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Esteri / Intervista

“Guardando in faccia la disumanità della guerra. Da Gaza all’Ucraina”

Alcune persone osservano i resti della propria casa dopo un attacco russo su un edificio residenziale di Kyiv il 23 giugno 2025 © Svet Jacqueline/ZUMA Press Wire/Shutterstock / IPA

Andrea De Domenico è a capo dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha) in Ucraina, dopo anni nei Territori palestinesi occupati e nella Striscia. Fa il punto della situazione del conflitto dal febbraio 2022, riflettendo sulla quotidianità delle persone comuni e sulla guerra spudorata e brutale al diritto internazionale umanitario

“La sofferenza umana generata dalla guerra ha lo stesso volto, odore, rumore. La stessa colonna sonora. Ed è qualcosa a cui speravo l’umanità avesse voluto porre fine, o almeno porre limiti, con norme intese ad evitare gli eccessi, e invece da questo punto di vista la Striscia di Gaza e l’Ucraina si assomigliano. Avendo lavorato in entrambi i contesti rivedo quanto sia inefficace il sistema per contenere tutta questa sofferenza. Non so se sia per volontà o perché non abbiamo individuato il modo giusto ed efficace. So solo che c’è pochissima convinzione nel difendere quei valori, quei principi che l’umanità ambiva proteggere dopo la Seconda guerra mondiale”.

Dal dicembre 2024 Andrea De Domenico è a capo dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha) in Ucraina, dopo anni nei Territori palestinesi occupati e a Gaza. La sua lunga esperienza in zone devastate lo rende tra i più preparati osservatori della guerra ormai globale al diritto internazionale umanitario. Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare la situazione in Ucraina, a tre anni e mezzo dall’invasione russa e a pochi giorni dalla “Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina” che si terrà a Roma, il 10 e 11 luglio.

De Domenico, a che punto è il conflitto?
ADD Purtroppo ad un pessimo punto. Nonostante il tanto parlare di un possibile negoziato e vari canali aperti per tentare almeno una sospensione delle attività militari, la realtà nella quotidianità degli ucraini procede assolutamente in senso opposto. Il conflitto continua lungo un fronte di 1.200 chilometri. Un fronte enorme sia per chi combatte, sia per chi provvede all’assistenza umanitaria. L’impatto costante sui civili è evidente lungo la linea del fronte, ma la guerra coinvolge tutto il Paese, producendo qualcosa come 12 milioni di persone in stato di necessità. Ci troviamo ad avere a che fare con una quantità di bisogni immensa, catastrofica. Nei venti chilometri iniziali della linea del fronte la gente deve fondamentalmente decidere se stare in casa e rischiare la vita oppure arrendersi, lasciare tutto e diventare sfollata interna. Le autorità ucraine impongono l’evacuazione obbligatoria solo alle famiglie con bambini. Nelle ultime settimane le evacuazioni obbligatorie sono state estese ad alcuni villaggi nelle regioni di Sumska, Donetska, Kharkivska e Dnipropetrovska. Mi pare che siamo ben lontani dalla pace.

Come tentate di garantire l’assistenza umanitaria in un contesto del genere?
ADD L’assistenza umanitaria si muove lungo quattro direttrici. La prima è la risposta ai bisogni lungo la linea del fronte, cioè prendersi cura dei più vulnerabili attraverso l’operato diretto di ammirevoli Ong locali, visto che la presenza delle Nazioni Unite in quelle zone è limitata. Le Nazioni Unite hanno programmi di assistenza lungo il fronte ma non riescono ad essere sistematicamente presenti sul campo, e personalmente sto lavorando per rafforzare la nostra presenza. Dal fronte si registrano costanti movimenti di persone. Ma se i giovani e le famiglie con bambini spesso si muovono con mezzi propri, gli anziani o le famiglie con vulnerabilità hanno bisogno di assistenza per scappare. Perciò diamo anche supporto all’evacuazione, attraverso partner locali i quali però sono talvolta obiettivi di attacchi. Nella regione di Kherson ad esempio, una zona molto pericolosa, sono stati colpiti diversi operatori umanitari negli ultimi mesi.

A proposito di bombardamenti, che cosa osservate?
ADD Sono ovunque. Non c’è luogo nel Paese che sia davvero protetto da droni, razzi o missili balistici. È di fatto l’elemento più terribile: da Lviv a Sumy, da Kyiv a Kherson, si è costantemente esposti al rischio di essere colpiti. Quasi tutte le notti i bombardamenti colpiscono obiettivi all’intero territorio ucraino. Quindi la capacità di risposta degli operatori umanitari e del governo deve essere su tutto il fronte ucraino che a quel punto diventa di 600mila chilometri quadrati.

