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Approfondimento

I costi dell’informazione indipendente

L’editoriale del numero 114 di Altreconomia

Tratto da Altreconomia 114 — Marzo 2010

Bilanci alla mano, per l’editoria italiana il 2009 è stato un anno pessimo. Anche per Altreconomia, il cui il conto economico chiude con un meno. Solo che noi siamo spudoratamente diversi, e il perché ve lo vogliamo spiegare.Si dice che a lodarsi si fa peccato, però lasciateci qui mettere in fila una serie di elementi, con serena schiettezza e senza falsa modestia. Il primo: molte testate, anche storiche, lo scorso anno hanno chiuso. Molte invece hanno affrontato la crisi tagliando sui costi, ovvero pagando meno i collaboratori e licenziando alcuni dipendenti.
Altreconomia ha mantenuto il numero dei suoi lettori, conquistandone di nuovi. Non solo. Con cadenza regolare, veniamo interpellati da quotidiani, riviste, trasmissioni televisive. Ci vantiamo -ci perdonerete- di arrivare prima di altri su tante notizie e temi. In molti casi le nostre inchieste sono state riprese da altri media ben più noti di noi. A volte siamo stati addirittura copiati senza venir citati (nel giornalismo odierno capita più spesso di quel che sembri). Poco male: l’informazione non è un bene privato. Più circolano le notizie, meglio è per tutti. Però per noi fare informazione è un lavoro. E il lavoro si paga.
Con questo numero della rivista il prezzo di copertina sale a 4 euro, e quello dell’abbonamento a 38. Erano tariffe ferme da un paio d’anni, durante i quali la foliazione è passata da 40 a 52 pagine, e con regolarità abbiamo regalato a abbonati e lettori supplementi, dossier e materiale vario allegato alla rivista. Anni durante i quali abbiamo continuato a usare carta certificata e mater bi, abbiamo pagato tutti quelli che scrivevano per noi e chi ha scattato le foto che abbiamo pubblicato. Giusto per dare un po’ di trasparenza: il 60% del prezzo di copertina va in costo del lavoro (dipendenti e collaboratori), il resto per stampa e spedizioni. Rispetto alle entrate, il 60% dipende dagli abbonamenti, il 35% dalla vendita nelle botteghe del commercio equo e solo il 5% dalla pubblicità. Che nel 2009 è stata la grande assente che ci ha bucato il bilancio.
Noi non facciamo parte di chi banchetta al piatto dei contributi pubblici all’editoria. Non ne abbiamo mai fatto parte, non accadrà in futuro. Né abbiamo un editore facoltoso che possa ripianare le nostre perdite.
Noi abbiamo solo voi, nostri lettori e nostri soci. L’informazione indipendente è possibile e siamo qui per dimostrarlo. Ecco in che cosa siamo spudoratamente diversi.
E lo siete anche voi che ci leggete, voi che non vi rassegnate al Festival di Sanremo e alla tv spazzatura, ai giornali di partito e quelli degli industriali, all’informazione imbavagliata e opportunista. Ma l’informazione indipendente costa. Niente soldi, niente informazione.
Abbiamo bisogno di una mano e ci rivolgiamo a voi. Non per chiedere l’elemosina ma per invitarvi a fare due cose: continuare a leggerci (abbonandovi -da marzo anche in pdf- o comprandoci in bottega) e diventare nostri soci. Se pensiate costi troppo ecco un piccolo consiglio: liberatevi della tv e utilizzate i soldi risparmiati
del canone. Saranno spesi meglio.

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