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Golfo tra diritti civili e moneta unica – Ae 38

Numero 38, aprile 2003Un mercato comune entro due anni ed una sola valuta entro il 2010. Appena prima del conflitto alcuni Stati arabi hanno tracciato il futuro condiviso per lo sviluppo dell'area. Ecco le questioni aperteIl vertice annuale della Lega…

Tratto da Altreconomia 38 — Aprile 2003

Numero 38, aprile 2003

Un mercato comune entro due anni ed una sola valuta entro il 2010. Appena prima del conflitto alcuni Stati arabi hanno tracciato il futuro condiviso per lo sviluppo dell'area. Ecco le questioni aperte

Il vertice annuale della Lega Araba doveva svolgersi a fine marzo nel Bahrain, praticamente al fronte e in piena guerra.

Doveva essere l'occasione per parlare di sviluppo e rilancio economico dell'area. Invece l'incontro è stato anticipato a Sharm el Sheik, nel Sinai, il 2 marzo e l'argomento principale è stata la grave situazione internazionale.

Secondo i programmi originali, l'agenda prevedeva la discussione di cinque documenti dedicati al commercio, ai servizi, al mercato e al movimento del lavoro nel mondo arabo. Ma, ancora una volta, soffocato dall'emergenza bellica, il vertice della Lega Araba ha dedicato solo pochissimo spazio alle questioni socio-economiche, di cui avrebbe invece disperatamente bisogno. Così, durante il vertice, i soli Paesi che aderiscono al Consiglio di Cooperazione degli Stati Arabi del Golfo (Gcc: Arabia Saudita, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman e Kuwait) si sono riuniti per trovare uno spazio per il dialogo economico e hanno approvato, in via definitiva, la realizzazione di un mercato comune entro due anni e una moneta comune entro sette anni, a indicare che il loro sguardo è rivolto fisso al futuro nonostante il disastro della guerra che li ha trascinati nell'occhio del ciclone.

Le basi dell'unione economica che questi Paesi vogliono creare erano state poste già nel 1980, ma solo verso la fine degli anni '90 i lavori hanno iniziato a procedere velocemente. I Paesi Gcc possiedono gli elementi necessari per l'unificazione: la prossimità geografica, l'unità linguistica e i potenziali materiali e umani. Ma l'eterogeneità delle ricchezze, la sproporzione nel livello di reddito e il diverso livello di sviluppo avevano reso problematica l'attuazione del mercato comune.

Con la riduzione dei dazi doganali del 50% nel gennaio 2002, seguita all'accordo per una zona di libero scambio nel 1998, i Paesi Gcc hanno accelerato i processi di integrazione e sembrano ora intenzionati a tagliare il traguardo nei termini fissati, consapevoli delle difficoltà da risolvere: la riduzione dei dazi ha sì prodotto un aumento del 37% degli scambi tra i Paesi membri, ma il commercio interno all'area non supera ancora l'8,5% del commercio totale, petrolio incluso, a fronte di uno scambio commerciale con il mercato asiatico e il mercato europeo pari al 40% ciascuno.

Un panorama che dovrebbe cambiare quando le economie nazionali avranno completato la diversificazione della produzione avviata da tempo con forti investimenti nel settore petrolchimico, metallurgico e agroalimentare, per non dipendere esclusivamente dal petrolio.

Il primo Paese Gcc che ha iniziato questo processo è stato il Bahrain, il più povero in risorse naturali, seguito a ruota dagli altri Paesi, nei quali sono sorti, un po' ovunque, nuovi distretti industriali.

Oggi gli sforzi maggiori sono compiuti dall'Arabia Saudita dove le iniziative per fare fiorire il deserto si stanno moltiplicando. Il governo ha realizzato imponenti impianti di desalinizzazione e sussidia generosamente l'agricoltura e la pastorizia: il raccolto di grano e pomodori e la produzione di latte e formaggio aumentano di anno in anno e cominciano a causare qualche seria preoccupazione tra gli esportatori europei.

Il principe reggente Abdullah ha avviato una cauta ma progressiva riforma delle strutture economiche per allinearsi alle economie degli altri Paesi del Golfo, ma senza urtare la sensibilità dei leader religiosi più integralisti.

Il cambiamento non può prescindere dalla storia e dalla religione islamica: la costituzione del Paese è il Corano e la tradizione commerciale affonda le sue radici nei versetti sacri.

La Scuola giuridica saudita appoggia fortemente il commercio, tanto che offre alla donna, che ha compiuto 16 anni, il diritto al pieno controllo dei propri beni.