Dal “Situation Report” dell’Ocha Ucraina del maggio 2025

Cosa che ha prodotto un altissimo numero di sfollati interni.
ADD Esatto, verso i quali cerchiamo di garantire un supporto nella fase di emergenza. Va tenuto presente che oggi in Ucraina ci sono tre milioni di sfollati interni dal 24 febbraio 2022, ma ci sono anche gli sfollati del 2014. E a queste ultime persone, sfollate interne spesso con vulnerabilità multiple, il sistema umanitario non riesce a dare una risposta di lungo termine.

Sono i civili a rimetterci, sempre.
ADD Da gennaio a maggio di quest’anno il rischio per i civili in Ucraina è aumentato notevolmente a causa dell’intensificarsi delle ostilità e degli attacchi sempre più frequenti nelle aree urbane densamente popolate. Le vittime civili sono aumentate di quasi il 50% rispetto allo stesso periodo del 2024. La Missione di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina ha verificato che tra marzo e maggio 2025 sono stati uccisi 581 civili e 2.926 sono rimasti feriti, nelle zone prossime al fronte ed in tutto il territorio ucraino. Una caratteristica di questo conflitto, infatti, è che i bombardamenti non colipiscono rigorosamente obiettivi militari. Penso al missile balistico su Kyiv, a metà giugno, che ha raso al suolo un palazzo di 12 piani e fatto 28 morti. Tutto ciò è una palese violazione del diritto internazionale umanitario. Continuano i danni alle infrastrutture civili tra cui ospedali e scuole. A marzo sono state danneggiate o distrutte circa 60 scuole, rispetto ai 43 incidenti verificatisi in gennaio e febbraio. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha riferito che oltre il 20% dei bambini ucraini sotto i cinque anni non frequenta alcun programma pre-scolare a causa della guerra, principalmente per motivi di insicurezza, sfollamento e vicinanza alla linea del fronte. Ci sono bambini che, tra Covid-19 e guerra, a dieci anni non hanno mai messo piede in una scuola.

I soccorritori in azione a Kyiv dopo un attacco russo su un edificio residenziale il 17 giugno 2025. I morti civili sono stati 14 © Matt Rodier / IPA

Il tutto accade in un momento in cui l’intero sistema di supporto umanitario globale è stato messo sotto attacco dalla decisione dell’amministrazione Trump di smantellare l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid).
ADD Una scelta dagli effetti tragici, in parte già visibili, che si manifesteranno in tutta la loro durezza nella seconda metà dell’anno. Dico a livello globale, ed in misura più contenuta in Ucraina dove la quota degli aiuti Usa negli anni passati si era attestata a circa il 30%. La mia organizzazione invece sta già riducendo del 20% il personale effettivo a livello globale, e così stanno facendo altre organizzazioni delle Nazioni Unite. L’impatto maggiore di questa scelta statunitense in Ucraina sinora è stato soprattutto sentito dalle Ong, locali ed internazionali, che avevano beneficiato di importanti aiuti negli anni scorsi. Se uniamo tutto questo agli orientamenti strategici di cui si parla molto in tutta Europa in questi giorni, mi riferisco al riarmo, è evidente la portata dell’impatto negativo sul fronte degli aiuti umanitari. La solidarietà internazionale, principalmente supportata dagli stati del blocco occidentale, pare non essere più una priorità. Questo mi preoccupa, non tanto per l’impatto sulle Nazioni Unite o sulle Ong, ma soprattutto su milioni di donne, uomini e bambini la cui sopravvivenza dipende da quegli aiuti. Mi auguro si riesca preservare un minimo di umanità e con questo salvaguardare l’impianto del diritto internazionale umanitario.

Che cosa intende?
ADD Quest’anno le Nazioni Unite compiono 80 anni. Un compleanno amarissimo. Assistiamo infatti alla messa in discussione nella pratica della validità del diritto internazionale e umanitario, il cui rispetto è sempre stato sfidato dalla realtà dei conflitti e la reazione della comunità internazionale, almeno quella a cui ho assistito io in prima persona, è sempre stata mitigata ed inconsistente, con vari pesi e varie misure. Oggi quell’atteggiamento già colpevolmente mitigato è diventato spudoratamente palese, se non oggetto di aperta contestazione. Non c’è quasi più nessuno che prenda azioni decise di fronte alle violazioni del diritto internazionale umanitario. Va detto che almeno in Ucraina, a differenza di altri teatri di guerra, le denunce delle violazioni del diritto internazionale ci sono, anche se il movente non credo sia necessariamente la promozione del valore del diritto in quanto tale. Globalmente le iniziative concrete in difesa del diritto internazionale umanitario sono deboli, più di forma che di sostanza, e spesso lasciate nelle sole mani delle Nazioni Unite.

