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I cospiranti della terra

A Senigallia, in provincia di Ancona, l’esperienza di Mu.So., l’orto di mutuo soccorso dove il confine tra produttore e consumatore sparisce La ricchezza dell’orto, a primavera, è ancora chiusa nel “cassone caldo”. Una casetta di tufo dove sotto 10 centimetri…

Tratto da Altreconomia 106 — Giugno 2009

A Senigallia, in provincia di Ancona, l’esperienza di Mu.So., l’orto di mutuo soccorso dove il confine tra produttore e consumatore sparisce

La ricchezza dell’orto, a primavera, è ancora chiusa nel “cassone caldo”. Una casetta di tufo dove sotto 10 centimetri di terra c’è mezzo metro di letame, il cui calore aiuta a germinare i semi e le piantine. È nella foto qui sopra, a destra.
È sabato mattina, ed è un giorno di semina a “Mu.so.”, l’orto di mutuo soccorso di Senigallia. Alle nove sono già in quattro intorno al cassone. Uno è Alberto Pancotti e fa l’agricoltore biologico da trent’anni, quando dopo una laurea in Scienze politiche a Bologna ha scelto di tornare alla terra ed è stato tra i fondatori dell’Amab, l’Associazione marchigiana per l’agricoltura biologica. Gli altri, che scherzando lo chiamano “il direttore tecnico”, sono persone che stanno nei campi part-time: da un anno hanno scelto di sporcarsi le mani di terra per smettere di essere solo consumatori di ortaggi e verdure (anche se “consumatori critici”, all’interno di un gruppo d’acquisto solidale di Senigallia). E di iniziare a misurare in termini di tempo (quello necessario a zappare i solchi, a curare le piante e gli ortaggi) e di spazio (quello necessario ad accogliere i semi) il costo di pomodori, melanzane, cavoli e zucchine. Stanno seminando tre metri di broccoli, quanti bastano per 13 famiglie: un orto collettivo di 1.800 metri quadrati, se ben organizzato, può soddisfare il fabbisogno di tutte per un anno.
L’esperienza di Mu.so. è fondata sulla condivisione e sul lavoro volontario, ciascuno secondo le proprie capacità, per curare e far crescere il progetto. Obiettivo: “Uscire da ogni ratio mercantile, produrre solo quello che serve a noi dopo aver programmato semine e trapianti, e individuato spazi mentali e quindi anche materiali per lavorare personalmente nell’orto”. La lettera di Alberto Pancotti che abbiamo pubblicato sul numero 102 era arrivata in redazione a fine dicembre. Raccontava la sua storia, quella di un agricoltore biologico costretto a rinunciare a servire i gruppi d’acquisto solidale: “Dopo un autunno e un inverno di consegne di scarola, finocchi, cime di rapa e cavolfiori a un Gas di Senigallia, ho voluto effettuare un confronto tra i costi sostenuti e gli introiti realizzati. La remunerazione oraria non raggiungeva i cinque euro”. “Il prezzo -mi ha raccontato amaro Alberto, mentre sulla sua macchina lasciavamo la costa di Senigaglia per inerpicarsi verso l’orto, in contrada La Passera- viene fatto dai grandi produttori e dai grandi distributori sulla base dei loro costi. Non nasce sui campi, ma sui mercati. Finché uno ‘regge’, o se non esistono alternative di lavoro, si coltiva, altrimenti si smette”. Come hanno fatto quasi tutti gli orticoltori in questa vallata del fiume Misa, spinti fuori mercato. Dal mercato, però, si può scegliere di uscire anche da soli: 4 delle 10 famiglie che formavano il Gas sono passate subito dall’altra parte, quella dei produttori. E la rete Mu.so., cui hanno aderito fin dall’inizio altre tre famiglie, continua a crescere: “Oggi arriva la quattordicesima”, raccontano.
In una mattinata di aprile capiamo come le parole diventano pratica nell’orto biologico di mutuo soccorso: “C’è un quadernone, che è il regostro dove segniamo tutto ciò che facciamo. Così non abbiamo bisogno di telefonarci, e chi arriva sa sempre da dove riprendere il lavoro interrotto dagli altri. A monte stanno le riunioni in cui pianifichiamo il ‘raccolto’, in base alle esigenze di ogni famiglia”. Tra i solchi si scherza: “Siamo amici, molti di noi si conoscono da 35-40 anni”. C’è chi semina broccoli e chi è impegnato a eliminare le erbacce o a raccogliere senape ed erbe spontanee. E c’è Alberto che gira come una trottola, dispensando consigli e battute.  
Mu.so. non è un hobby da weekend, né un optional: “È un progetto in cui crediamo, e lo dimostra il fatto che stiamo spendendo soldi per portarlo avanti. Paghiamo un affitto all’aziende agricola, abbiamo costruito il ‘cassone caldo’, ed è quasi pronto anche l’impianto di irrigazione a goccia. L’idea di ‘futuro’ non ci piace, ma guardiamo al domani”. E quest’estate, coi prodotti dell’orto di mutuo soccorso, faranno per la prima volta anche conserve di pomodori e melanzane: “Così diamo la possibilità di partecipare anche a quelli, tra noi, che hanno meno possibilità di venire a lavorare la terra”. Poi i barattoli verranno divisi tra tutte le famiglie. A pranzo sediamo intorno a una lunga tavolata a ferro di cavallo nella vecchia stalla, riadattata a sala conviviale. Sono arrivate le “famiglie del Mu.so.”, mogli e figli degli uomini che hanno faticato nell’orto. Mangiamo 9 tipi diverse di erbe, riconosciute e raccolte pazientemente con l’aiuto delle vecchie del posto: “Ci preme mantenere e conservare la tradizione, le erbe di campo e quelle selvatiche come lessene, pappole e sprania. Perché si possano conoscere”.
Anche a tavola c’è un bel clima: “È la pace dei nostri vecchi, quando dicevano ‘Ah, che pace che c’è’, e non facevano riferimento al silenzio. A volte, quando son qui non riesco a nascondere l’emozione”. Dicono di “coltivare la ‘cospirazione’”, e lo fanno mettendo al centro della propria vita la manualità, “in un’epoca in cui l’uso delle gambe, delle braccia e della mano è esorcizzato o al massimo relegato a qualche mezz’oretta alla sera in palestra, a pagamento”.  Mu.so. non ha niente da dimostrare ma qualcosa ci tiene ad insegnarlo: “Gli orti non possono essere espulsi dalla città, non sono ‘zone di completamento’ come vengono definiti nei Piano di governo del territorio. Oggi dobbiamo diffonderci in campagna, come stiamo facendo, per riprenderci la città, perché l’orto è l’uomo”. E poi mi chiedono di sottolineare la loro opposizione agli organismi geneticamente modificati: “Il non orientamento al mercato e l’auto-riproduzione dei semi, che noi cerchiamo di fare al Mu.So, sono condizioni indispensabili per dare credibilità a questa battaglia”. Da portare avanti ispirati dai principi delle associazioni di mutuo soccorso, i cui soci si aiutavano nei casi di difficoltà. Anche oggi, che in gioco c’è il futuro del pianeta. Per informazioni e contatti: Alberto Pancotti, Strada della Passera 201, Senigallia (Ancona). E-mail: albepanco1957@libero.it, tel. 071-60683, cell. 368-221858.

