Diritti / Attualità
“I Cpr vanno chiusi”. Marco Cavallo termina il suo lungo viaggio a Bari
L’ultima tappa per la statua equestre è quella di Bari dove si trova l’ennesima struttura che presenta condizioni disastrose. Il suo percorso tuttavia non finisce qui. L’iniziativa ha infatti permesso a molte persone di incontrarsi, di costruire nuove iniziative e riflessioni e di condividere la stessa idea di umanità e collettività. A partire da un pensiero comune: non basta riformare i Centri di permanenza per il rimpatrio, occorre chiuderli
Il viaggio di Marco Cavallo nei Cpr d’Italia si è concluso a Bari in un tiepido venerdì d’inizio ottobre. Mentre il sole scaldava a poco a poco la giornata, un presidio si è tenuto davanti al Cpr di viale Europa, struttura defilata dal centro cittadino e dalle spiagge che d’estate e durante la bella stagione si riempiono di turisti. Studenti e giovani attivisti, musica e un mare colorato di bandiere di stracci hanno animato il corteo tra le letture di brani sulla brutalità della detenzione amministrativa dei migranti nei Cpr. Cinque minuti di silenzio in ricordo delle vittime di tali disumane strutture sono stati osservati durante la manifestazione.
La Puglia ha il primato di avere due Cpr sul proprio territorio, spiega Filippo Cantalice dell’associazione 180amici Puglia: “Il Cpr Restinco di Brindisi e quello di Bari. In occasione della visita a quest’ultima struttura ad aprile 2024, insieme al deputato Marco Lacarra e a vari politici, sindacalisti e attivisti, abbiamo constatato le disastrose condizioni del Centro con 66 persone recluse in detenzione amministrativa senza aver commesso reati”. Si tratta infatti di un luogo che presenta un unico e lungo corridoio puntellato da minuscole stanze prive di areazione con bagni e docce sporche e insufficienti al numero di persone presenti nella struttura. “Confrontandosi con gli operatori dell’Ente gestore è emersa la presenza di un solo medico e un solo psicologo per poche ore -spiega Cantalice-. L’abuso di psicofarmaci era grande per cercare di sedare gli ospiti riducendo gli atti di auto ed etero aggressività inevitabilmente innescati da una condizione così disumana di detenzione”.
Sul piano architettonico, continua lo psichiatra, il Cpr trasmette un’angosciosa sensazione di restrizione carceraria di ogni libertà al pari delle cosiddette “Istituzione totali” che, come dichiarato da Franco Basaglia rispetto all’Ospedale psichiatrico di Gorizia nel 1961, non possono essere riformate. Va semplicemente preso atto che nella loro disumanità e psicogenicità “vanno chiuse nella prospettiva di ridare dignità e riconoscimento di diritti ai migranti che fuggono dalla miseria e dalle guerre provocate dai Paesi occidentali neocolonialisti e neoliberisti”. Marco Cavallo ha poi sfilato in un corteo proseguito fino al Comune cittadino, dove sono intervenute le diverse realtà che hanno preso parte al viaggio insieme al Forum salute mentale.
Anche Marina Angiuli del Gruppo lavoro rifugiati Ets evidenzia le condizioni della struttura: “Negli ultimi mesi le notizie che sono circolate hanno messo in luce che le condizioni delle persone trattenute sono precarie e soprattutto che ci sono molte difficoltà di accesso alle cure. Come in molte altri Cpr, gli ambienti sono insalubri, alcuni fatiscenti”. L’arrivo del Cavallo rappresenta qualcosa di più del semplice denunciare le condizioni di vita che persistono e caratterizzano la vita quotidiana all’interno dei Centri. “Porta un messaggio di libertà con la chiara richiesta della chiusura di tutti i centri di detenzione -specifica Angiuli-. Personalmente vorrei che Marco Cavallo lasciasse nei territori che visita la sua capacità di unire intorno a sé associazioni e persone impegnate su questa parola d’ordine comune”.
Durante l’incontro nella sala consiliare del Comune, Carlo Minervini, in rappresentanza del Forum nazionale della salute mentale, ha intervistato Peppe Dell’Acqua, psichiatra storico collaboratore di Basaglia, in collegamento da remoto da Trieste. Si sono poi succeduti diversi interventi di giuristi, attivisti, del presidente di Libera Puglia, di studenti e sindacalisti, tutti incentrati sulla disumanità e sulla necessità di eliminare i Cpr. Le loro posizioni hanno ribadito che, come il manicomio per Basaglia, queste strutture non sono riformabili, “ma soltanto da chiudere per lasciare spazio a tutte le forme di accoglienza rispettose della dignità umana”.

Dai partecipanti è inoltre arrivata la proposta che sulla facciata del Comune compaia anche la scritta “No ai Cpr”. Secondo Giovanni Cioni, regista che ha deciso di realizzare un documentario sul viaggio, “La cosa più importante è stata scoprire che ci sono tante persone che nei vari luoghi sono attive nella lotta contro i Cpr”. Quindi coloro che concretamente ricevono i messaggi da chi è rinchiuso nei Centri, portano pacchi, denunciano, fanno presidi, “e che non aspettavano certo il Cavallo perché da anni sono attivi”. In questa iniziativa tuttavia la statua equestre “è stata una specie di messaggero che ha unito i vari luoghi. Il suo viaggio ha permesso di collegare tante realtà in posti spesso sperduti”. Perché non è scontato che qualcuno che abita a Roma conosca Palazzo San Gervasio, e le realtà di Brindisi o Gradisca. “Ai confini tra la Basilicata e la Puglia, in terre dove chi ci abita ti dice che i giovani sono andati tutti via, o se ne stanno andando, e hanno lasciato agli abitanti solo i Cpr e le pale eoliche”.
Il film racconta gli incontri, le voci trovate lungo la strada, “che spesso non si ascoltano e le mette in collegamento con i luoghi di un’Italia che non vediamo mai”. Ed è in questo, ma non solo, che il viaggio del Cavallo continuerà: “Vogliamo proseguire perché ci sono altre persone che si sono aggregate nel corso del viaggio, altri che ci hanno contattati dalla Sardegna per fare qualcosa su Macomer”, dalla Sicilia e fino all’Albania.
Quello che l’iniziativa ha portato non è solo l’opportunità per nuove persone di incontrarsi e condividere un’idea di umanità e collettività, ma anche di costruire nuove iniziative e riflessioni capaci di confluire in nuove battaglie civili e sociali. Un simbolo che non è più soltanto tale ma un messaggio che diventa realtà.
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