Andrea De Domenico. Ha lavorato in Palestina, Albania, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Kosovo, Pakistan e Stati Uniti © UNOCHA/Yurii Veres

Quante persone avete raggiunto con i vostri mezzi?
ADD Tra gennaio e maggio 2025 circa 3,5 milioni di persone hanno ricevuto almeno una forma di assistenza umanitaria in tutta l’Ucraina. Quasi 2,6 milioni di persone hanno avuto accesso a servizi di emergenza per l’acqua, i servizi igienico-sanitari e l’igiene, compresa la fornitura di acqua e il supporto al sistema idrico. Circa 1,8 milioni di persone hanno ricevuto aiuti alimentari e agricoli. Circa 872.000 persone hanno beneficiato di servizi sanitari migliorati e di forniture mediche essenziali. Quasi 452.000 persone hanno ricevuto alloggi di emergenza, articoli per la casa, sostegno per l’inverno e riparazioni domestiche. I servizi di protezione hanno raggiunto oltre 657.000 persone, tra cui quasi 400.000 bambini e caregiver che hanno ricevuto assistenza psicologica e protezione specializzata per l’infanzia.

Quali sono le zone più colpite dal conflitto oggi dal vostro punto di vista?
ADD Sumy e Kherson sono due località esposte ogni giorno alla violenza cieca della guerra. Le persone non hanno un momento di pace. A Kharkiv pure e con essa tutta la linea del fronte. Parliamo di villaggi in cui la gente è sotto continui attacchi di droni, missili e artiglieria. Ci tengo però a sottolineare che il logoramento psicologico, provocato dalle modalità con cui la guerra si manifesta, è ovunque. Non c’è notte dove l’allarme non suoni in tutto il Paese. In teoria tu dovresti capire se sta arrivando nella tua zona. L’allarme scatta quando i dispositivi (che siano droni o missili) partono, perciò lo devi “seguire” fino a che l’area potenzialmente mirata è circoscritta, e se ci sei dentro hai pochi minuti per metterti in salvo. Ogni notte le persone devono scegliere tra riposare, e quindi abbracciare il destino, oppure vegliare, seguendo le traiettorie dei missili e dei droni e nel caso scappare nei rifugi. I più fortunati trovano rifugio nei loro edifici, mentre i meno fortunati devono raggiungere una metropolitana o qualche altro luogo sicuro. Pensate che cosa significhi questo per una famiglia con bambini. Da quattro anni quasi questa è la quotidianità in Ucraina. È assurdo. Le mattine in cui vado in ufficio dopo una notte di allarmi ci sono alcuni colleghi con occhiaie profonde che si muovono come zombie, dopo aver passato la notte insonne nell’angoscia. Temo sia un meccanismo studiato e pensato a tavolino, con l’idea di terrorizzare ed erodere la determinazione della popolazione civile a resistere, spingendo un’intera nazione sull’orlo di una crisi di nervi.

Abbiamo parlato delle città ma avete conosciuto anche la dimensione dei villaggi rurali. Che cosa avete trovato?
ADD La stragrande maggioranza delle persone che aiutiamo sono anziani e anziane, consumati da vite dure, lavori di fatica, che sopravvivono delle loro piccole attività come agricoltori o di una minima pensione, o della combinazione delle due. In loro ho trovato una tristezza che lascia sgomenti, stampata sui loro volti, occhi spenti, lo sguardo fisso all’orizzonte, come cercassero una spiegazione a ciò che stanno vivendo, come cercassero la speranza da qualche parte. Ti guardano con incredulità, loro che speravano di finire in tranquillità la propria vita nel villaggio dove son nati e cresciuti, e che invece adesso sono costretti a scappare, hanno l’anima lacerata.

All’inizio di questa intervista diceva che sotto il profilo della disumanità della guerra e della sofferenza degli esseri umani, la Striscia di Gaza e l’Ucraina si assomigliano. Se contiamo i morti civili, però, la seconda impallidisce al cospetto della prima. Che cosa ne pensa, avendo conosciuto entrambe?
ADD Gaza è l’unico posto al mondo da cui non puoi scappare. E così rimane, disumano ed inaccettabile. In Ucraina le persone hanno almeno la possibilità di scegliere. Puoi rimanere, spostarti, andartene. Non dimentichiamoci che l’Unione europea ha attivato (mai l’aveva fatto prima) la protezione temporanea per i cittadini ucraini, garantendo loro mobilità e diritti in quanto “rifugiati”. Gaza invece è un territorio chiuso in cui osserviamo la semplice volontà di distruzione totale. L’assistenza umanitaria è sistematicamente boicottata, negata come strumento di guerra, e quando autorizzata in quantità minime, attraverso meccanismi in contraddizione con i principi fondamentali delle operazioni umanitarie (umanità, indipendenza, neutralità, imparzialità), viene sfruttata per fini militari. Nel silenzio complice della maggioranza della comunità internazionale. Mesi fa, quando abbiamo presentato insieme il vostro podcast “La guerra dei giornalisti” di Anna Maria Selini al Senato, dicevo “attenti, salvaguardiamo quel poco di umanità che ci resta”. Beh, a Gaza l’abbiamo persa e sepolta sotto le macerie. Siamo alla bestialità assoluta, all’aberrazione totale.

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