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I farmaci? Sognateveli – Ae 36

Numero 36, febbraio 2003“I diritti delle società farmaceutiche vanno tutelati”. La presa di posizione degli Stati Uniti non è stata estemporanea (né isolata): di questi temi si è discusso per un anno. E la partita non è ancora chiusa“Nessuno sconto…

Tratto da Altreconomia 36 — Febbraio 2003

Numero 36, febbraio 2003

“I diritti delle società farmaceutiche vanno tutelati”. La presa di posizione degli Stati Uniti non è stata estemporanea (né isolata): di questi temi si è discusso per un anno. E la partita non è ancora chiusa

“Nessuno sconto sui farmaci”, oppure “Veto Usa sui farmaci anti-Aids”. Con titoli come questi, a dicembre, i quotidiani di tutto il mondo sono tornati sul problema medicine per i Paesi poveri. Ma quella degli Stati Uniti non è stata una presa di posizione estemporanea. Semmai l'epilogo di un fallimento: quello di un anno di negoziati finito in niente.

Negli uffici della Wto, a Ginevra, da un anno si cercava un'intesa, che invece non è stata raggiunta. Era l'ultima occasione per mantener fede all'impegno preso nel novembre 2001 a Doha, in Qatar, quando i membri dell'Organizzazione mondiale del commercio avevano individuato il 2002 come l'anno buono per risolvere -una volta per tutte- la questione dei costi dei farmaci nei Paesi in via di sviluppo. Farmaci indispensabili per la cura dell'Aids, della malaria, della malattia del sonno, tanto costosi da essere un privilegio inarrivabile.

La posizione degli Usa, che non hanno sottoscritto l'accordo, trova ragione nelle parole della delegata statunitense, Linnet Deily: “I diritti delle società farmaceutiche vanno tutelati”. Posizione sulla quale si sono appiattiti anche Unione Europea, Canada, Svizzera e Giappone, che poi sono i Paesi dove si concentra oltre l'80 per cento del mercato farmaceutico.

A novembre 2001, la dichiarazione di Doha sui Trips (l'accordo del commercio relativo ai diritti di proprietà intellettuale), sembrava aver costituito una svolta per i Paesi più poveri. Senza equivoci si affermava che “l'accordo sulla proprietà intellettuale può e deve essere interpretato e applicato in un senso che favorisca il diritto dei Paesi membri della Wto a proteggere la loro salute pubblica e, in particolare, a promuovere l'accesso ai farmaci essenziali”.

In effetti i Trips già oggi consentono ai Paesi in via di sviluppo di produrre per sé farmaci coperti da brevetto (ventennale), quando la situazione sanitaria lo rende indispensabile. È il cosiddetto meccanismo delle “licenze obbligatorie”. Ciò che l'accordo non chiarisce è cosa può fare uno Stato che non disponga del necessario apparato per produrre i farmaci di cui ha bisogno. Sinora l'interpretazione prevalente vietava di rivolgersi al mercato dei farmaci generici (cioè copiati), imponendo quelli “di marca”, a prezzi molto più alti. La Wto aveva quindi dato come mandato al Consiglio dei Trips di trovare una soluzione rapida a questo problema e di integrarlo nell'accordo generale della Wto prima della fine dell'anno 2002. Ma la soluzione non è arrivata, e le discussioni andranno avanti (l'appuntamento è stato fissato per metà febbraio). Un fallimento che ha deluso lo stesso direttore dell'Organizzazione mondiale del commercio, Supachai Panitchpakdi.

L'opposizione degli Stati Uniti ha bloccato anche la bozza concordata il 16 dicembre, di per sé già molto restrittiva e favorevole alle industrie farmaceutiche. Il motivo del no di Washington: l'accordo estendeva la possibilità di ricorrere ai generici per uno spettro troppo ampio di malattie, come il cancro o il diabete, che “non sono epidemiche al pari di Aids, malaria o tubercolosi”.

La posizione dei Paesi in via di sviluppo, in testa Brasile, India e Cina, invece è un'altra: i governi devono riservarsi il diritto di stabilire quali siano le malattie che costituiscono un problema di salute pubblica. E senza chiedere il permesso alle società farmaceutiche.

