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Caso Mered, la testimonianza della Guardia Costiera: “Il trafficante era a Dubai l’estate scorsa”

Durante l’udienza del processo contro il “Generale” dei trafficanti, un ufficiale della guardia costiera ha riferito nuovi elementi che potrebbero confermare l’ipotesi dello scambio di persona. Il giovane attualmente detenuto a Palermo, infatti, ha sempre dichiarato la sua innocenza. E a provarlo ci sono anche l’esame del Dna e un saggio fonico sulle telefonate intercettate del vero trafficante

L'uomo attualmente detenuto nel carcere "Pagliarelli" di Palermo e sotto processo con l'accusa di essere un traffiante di esseri umani

“Fino all’estate 2016, Medhanie si trovava a Dubai”. Lo ha riferito venerdì, durante un’udienza di fronte alla Corte d’Assise di Palermo, riunita nell’aula bunker dell’Ucciardone, il sergente Samuel Sasso del Nucleo speciale di intervento della Capitaneria di porto. A fornire l’informazione agli inquirenti italiani (che stavano indagando su una cellula romana dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina su mandato della Procura di Roma) è stata la polizia olandese. Sasso è stato chiamato a testimoniare durante il processo contro il presunto trafficante di uomini Medhanie Yedhego Mered, arrestato a Khartoum (Sudan) nel maggio 2016. Un processo su cui pesa il sospetto di uno scambio di persona: l’uomo detenuto nel carcere “Pagliarelli” di Palermo, infatti, ha dichiarato fin dal momento dell’arresto di chiamarsi Medhanie Tesfamariam Berhe. E di essere totalmente estraneo al business della tratta.

La fotografia che ritrarrebbe il vero trafficante all’interno di un bar di Dubai nell’estate 2016 aggiunge un ulteriore tassello a questa complicata vicenda. Sono gli uomini della guardia costiera a spiegare -tramite il materiale raccolto durante  migliaia di intercettazioni telefoniche- che Medhanie Yedhego Mered stava progettando di investire il denaro guadagnato con la tratta di esseri umani negli Emirati Arabi. Per farsi un’idea di quanto valesse la sua attività di trafficante, basti pensare che solo nel periodo compreso tra luglio e settembre 2014 e solo per quanto riguarda i pagamenti arrivati dall’Italia, il trafficante ha incassato circa 60mila dollari.

Dalla deposizione di Sasso sono emersi poi altri elementi relativi all’età del trafficante (34-35 anni) e il suo aspetto fisico, ricostruito dagli uomini della Guardia Costiera attraverso una mole impressionante di intercettazioni telefoniche. L’uso delle intercettazioni telefoniche e l’analisi dei vari profili Facebook intestati al presunto trafficante hanno permesso di ricostruirne la rete familiare del trafficante: il fratello, la sorella, la moglie (Lidya Tesfu, che vive in Svezia con il figlio) e l’amante (che vive in Israele e da cui Mered ha avuto una figlia).

Il fratello del trafficante, Mehrawi, rifugiato politico in Olanda, è stato interrogato dalla polizia olandese e il verbale di quell’interrogatorio, trasmesso agli uomini della Guardia Costiera assieme a una serie di fotografie. Oltre a quella che ritrarrebbe il trafficante a Dubai nell’estate 2016, ce ne sono altre estratte dal telefono di Mehrawi, che ritraggono il fratello.

Medhanie Yedhego Mered, soprannominato “il Generale”, è considerato uno dei principali responsabili del traffico di esseri umani lungo la rotta che collega la Libia all’Europa. Nel maggio 2016, un’operazione della polizia sudanese (in collaborazione con la National crime agency) ha portato all’arresto di un uomo, indicato come Medhanie Yedhego Mered, successivamente consegnato alla polizia italiana. Ma fin dal suo arrivo in Italia, il giovane arrestato ha dichiarato di chiamarsi Medhanie Tesfamariam Berhe e di essere un semplice pastore, totalmente estraneo al business della tratta. Ma per gli inquirenti di Palermo, questo nome sarebbe solo uno dei molti alias usati dal trafficante.

In questi lunghi mesi di processo, la tesi dello scambio di persona ha accumulato un numero sempre più consistente di prove. Tra le più recenti e più rilevanti, c’è l’esito dell’esame del DNA a cui si è sottoposta Meaza Zerai Weldai, un’anziana donna eritrea che ha dichiarato di essere la madre del ragazzo detenuto a Palermo. “La signora Meaza Zerai Weldai è la madre biologica di Medhanie Tesfamariam Behre. La probabilità di maternità è pari al 99,9999999998%”, si legge nella relazione di consulenza tecnica presentata dall’avvocato difensore, Michele Calantropo.

Il 16 novembre, invece, la Procura e la difesa si sono confrontate su quella che per i Pm di Palermo rappresenta la “prova regina”: il riconoscimento fonico dell’imputato. Per la difesa “nessuna delle voci anonime riscontrate nelle intercettazioni esaminate è compatibile con il saggio fonico rilasciato dall’imputato con un livello di confidenza del 99%”, scrive nella sua relazione Milko Grimaldi, fonico forense e direttore del Centro di ricerca interdisciplinare sul linguaggio dell’Università del Salento. Più vago il parere del perito incaricato dalla Procura Marco Zonaro: “Non posso confermare che sia lui, ma non posso nemmeno escluderlo con certezza”.

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