Appoloni, uno dei ventidue soci della cooperativa-. Il giorno dell’inaugurazione, sabato 15 ottobre, è venuta tantissima gente. Le persone che vivono qui sono abituate a stare ai margini, a sentirsi escluse, ma noi abbiamo trovato una grande voglia di vivere il quartiere in un modo diverso”. Anche l’incasso della prima giornata è stato più che buono, circa tremila euro: l’entusiasmo dei fondatori è comprensibilmente alto.

L’idea di aprire l’Emporio è nata in seno al Gas per due motivi fondamentali: il successo del gruppo d’acquisto, che è arrivato a contare circa cinquanta famiglia, e la voglia di cimentarsi con un impegno più grande, come la costruzione di un distretto d’economia solidale. Primo Vere può esserne il motore.

Tanto per cominciare e per dimostrare che vuole fare molto sul serio, la cooperativa ha subito creato due posti di lavoro. Oltre a Donatella Maccione, transfuga dal mondo molto “cool” degli articoli sportivi, all’Emporio lavora Maria Grazia Papilli, neolaureata in cooperazione internazionale alla Cattolica di Milano, rientrata nella sua città per un’esperienza in prima linea nel mondo dell’associazionismo e del no profit. La presenza di due dipendenti, naturalmente, non esclude che vi sia un ruolo rilevante dei volontari: oltretutto in negozio si fanno anche consulenze, con esperti del caso, su tutti gli aspetti dell’economia alternativa, dalla finanza etica al turismo responsabile fino all’uso di energie rinnovabili. Un aspetto non secondario del progetto è l’inserimento in un quartiere “difficile” come San Donato: la cooperativa ha ottenuto un finanziamento nell’ambito dei fondi europei “Urban 2” destinati a interventi nelle periferie urbane. “Urban 2” concede a fondo perduto il 50% del budget previsto: nel nostro caso 27 mila euro su un totale di 54. Il resto è stato messo insieme ricorrendo all’autofinanziamento dei soci (circa 15 mila euro) e al prestito sociale (in tutto 30 mila euro) aperto con Mondo solidale, che gestisce quindici botteghe del mondo nelle Marche. Il denaro è servito per ristrutturare e arredare lo spazio commerciale e avviare l’attività. Ad alleviare un po’ il peso delle spese di gestione, c’è un contratto di affitto particolarmente favorevole: il proprietario è uno dei soci e si è accontentato di un canone più che modesto.

Il negozio di via San Donato è una bella scommessa. Vuole dimostrare che il consumo critico può uscire sia dalla classica dimensione individuale sia dalla più impegnativa esperienza dei Gas, per provare ad avvicinare un “pubblico nuovo”. È un esperimento che si pone sulla scia di “Bem vivir” ad Arese, in provincia di Milano, ma vi aggiunge un elemento di difficoltà, perché Primo Vere dovrà conquistare i suoi “clienti consapevoli” in un contesto che non è quello del centro città o degli habitué del commercio equo e solidale. “Il nostro emporio -dice Francesco Appoloni- è fatto per gli acquisti quotidiani. Riuniamo ciò che altrimenti si trova solo in negozi specializzati”. “Non abbiamo voluto creare un negozio d’élite -aggiunge Francesco Paci, il vicepresidente-. Non vogliamo una boutique della buona coscienza”. Il fine è nobile, ma per attuarlo occorre fare molta attenzione ai prezzi. Quelli di Primo Vere sono orgogliosi di mostrare che la loro pasta biologica costa solo 0,87 euro al pacco, più o meno come un pacco di pasta (non bio) della De Cecco, che a Pescara è il naturale parametro di riferimento. E se è vero, per fare un altro esempio, che i detersivi ecologici di Officina Naturae, piccola azienda riminese nata anch’essa dall’esperienza di un Gas, sono molto più cari di quelli (inquinanti) delle marche più diffuse, è altrettanto vero che la disponibilità di detersivo “alla spina” consente di abbattare i prezzi, oltre che l’impatto ecologico.

La sfida dunque è lanciata. L’entusiasmo dei soci sembra contagioso e in più c’è il sostegno di un tessuto associativo di assoluto rilievo. La Rete nonviolenta Abruzzo, di cui la cooperativa fa parte, riunisce decine di associazioni, si è costituita come nodo della Rete Lilliput e ha realizzato a cavallo fra 2004 e 2005 il più ricco e variegato percorso di incontri sull’economia solidale che sia stato organizzato in Italia negli ultimi tempi. Il terreno sembra fertile. L’economia abruzzese è ricca di aziende e cooperative che potrebbero mettersi in rete. La gente di San Donato, per quanto si è visto nei primi giorni d’apertura, è ben disposta e anche il direttore del carcere è contento di avere come vicino un emporio solidale: un giorno Primo Vere potrebbe anche mettere in vendita manufatti realizzati in carcere. Si vedrà. Intanto c’è da sciogliere un nodo: ora che il negozio è aperto, il Gas dovrà chiudere? Il dibattito è aperto.

Tutti i riferimenti:

“Emporio Primo Vere”

via San Donato 1, Pescara, tel. 085-43.11.217

emporioprimovere@emporioprimovere.it

orari: dal lunedì al sabato 9-13 e 16-20,

chiuso il giovedì pomeriggio

Si può azzardare e togliersi il gusto di provare

Paolo Chiavaroli è coordinatore generale di Mondo solidale, la cooperativa che gestisce quindici botteghe del mondo sparse nelle Marche ma è anche socio e membro del consiglio di amministrazione di Primo Vere.

L’idea dell’emporio non è azzardosa?

“Se vogliamo, il progetto in sé è azzardoso. In questi anni ho contribuito alla nascita di tante botteghe del mondo, con modalità da formichine: affitti bassi, grandi risparmi su tutto, lavoro solo volontario. Con Primo Vere abbiamo scelto una strada differente, anche perché la disponibilità di uno spazio ampio è decisiva per la riuscita del progetto, sia per le vendite sia per le attività culturali e di consulenza che intendiamo realizzare. Certo, partire con l’assunzione di due part time è una scommessa, ma non siamo più in una fase pionieristica, com’era quella del commercio equo qualche anno fa. Oggi crediamo che la nostra sia una proposta adeguata. Ci possiamo togliere il dubbio di vedere se funziona”.

L’emporio può essere un’evoluzione delle botteghe del mondo?

“Forse sì, ma dire che commercio equo, biologico e cooperazione sociale possono stare insieme, convivere nello stesso luogo, non è sufficiente. Bisogna vedere di che tipo di commercio equo, di biologico e di cooperazione sociale si parla.  A Pescara mettiamo insieme esperienze e progetti scelti con molta attenzione, e che esprimono grande valore sociale”.

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