Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti

Hacker-poliziotti d’Europa

Già altre volte – pensiamo alla cosiddetta Direttiva rimpatri – abbiamo dovuto constatare amaramente che il richiamo all’Europa come ultima spiaggia per la tutela delle libertà conculcate nel nostro disgraziato paese, è ormai qualcosa di superato. L’Europa, intesa in questo…

Già altre volte – pensiamo alla cosiddetta Direttiva rimpatri – abbiamo dovuto constatare amaramente che il richiamo all’Europa come ultima spiaggia per la tutela delle libertà conculcate nel nostro disgraziato paese, è ormai qualcosa di superato.

L’Europa, intesa in questo caso come struttura politico-burocratica sovranazionale, sta diventando un’entità di elaborazione politica e amministrativa che ben poco si differenzia dai singoli stati che la compongono.

L’ultimo esempio è indicato nell’articolo che segue, ripreso dal quotidiano Liberazione: vi si parla dei nuovi poteri investigativi attribuiti alle forze di polizia in ambito informatico. La tutela della privacy, ma sarebbe meglio dire della libertà, non è assolutamente una priorità.

 

L’Europa autorizza gli hacker di Stato

Neanche il tempo di leggere sulle pubblicazioni ufficiali la nuova normativa, che subito, Germania e Inghilterra si erano già adeguate. Lasciando intuire così, che cosa potrà capitare da qui a breve nel vecchio continente.
 

Si parla di libertà, di diritto alla privacy. Si parla del diritto degli utenti della rete di continuare a fare quello che hanno sempre fatto senza essere spiati. Di più: senza il rischio che qualcuno distrugga le loro «difese», lasciandoli nelle mani di chiunque voglia rubare i loro dati, i loro numeri riservati.
Fantascienza? In realtà è più o meno questo ciò che ha deciso l’ultimo consiglio dei ministri europeo. Il vertice dei governi ha dato il «via libera» ad una serie di norme che consentono l’ hacking di Stato , come già l’hanno chiamato. Che consente alle polizie di fare ciò che viene vietato ai pirati informatici.
D’ora in poi – anche se per essere precisi la normativa deve essere tradotta in ogni singolo stato in una legge che la recepisca -, d’ora in poi, si diceva, le polizie non dovranno più attendere l’autorizzazione dei giudici per poter «entrare» nei computer degli utenti.

Basterà che dopo – ma solo dopo – spieghino ai magistrati di avere avuto fondati sospetti che quel computer fosse utilizzato per qualche crimine. Per fare un paragone (a proporlo è Liberty, una delle tante associazioni per la difesa della libertà in rete che è insorta contro questo provvedimento): è come se la polizia sospettasse che un automobilista fosse passato al casello autostradale senza pagare il pedaggio e decidesse, senza chiedere il permesso a nessuno, di sfondare la porta del suo garage, far saltare il lucchetto dell’auto e compiere una perquisizione fra i sedili. Di più: in quel caso, l’automobilista non potrebbe non accorgersi di essere nel mirino degli agenti. Nel caso di un computer invece no: l’utente sarebbe osservato, spiato, «perquisito» senza neanche avere il minimo sospetto.
 

Senza contare un problema ancora più rilevante. Come sa chiunque abbia avuto a che fare anche solo una volta con un pc, il controllo a distanza di un sistema operativo – controllo da remoto – non può avvenire senza l’autorizzazione di chi possiede le password. O meglio: normalmente può avvenire solo con il consenso del proprietario. Ma in realtà il controllo da remoto di un computer, senza che l’utente se ne accorga, è esattamente quel che fanno i pirati informatici. Che introducono un trojan nel pc, un virus dall’apparenza innocuo – esattamente come il cavallo dell’epopea omerica – che, magari nascosto dentro una e-mail, si installa sul computer. In una partizione nascosta, irraggiungibile. E da lì si attiva. Così, tramite questo trojan, qualcuno – da lontano – può controllare il computer.
 

Senza l’autorizzazione del proprietario, non esiste altro mezzo per «entrare» e prendere possesso di un pc. Dunque, tutto fa pensare che la polizia ricorrerà ai virus, ai trojan, per perquisire questi ambienti virtuali. Magari lo farà spedendo posta elettronica che nel titolo racconta tutto un altro tema.
Qualcuno, in queste ore, si è già sbizzarito pensando alle grandi case produttrici di software antivirus che spesso lavorano a stretto contatto di gomito con le polizie specializzate. Scambiandosi informazioni, dati e conoscenze. Ora invece probabilmente comincerà una «gara» a superarsi, in cui perderà solo l’ignaro utente.

Tutto questo avverrà, avverrà in Europa. E’ solo questione di tempo. Anzi, in due paesi – come si è detto – non c’è più neanche tempo. Germania e Inghilterra, infatti, si sono subito – ben volentieri – adeguati alla nuova direttive. Hanno insomma già predisposto, o stanno predisponendo gli strumenti legislativi per varare l’hackeraggio di Stato. Al punto che il ministero degli Interni di Londra si è subito affrettato a spiegare che comunque saranno posti dei limiti, la polizia non avrà il potere assoluto e che, in ogni caso, ci sarà qualche forma di controllo. Nessuno comunque s’è sentito garantito da queste affermazioni. E così la rete sta studiando le forme possibili di mobilitazione. Si deciderà a giorni.
s.b.

da Liberazione dell’8 gennaio 2009

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati