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Ambiente

I Comuni che fanno la differenza

Agendo sui canoni versati da chi produce imballaggi si potrebbero abbattere le tariffe di gestione dei rifiuti. Migliorando il servizio. È la proposta avanzata dall’Associazione dei Comuni virtuosi in vista del rinnovo dell’Accordo quadro tra Anci e Conai, il consorzio nazionale degli imballaggi. Ma le trattative sono difficili, e così il vecchio -in scadenza nel dicembre 2013– è stato prorogato per tre mesi. Tratto da Altreconomia di dicembre 2013

Tratto da Altreconomia 155 — Dicembre 2013

La prospettiva da cui Ezio Orzes guarda i rifiuti è quella di Ponte nelle Alpi. È assessore alle Politiche ambientali e dell’energia, mobilità, agricoltura e gestione del territorio rurale, e l’ente che amministra -8.500 abitanti in provincia di Belluno- nell’estate del 2013 si è visto assegnare il premio “Comuni ricicloni” di Legambiente. Accade per  il quarto anno consecutivo: ormai la raccolta differenziata è arrivata all’87,6%.
Per un ente locale raggiungere questi risultati rappresenta un vanto, ma anche un investimento. È un costo: il “decreto Ronchi” del ‘97 e poi il testo unico dell’ambiente (152/2006) li chiamano per nome,  “maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata degli imballaggi”. Differenziare, cioè, è un valore misurabile, e rappresenta un aggravio nei conti di chi gestisce i rifiuti solidi urbani: sono costi che chi butta tutto insieme, in un unico cassonetto, non è in grado di quantificare, ma chi attua la raccolta porta a porta spinti, come il Comune di Ponte nelle Alpi, sì.
La raccolta differenziata, però, non è un optional: l’Italia avrebbe dovuto raggiungere entro il dicembre 2012 gli obiettivi fissati dall’Ue, cioè un 65 per cento sul totale dei rifiuti solidi urbani, che dodici mesi dopo per molti enti è ancora un miraggio. La risposta non può essere nascondere la testa nella sabbia, come immagina di fare il governo che nel “collegato ambiente” alla Legge di Stabilità 2014 propone di posticipare quest’obiettivo al 2020.

E l’impegno potrebbe partire proprio dagli imballaggi, che ormai rappresentano quasi un quarto dei rifiuti prodotti dalle famiglie italiane, 7,13 milioni di tonnellate su 29,9 milioni (di queste, il 46 per cento sono state riciclate). Per capire come fare, però, dobbiamo vedere carta, plastica, vetro, acciaio, alluminio e legno -cioè le sei tipologie di rifiuti classificati come imballaggi- come flussi di denaro, e non solo di rifiuti. Questi flussi sono due, e sono gestiti da consorzi che fanno capo a un Consorzio nazionale degli imballaggi, Conai. Il primo si chiama Contributo ambientale Conai, “Cac”, ed è pagato dai “consorziati”, che sono produttori ed utilizzatori di imballaggi. Per fare un esempio, chi produce le preforme in Pet, che poi diventeranno bottiglie, e chi le riempie di acque minerale e poi le commercializza. Il secondo sono i corrispettivi che i sei consorzi che fanno parte del “sistema Conai”  –Corepla, per la plastica, Comieco, per carta e cartone, Coreve, per il vetro, Cial, per l’alluminio, Ricrea, per l’acciaio, e Rilegno, www.sistemaconai.org– riconoscono ai Comuni in cambio della cessione della proprietà dei rifiuti differenziati e consegnati a piattaforme di raccolta e selezione: tecnicamente sono definite “materie prime seconde”.
Il calcolo di questi corrispettivi riguarda da vicino ogni cittadino, perché incide sulla bolletta dei rifiuti, che essa si chiami TIA o TARSU, TARES o TARI: il Comune “passa” quanto incassa alle società che gestiscono il ciclo dei rifiuti, e questo serve a calmierare le tariffe. Perché i costi della raccolta differenziata non dovrebbero finire in bolletta: i “maggiori oneri” per la raccolta degli imballaggi, rispetto alla raccolta del rifiuti tal quale, dovrebbero, per legge, essere coperti da un “contributo ambientale” che i cittadini versano quando acquistano ogni bene contenuto in un imballaggio.