Credito contadino
Se le banche non hanno a cuore l’agricoltura contadina, a “dar credito” ai piccoli produttori ci pensano i Gas. Questa è, ad esempio, la storia della relazione tra il gruppo d’acquisto solidale GasMo (www.gasmo.it) e l’azienda agricola di Alfredo Andreoli (vedi Ae 73), che produce mele, pere, verdure e ortaggi biologici a Schivenoglia (Mn). Ogni anno, per continuare le attività, Andreoli è costretto a richiedere mutui e prestiti. Nel 2009, però, il finanziamento -circa 4.200 euro- è arrivato da 27 famiglie del GasMo e di un altro Gas cittadino, che hanno preacquistato i suoi prodotti, facendo un calcolo sui consumi. Durante l’anno, passeranno a riempire il paniere, quando arriverà la stagione delle susine, dei kaki, dei fagioli o delle zucche. “Nel corso del 2008 abbiamo visitato più volte l’azienda, che Alfredo gestisce da solo, iniziando collaborazioni per sostenerlo. Con lui abbiamo insacchettato le mele sull’albero, per evitare i trattamenti, le abbiamo raccolte, abbiamo raccolto pomodori e fatto la ‘passata’ -racconta Enrico Cambi di GasMo-. Oggi facciamo un passo in più”. Informazioni: gasmo.info@gmail.com

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