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Ambiente / Attualità

Gli allevamenti intensivi a Modena e gli impatti sul territorio

A Modena è in discussione l’ampliamento di un allevamento di bovini da latte fino a 1.350 capi. Le associazioni denunciano l’insostenibilità del progetto in un territorio già segnato da un elevato numero di siti intensivi. Nel Comune di Modena ci sarebbero infatti tra i 100 e 200 suini e tra i 20 e 50 bovini per chilometro quadrato

Foto d'archivio - Jo-Anne McArthur-Unsplash

Il possibile ampliamento di un allevamento di bovini da latte alle porte di Modena ha portato nel maggio 2021 associazioni e comitati locali a denunciare gli impatti che il progetto avrebbe sulla salute pubblica e sull’ambiente. Il caso riguarda l’allargamento dell’azienda Hombre, situata in località Corletto, a circa sei chilometri dal centro storico della città di Modena, e ha riaperto il dibattito sugli effetti determinati dalle attività zootecniche sul territorio. L’obiettivo dell’azienda è ingrandire le sue strutture e aumentare il numero di capi di bestiame allevati. Secondo il Piano di sviluppo aziendale (Psa) presentato al Comune di Modena nel luglio 2020 e ora, nel febbraio 2022, in corso di valutazione, la richiesta è quella di ampliare gli attuali 71mila metri quadrati di superficie impermeabilizzata (che coprono 264 ettari) a 167mila metri quadrati e di passare dagli attuali 630 capi bovini a 1.350.

Stando ad associazioni e comitati -come Medici per l’ambiente, Lav, Distretto economia solidale di Modena, Italia Nostra e Cittadinanzattiva Emilia Romagna- questo avverrebbe in un contesto già segnato dalla presenza di allevamenti. Nel Comune di Modena la concentrazione dei capi di bestiame -ricostruita dalle associazioni attraverso richieste di accesso civico alle Ausl e a ricerche sui siti istituzionali ufficiali- sarebbe tra i 100 e 200 suini per chilometro quadrato e tra i 20 e 50 bovini per chilometro quadrato. Un dato “preoccupante” affermano le associazioni che sottolineano le difficoltà incontrate nel riuscire a ottenere le informazioni (non è disponibile il dato sulla “densità” dei bovini a livello nazionale ma Istat riporta che al dicembre 2020 il totale dei bovini in Italia era pari a 5.993.015 capi). Secondo le stesse, il progetto di ampliamento dell’azienda presenta alcune criticità che lo rendono “insostenibile” in un “territorio già pesantemente deturpato dalla presenza di un numero elevatissimo di allevamenti intensivi”. Ricostruite e analizzate all’interno di un rapporto pubblicato nel dicembre 2021, le problematiche riguardano il futuro smaltimento dei liquami, le conseguenti emissioni di ammoniaca e di gas serra climalteranti, l’impermeabilizzazione del suolo agricolo nonché la gestione dei futuri controlli sulle attività zootecniche.

Secondo il rapporto “Mal’aria” pubblicato da Legambiente nel febbraio 2022, Modena nel 2021 si è collocata tre le 17 città italiane più inquinate da PM10. Nella Regione, secondo la relazione di monitoraggio contenuta nel rapporto “Pair 2020 Emilia-Romagna”, le attività agricole sono responsabili della quasi totalità delle emissioni di ammoniaca (oltre il 98%) e contribuiscono in modo sostanziale alle emissioni di metano (oltre il 45%) e di protossido d’azoto (oltre l’85%). Il maggior contributo alle emissioni di ammoniaca deriva dagli allevamenti (72%). Nel Comune di Modena le attività agricole sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni di ammoniaca. Secondo lo stesso rapporto, in Emilia-Romagna i settori che più contribuiscono alla formazione delle cancerogene polveri sottili nell’aria sono l’agrozootecnia (19%) e il traffico pesante dei mezzi agricoli e non agricoli (21%).

A essere compromessa non è solo l’aria ma anche la qualità delle falde acquifere sotterranee cui afferiscono i pozzi degli acquedotti comunali. Secondo quanto ricostruito dalle associazioni, in provincia di Modena questa è “preoccupante” e in varie zone i controlli di sanità pubblica hanno rilevato una concentrazione di nitrati superiori o tendenzialmente superiori ai limiti normativi per l’acqua potabile. In Emilia-Romagna la Regione ha individuato nove Zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (Zvn), aree in cui gli standard di qualità ambientale fissati dalla normativa dell’Unione europea sono già stati superati. La Pianura Padana copre il 66,6% dei territori nazionali classificati come Zvn.

Secondo il Dpr 236/88, che attua la direttiva Cee concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, il valore guida (Vg) per la salute umana per i nitrati è 5 mg/litro ma la concentrazione massima ammissibile (Cma) è 50 mg/litro. Secondo i dati pubblicati dalla Ausl di Modena aggiornati al 2019, la concentrazione media di nitrati nell’acqua pubblica risulta entro i limiti normativi di 50 mg/litro. Ma in vari Comuni della Provincia di Modena, scrivono le associazioni, la situazione “non appare troppo rassicurante”. In alcuni Comuni della Bassa Modenese, il valore risulta essere 36mg/litro, mentre a Formigine e Maranello 31mg/litro.

Il Piano di sviluppo aziendale, come detto, è stato presentato dall’azienda Hombre al Comune di Modena nel luglio 2020. Nell’aprile 2021 si è tenuta la prima Conferenza dei servizi per esaminare il progetto che è in fase di istruttoria e in attesa della seconda Conferenza. Secondo l’analisi portata avanti dei comitati, una criticità del Psa riguarderebbe il numero di capi di bestiame che sarebbero accolti una volta ampliate le strutture. Nella relazione urbanistica presentata nel 2020, approvata dalla giunta comunale, sono dichiarati 1.200 bovini. Nella relazione agronomica, depositata successivamente, sono dichiarati 1.350 bovini. Nelle richieste di esonero dalla pratica di screening e di Valutazione di impatto ambientale (Via), sono riportati invece 1.170 bovini. Non si avrebbero informazioni precise nemmeno sugli ettari a disposizione dell’azienda: nel Psa sono allegati contratti per circa 48 ettari in affitto di cui la maggior parte sarebbero scaduti tra novembre 2020 e marzo 2021. “Questa difformità dei dati appare strana anche perché su di essi si basano tutti gli altri dati sulle emissioni di ammoniaca in atmosfera e il rischio di inquinamento azotato dei terreni”, si legge nel rapporto.

“Riteniamo che l’attuazione di un progetto di questa portata vada nella direzione esattamente contraria rispetto alla transizione ecologica che dovrebbe incentivare la riduzione degli allevamenti in favore di un’agricoltura sostenibile ad uso umano”, scrive Lav nella petizione, lanciata su Change.org che a oggi ha raccolto più di 54mila firme, che chiede di non autorizzare l’ampliamento dell’allevamento. Associazioni e comitati lanciano anche proposte per incentivare forme di allevamento basate su modelli sostenibili. Tra queste, evitare l’accentramento di grandi numeri di bestiame in una sola area e sviluppare modelli di agroecologia “in un’ottica di equità, inclusione e benessere sociale, di salvaguardia del paesaggio rurale, delle tradizioni del territorio e della biodiversità”.

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