Semplificando, funziona così: il cittadino quando acquista, ad esempio, un flacone di shampoo paga anche una piccola quota che gli verrà indirettamente restituita quando il Comune, che raccoglie in modo differenziato il flacone, riconsegnerà questo imballaggio alle piattaforme convenzionate con il sistema Conai. Ecco perché è fondamentale la determinazione del valore di questi flussi, che viene fatta con un “accordo quadro”, siglato dal sistema Conai e dall’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani. Nel 2012, sono stati 7.370 i Comuni che -sulla base del documento- hanno firmato una convenzione con il “sistema Conai”. L’accordo in vigore, però, scade a fine dicembre, e il “Comune riciclone” di Ponte nelle Alpi e gli altri enti che aderiscono all’Associazione dei Comuni virtuosi (www.comunivirtuosi.org) nell’estate del 2013 hanno deciso di provare a scriverne uno nuovo da protagonisti, e hanno le idee chiare su come intervenire, punto per punto.
Intanto, agli enti locali devono arrivare più soldi: secondo le stime dei Comuni virtuosi, basate su dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i “corrispettivi” riconosciuti dal sistema Conai per ogni tonnellata avviata a riciclo coprono meno del 20% dei “maggiori oneri della raccolta differenziata”. E non è vero che le risorse mancano: nel 2011 -l’ultimo anno di cui sono disponibili i dati completi- il “sistema Conai” ha generato ricavi per circa 820 milioni di euro, e di questi solo 297 milioni (pari al 36,3%) sono andati agli enti locali. Parlano i numeri, del resto: fino a dicembre 2013 la carta e il cartone valgono al massimo 42,42 euro la tonnellata, la plastica 291,62, il vetro 35,87, l’acciaio 86,77, l’alluminio 443,47, e da un confronto con altri Paesi europei l’Italia esce “sconfitta”. I “corrispettivi” riconosciuti oggi ai Comuni italiani sono infatti mediamente più bassi (per la plastica in Francia vengono riconosciuti 291,62 euro, quasi 7 volte rispetto all’Italia), e lo sono in assoluto se il confronto con Portogallo, Spagna, Francia e Olanda, (quello realizzato dall’Ente di studio per la pianificazione ecosostenibile dei rifiuti, www.esper.it, partner tecnico dei Comuni virtuosi nell’elaborazione di un dossier sull’accordo quadro Anci-Conai) si fa calcolando “la ‘media pesata’ dei corrispettivi, che tiene conto cioè dei quantitativi dei diversi materiali effettivamente conferiti”. In Italia, il corrispettivo massimo (teorico) è di 72,41 euro per tonnellata, contro i 210 del Portogallo, i 206 della Spagna, i 193 della Francia.
Poi, secondo i Comuni virtuosi è necessario allargare la “base”, cioè le risorse a disposizione. E qui sono due le strade da seguire: la prima riguarda il “mercato” di ciò che viene differenziato, che nel 2011 valeva 227 milioni di euro. Alcuni dei consorzi del sistema Conai, e in particolare Comieco e Coreve, sono stati in passato censurati dall’Antitrust perché cedevano senza gare, e al di sotto delle quotazioni di mercato, determinando -nelle parole dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato- una “opacità gestionale”. 
Ma la madre di tutte le battaglie è quella che si gioca sul Contributo ambientale Conai, che è un costo sostenuto da ognuno dei soggetti consorziati. Secondo l’Associazione Comuni virtuosi andrebbe aumentato, a differenza di quanto fatto in questi anni dal Conai, che dal 2010 ad oggi lo ha portato da 195 a 110 euro la tonnellata per la plastica, e da 22 a 4 euro (dal 1° ottobre 2013) per la carta e il cartone. L’Italia potrebbe, inoltre, seguire l’esempio della Francia, dove l’equivalente del Cac è commisurato all’effettiva riciclabilità dei materiali: gli imballaggi “perturbatrici della differenziata” sono penalizzati da un raddoppio del contributo.

“In Italia oggi è pari al 25% circa della media europea -spiega Orzes-. Del resto, il Conai -nato a seguito del ‘decreto Ronchi’ del ‘97- rappresenta i produttori e utilizzatori, che sono i ‘consorziati’, e promuove gli interessi dei propri associati, che non sempre coincidono con quelli dei Comuni. Per noi -continua- ogni imballaggio in circolazione è un costo, ed è nostro interesse che ce ne siano sempre meno in circolazione, e che questi siano sempre più riciclabili con costi economici ed ambientali bassi. Per i produttori, invece, ridurre il numero degli imballaggi in circolazione può risultare una perdita. L’interesse di chi produce le bottigliette in Pet non sarà mai che il numero di quelle in circolazione diminuisca”. Un esempio molto concreto, nel Paese primo consumatore in Europa di acque minerali, come raccontiamo da anni su imbrocchiamola.org: considerando un prezzo medio di 50 centesimi per una bottiglia da 1,5 litri di acqua minerale, il Cac vale 0,3 centesimi di euro, lo 0,66% del prezzo di vendita, contro i 5 centesimi in Germania, gli 11 in Norvegia e i 76 in Finlandia.
Nell’ambito delle trattative per il rinnovo dell’accordo quadro, anche il Consorzio nazionale degli imballaggi ha commissionato un’analisi comparativa sui “maggiori oneri” della raccolta differenziata, e l’ha affidata a Thesis Ambiente, società di Claudio Del Lungo, già assessore regionale all’Ambiente in Toscana negli anni Novanta.  Nel 2012, Del Lungo ha dato vita a una società di consulenza -Thesis- che ha fatturato circa 160mila euro con 60.389 euro di utile: “Abbiamo rilevato una forte variabilità sui costi, che dipende da tantissimi fattori, tra cui la densità della popolazione e l’organizzazione della raccolta differenziata, con punte d’eccellenza e situazioni disastrose sia nel porta a porta che nel sistema stradale, quello con i cassonetti -spiega ad Ae Del Lungo-. Abbiamo riscontrato un problema legato ai ‘costi indiretti’, quelli di strutture, che possono pesare il 4% sul totale ma arrivano a costituire anche il 32% dei costi della raccolta differenziata”. Più che all’efficacia del sistema Conai, pare suggerire Del Lungo, i Comuni dovrebbero guardare alle proprie partecipate, per migliorare efficacia ed efficienza della raccolta. Nell’autunno del 2006, quando si discuteva l’accordo Anci-Conai in vigore fino a dicembre 2013, Del Lungo -allora assessore a Firenze- partecipò alle trattative rappresentando i Comuni italiani, e definì il Conai “un sistema in cui pochi dettano le regole e nessuno controlla che queste vengano rispettate”.
“Sull’aumento dei corrispettivi siamo ottimisti: alla nostra iniziativa hanno aderito 200 Comuni, e le proposte sono state fatte proprie dall’Anci” racconta Luca Fioretti, sindaco di Monsano (An) e presidente dell’Associazione Comuni virtuosi. Il Conai -in un’audizione alla commissione Ambiente della Camera, a fine ottobre- ha consegnato un dossier, nel quale ribadisce di considerare i corrispettivi “mediamente adeguati”. E aumentare il Contributo ambientale Conai per il momento è un tabù. La partita è ancora aperta. —
 

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