Il commercio, dunque, prima di tutto. Prima della libertà di espressione, del voto politico, dei diritti civili. Gli emirati più piccoli hanno da tempo iniziato un processo di democratizzazione e di riforme strutturali, ma il cammino per lo sviluppo umano è ancora tortuoso.

I Paesi del Golfo guardano allo sviluppo principalmente in chiave economica e sono stanchi del vecchio e immutabile Medio Oriente, dei sistemi burocratici e delle querelle politiche tra i Paesi della Lega Araba che impediscono di trattare di questioni economiche. La moneta comune, prevista per il 2010, è uno strumento necessario per distinguersi dagli altri Paesi arabi e integrare profondamente il sistema economico e finanziario all'interno della regione.

Non sarà tuttavia un traguardo facile da raggiungere e presuppone che i Paesi interessati sappiano integrare le volontà politiche e il coordinamento economico. Tra le tappe da raggiungere spiccano la convergenza dei tassi di cambio (i Paesi Gcc hanno già da tempo ancorato la loro valuta al dollaro), il controllo del rapporto Pil/debito, l'armonizzazione fiscale, i tassi d'inflazione, e la creazione di istituzioni sovraregionali, come ad esempio una banca centrale.

È lo stesso percorso tracciato dall'Unione Europea per arrivare all'euro, anche se le differenze tra i due blocchi regionali sono molto profonde.

L'unione economica e monetaria europea è stata preparata dalla creazione di organi sovranazionali democraticamente eletti dai cittadini dei singoli Stati, nella prospettiva di una maggiore integrazione sul piano politico e sociale. Invece, nei Paesi Gcc, la democrazia e la partecipazione civile alle questioni dello Stato non sono ancora un diritto fondamentale; esprimere un'opinione diversa o trovarsi in contrapposizione con la classe dirigente può costare il carcere o persino la vita.

In una regione che vuole integrare i propri mercati, anche le politiche del lavoro diventano prioritarie.

Oggi nei Paesi del Golfo, la disoccupazione giovanile è diventata un'emergenza seria. Il problema nasce da un alto tasso di crescita demografica e da sistema di educazione e formazione che non prepara i giovani a entrare nel mondo del lavoro. La maggior parte degli universitari è iscritta alle facoltà di teologia e letteratura o sono troppo ricchi per doversi preoccupare di trovare un'occupazione.

L'altra causa della disoccupazione giovanile è rappresentata dallo sfruttamento di manodopera straniera a basso costo (vedi Ae 36): in questi Paesi non si “forma ” manodopera, ma si “compra”.

Per provare a invertire questo trend e a preparare i giovani a inserirsi nei nuovi contesti produttivi in via di realizzazione, i governi dei Paesi del Golfo hanno deciso di avviare una serie di misure per incentivare le aziende a assumere giovani locali e organizzare dei master post laurea di formazione professionale.

Alla King Fahd University for Petroleum and Minerals nella città di Dhahran sul Golfo Arabo, nella provincia orientale dell'Arabia Saudita, sono stati avviati nuovi corsi di specializzazione che attirano giovani da tutta la regione, e ogni mattina sciami di studenti del Bahrain attraversano il ponte sospeso sul mare per raggiungere l'università.!!pagebreak!!

Lega araba, capostipite delle unioni regionali
I Paesi del Golfo hanno una lunga tradizione di cooperazione transfrontaliera. La Lega Araba è uno dei primi esperimenti di integrazione regionale al mondo con finalità economiche, politiche e militari: nasce nel 1945 al Cairo. Organo principale della Lega araba è il Consiglio, che riunisce ogni sei mesi i capi di Stato e di governo dei Paesi membri. Il Consiglio è assistito da un segretariato, che ha sede al Cairo, e da sei consigli permanenti.

La Lega Araba ha posto le basi per un'azione comune araba attraverso la creazione di istituzioni, trattati, convenzioni, accordi e risoluzioni, ma è stata periodicamente indebolita dalle rivalità interne, dalle contrapposizioni tra Paesi filo occidentali e non, dal diverso atteggiamento tenuto verso Israele e verso le periodiche crisi dell'area. Le manifestazioni delle scorse settimane sotto la sede della Lega Araba al Cairo sulla guerra contro l'Iraq sono solo l'ultimo esempio. Per rimediare agli scarsi risultati ottenuti dalla cooperazione della Lega araba, soprattutto sul piano economico, negli anni si sono formati nuovi raggruppamenti regionali, tra cui il Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc, 1981), il Consiglio per la cooperazione araba e l'Unione del Maghreb arabo (1989). Anche in questo caso però i risultati sono stati contrastanti: se il Gcc ha, infatti, tutti gli ingredienti per attuare una vera cooperazione, le altre due iniziative si sono inceppate e hanno abbandonato i lavori comuni.