Una posizione sostenuta con forza anche dall'organizzazione Medici senza frontiere, che afferma: “La dichiarazione di Doha si riferisce semplicemente alla protezione della 'salute pubblica'. Nessuna logica di salute pubblica può pretendere di ridurre ad alcune malattie una politica definita in origine per aumentare l'accesso a tutti i farmaci essenziali”.

Inoltre “l'accordo non deve costringere i Paesi a negoziare 'caso per caso', o farmaco per farmaco, non deve comportare condizioni di applicazioni costose, né procedure superflue. Se il testo deve offrire una vera soluzione all'esportazione della produzione, bisogna che sia semplice, applicabile e automatico. Bisogna tenere a mente che se una soluzione giusta e razionale non viene trovata, i Paesi poveri non avranno la stessa facilità dei Paesi ricchi nell'utilizzare le licenze obbligatorie e quindi saranno i pazienti dei Paesi in via di sviluppo a pagarne le conseguenze”.

“Il fatto è che non stiamo parlando della Play Station -spiega Nicoletta Dentico, che di Medici senza Frontiere è il direttore della sezione italiana-. I farmaci non possono essere considerati un prodotto come un altro. Fino ad oggi invece è prevalsa un'interpretazione molto aziendale degli accordi sulla proprietà intellettuale. Noi puntiamo a ben altro”.!!pagebreak!!

Accesso gratuito alle cure contro l'Aids: il Brasile dimostra che è possibile anche a Sud
Dal 1996, il ministero della Salute brasiliano garantisce accesso universale e gratuito alle cure contro l'Aids. Da allora il numero di malati sotto trattamento è costantemente aumentato: dai 36 mila stimati del 1997 agli oltre 105 mila del 2001.

Anche le spese del governo per i farmaci anti retrovirali sono cresciute: dai 34 milioni di dollari del 1996 ai 232 milioni del 2001. Insieme alla garanzia di cura gratuita, il Brasile ha favorito la produzione domestica dei farmaci, per ridurre i costi. Nel 1999 il 47% degli anti retrovirali (pari al 19% della spesa totale affrontata) era stato acquistato presso aziende nazionali (nella maggior parte dei casi statali, e in minima parte private).

Il restante 53% dei farmaci era stato acquistato da società farmaceutiche estere.

Nel 2001 la componente di provenienza nazionale dei farmaci anti retrovirali è salita fino a coprire il 63% del totale (per costi però ancora inferiori alla metà del totale).

Alla fine del 2001 il Brasile era in grado di produrre sette dei tredici anti retrovirali utilizzati nella terapia contro l'Aids. I sei restanti il Brasile li acquista da società estere, ma riesce ad ottenere prezzi scontati. Lo fa minacciando di ricorrere alla licenza obbligatoria, che in base agli accordi sui Trips consente ad uno Stato di produrre un farmaco, anche se coperto da brevetto, al fine di preservare la salute pubblica.

Ad esempio nel febbraio 2001 il governo aveva annunciato di voler infrangere i brevetti di due farmaci delle società Roche e Merck, se queste non avessero abbassato i prezzi. Cosa che puntualmente è avvenuta.

Accesso ai farmaci: tre regole per tutti
Nei Paesi in via di sviluppo curarsi può essere un'impresa. Perché i farmaci costano troppo, perché non si trovano in commercio, perché nessuno si è preso la cura di produrli o perché quelli disponibili sono vecchi e non più efficaci. Anche per i medicinali quello africano, ad esempio, è un mercato abbandonato (che vale solo l'1% del totale). E un misero 1% della ricerca farmaceutica è dedicata alle malattie tropicali, nonostante numerose epidemie (alcune che si credeva debellate, come la malattia del sonno) mietano ogni anno migliaia di vittime. Medici senza Frontiere ha lanciato ormai da anni la campagna per l'accesso ai farmaci essenziali (www.accessmed-msf.org), che si fonda su tre pilastri: sorpassare le barriere di accesso -costi troppo alti o mancata produzione-, eliminare il monopolio che le industrie farmaceutiche esercitano con il sistema dei brevetti, stimolare la ricerca e lo sviluppo per le malattie “dimenticate” (neglected diseases), come la tubercolosi o la malaria.

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