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HIV-AIDS, i dannati del Lesotho

Giovani madri in attesa di una visita medica: solo il 72% delle madri sieropositive riceve una terapia mirata al parto per prevenire la trasmissione dell’HIV al nascituro - © Peter Casaer/MSF

Nel Paese africano, il 22% degli adulti sono sieropositivi. Medici Senza Frontiere ha lanciato i test a livello di comunità. La rubrica “Il volo a pedali”, a cura di Luigi Montagnini

Tratto da Altreconomia 187 — Novembre 2016

“Quando la settimana scorsa sono tornato a casa a trovare Thato e i bambini, sono passato dal chiosco di Samuel. Non lo vedevo da tanto tempo e mi è sembrato molto più vecchio. Aveva una tosse bruttissima. Appesa al banchetto c’era la maglia viola dei Lakers di Magic J. che mi ha chiesto Baholo, il mio figlio maggiore, ma non sono riuscito a comperarla. A vedere quel numero 32 mi si è rimestato il sangue e mi si sono riempiti gli occhi di lacrime. Abbiamo due cose in comune io e Magic J.: la pelle e l’HIV. Mi mancano però i suoi soldi e la sua faccia tosta. È stato coraggioso a parlare a tutti del suo stato, ma che cosa aveva da perdere? Aveva già vinto tutto quello che poteva vincere e con quello che ha guadagnato può permettersi tutte le terapie più moderne. Io invece non so se il prossimo mese riuscirò a sfamare i miei figli.

Non posso fare come Mpho e sua moglie Lebo, che sono diventati addirittura consulenti contro l’AIDS: tengono incontri in cui raccontano che l’HIV si può combattere e che prendendo le medicine si può condurre una vita normale. Lebo non riusciva a partorire il loro quarto figlio, ne aveva già persi due durante il parto, e allora Mpho si è convinto a portarla all’ospedale dei medici bianchi. È lì che si sono accorti che Lebo era infetta. Le hanno dato delle medicine che hanno fermato la malattia e dicono che Limpho, la bambina, non si ammalerà. Hanno fatto il test anche a Mpho e così ha scoperto che pure lui ha il virus nel sangue. Ora tutti e due, Mpho e Lebo, hanno terapie gratis all’ospedale dei medici bianchi. Senza i medici bianchi qui nessuno potrebbe permettersi le medicine. Io però non mi fido, ho paura che se vado da loro a prendere le loro medicine si venga a sapere. Perderei subito il lavoro. Ho faticato tanto per trovarlo in Sudafrica, dove pagano meglio che da noi.

Mi pesa stare lontano da Thato e dai bambini, ma forse in questo modo non rischio di trasmetterle la malattia. Non ho il coraggio di dirglielo, verrebbe a sapere che non sono un uomo fedele. Lo so che non dovrei, ma il lavoro in miniera è duro e qualche volta mi concedo qualche momento di piacere. Credo di essermi infettato così. Qui non lo sa nessuno. Neanche a casa però. Spero solo di non iniziare a tossire come Samuel. Anche Tau tossiva così, prima di mancare. Aveva perso sua moglie Lisebo pochi mesi prima. Adesso i loro tre figli vivono in casa con il fratello di Tau” (Paul D., Lesotho).

In Lesotho vivono poco più di 2 milioni di persone. Di queste, 310.000, il 22% degli adulti, sono sieropositive. Nel 2015 sono morte per AIDS 9.900 persone e ci sono state 18.000 nuove infezioni. 73.000 minori sono orfani a causa dell’AIDS. Solo il 42% della popolazione sieropositiva riceve un adeguato trattamento antiretrovirale e solo il 72% delle madri sieropositive riceve una terapia mirata al parto per prevenire la trasmissione dell’HIV al nascituro (dati UNAIDS 2016).

3.695: i nuovi casi di HIV diagnosticati in Italia nel 2014. Il 43,2% ha contratto il virus attraverso rapporti eterosessuali (Istituto Superiore di Sanità, 2015)

Il tasso di coinfezione HIV e tubercolosi è tra i più alti al mondo. MSF sta diffondendo nei suoi progetti in Africa i test a livello di comunità: consiste nel coinvolgimento di una comunità locale e nel condurre test porta a porta grazie all’impiego di operatori che non fanno parte del sistema sanitario nazionale. Così si convincono a sottoporsi al test per l’HIV persone nuove, che non conoscono il loro stato sierologico. L’adozione di strategie basate sulla comunità è essenziale in Africa occidentale e centrale, dove a malapena una persona su quattro dei 6,5 milioni di sieropositivi ha accesso alle cure.

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