Maghreb: è l'Unione Europea il principale partner d'affari
L'Unione Europea è di gran lunga il partner principale economico dei Paesi del Maghreb: assorbe oltre il 70% delle esportazioni maghrebine e fornisce oltre il 60% delle importazioni; i Paesi europei sono anche i principali investitori e finanziatori dell'area.

Le intense relazioni economiche con l'Unione Europea implicano la dipendenza delle economie dal ciclo economico europeo per i Paesi maghrebini che hanno scelto una strategia di sviluppo fondata sul settore esportatore (Marocco e Tunisia).

Una recessione in Europa riduce la domanda di prodotti maghrebini, con conseguente comparsa di fenomeni recessivi anche in Maghreb (la dipendenza dal mercato francese è particolarmente forte).

Ne consegue la necessità di coordinare le politiche economiche maghrebine con quelle europee, per quanto riguarda soprattutto la politica valutaria e quella monetaria. La forte dipendenza delle relazioni con l'Unione Europea ha, come risvolto negativo, che i Paesi del Maghreb abbiano tra di loro relazioni economiche limitate, le quali non hanno fatto progressi neppure dopo la costituzione, nel 1989, dell'Unione del Maghreb Arabo.

Ma Giordania e Israele preferiscono gli Stati Uniti
Vanno per la loro strada Giordania e Israele, che con il sostegno americano hanno avviato delle iniziative di cooperazione economica: le cosiddette “Zone industriali qualificate”, le quali beneficiano dell'accesso al mercato statunitense in esenzione da dazi. Condizioni: che siano il risultato di una cooperazione industriale giordano-israeliana e che almeno il 35% del loro valore derivi da attività svolte in una stessa Zona.

Rapporto delle Nazioni Unite
Sviluppo arabo, tre nodi irrisolti

Il rapporto 2002 sullo Sviluppo umano pubblicato dall'United Nations Development Programme (Undp) sottolinea i principali paradossi dello sviluppo umano del mondo arabo. La regione presa in considerazione dall'Undp comprende i 22 Paesi membri della Lega Araba, che contano 280 milioni di abitanti e la più alta percentuale di popolazione al di sotto dei 14 anni (38%). Tra gli aspetti positivi emersi nel rapporto, vanno annoverati l'aumento dell'aspettativa di vita (che è cresciuta di 15 anni negli ultimi tre decenni) e la riduzione di due terzi del tasso di mortalità infantile. Inoltre, si evidenzia come il reddito pro capite di questa regione sia più alto rispetto a quello di altri Paesi in via di sviluppo. Ma la ricchezza nei Paesi arabi non è proporzionale allo sviluppo umano. Sono tre i nodi di particolare preoccupazione evidenziati (cfr. www.undp.org/rbas/ahdr/english.html)

Libertà: esiste un deficit di democrazia che deriva principalmente dalla permanenza delle autocrazie, caratterizzata da un esecutivo che esercita un controllo significativo su tutti gli altri poteri dello Stato, e che molto spesso, non è sottoposto ad alcun tipo di controllo istituzionale; dalla repressione della libertà di espressione e di associazione e dalla carenza o dalla totale assenza di democrazia rappresentativa.

Emancipazione femminile: nel mondo arabo le donne non vengono considerate cittadini a tutti gli effetti. Nonostante negli ultimi 30 anni il tasso di alfabetizzazione femminile sia cresciuto, ancora oggi una donna sue due non sa leggere né scrivere. Il grado di partecipazione delle donne alla vita politica ed economica è il più basso del mondo. Nella classifica stilata da Undp in base al grado di emancipazione femminile i Paesi arabi si collocano tra gli ultimi posti.

Istruzione: nonostante i Paesi arabi spendano per l'istruzione una percentuale maggiore del proprio Pil rispetto a quella degli altri Paesi in via di sviluppo, la qualità del sistema scolastico non è tra le migliori. Il tasso di analfabetismo è ancora molto alto: 38,7% nel 1999, 65 milioni di adulti analfabeti, e di questi, due terzi donne.

E circa 10 milioni di bambini non ricevono istruzione. Ciò implica una forte arretratezza della regione nel campo della ricerca scientifica e dell'information technology. Un altro aspetto, è la scarsa crescita culturale e artistica.

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