Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Economia / Opinioni

Giorgia Meloni ha dimostrato di non sapere che cosa sia lo spread e come funzioni

© governo.it

“Lo spread oggi è sotto i 100 punti base. Significa che i titoli di Stato italiani vengono considerati più sicuri di quelli tedeschi”. Lo ha detto la presidente del Consiglio il 14 maggio intervenendo alla Camera. Un’assurdità. Tra strafalcioni ed equivoci si continua a consegnare alla finanza la regolazione dei costi finanziari la quale, com’è ovvio, non si preoccupa degli effetti negativi sul sistema. L’intervento di Remo Valsecchi

Lo spread oggi è sotto i 100 punti base. Significa che i titoli di Stato italiani vengono considerati più sicuri di quelli tedeschi“. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 14 maggio intervenendo alla Camera.

Un’assurdità. Meloni dimostra di non sapere che cosa sia lo spread e come funzioni ma questo non meraviglia, è tipico dei politici parlare di cose che non conoscono alla ricerca di un’inutile autoreferenzialità che li fa diventare tuttologi senza rendersi conto che il tuttologo, generalmente, è chi parla del nulla pur ignorando l’argomento. 

Non è una caratteristica solo dell’attuale presidente del Consiglio, forse è più marcata per effetto dell’arroganza e spavalderia, è una caratteristica di tutti coloro che, purtroppo, hanno governato il Paese. Forse non è un caso che l’Italia sia in pessime condizioni economiche e sociali. 

Tornando a noi: possibile che la politica non sappia che cos’è lo spread?

Meloni, con soddisfazione, ha detto che lo spread è sceso sotto i 100 punti base. Primo punto: non essendo lo spread un indice non esistono “punti base”, è lessicalmente e tecnicamente sbagliato. Lo spread è sceso sotto un punto percentuale rispetto ai titoli di Stato tedeschi (Bund) che non sono una base e tanto meno sono 100. 

Non è un sofisma è sostanza, specialmente se queste affermazioni sono fatte in sede parlamentare da chi è delegato al governo del Paese. Quando si fa riferimento a un indice “base” si intende un obiettivo ottimale da perseguire o un punto di partenza mentre nel caso specifico indica che il costo dei Buoni ordinari del Tesoro a 10 anni italiani è un punto percentuale superiore a quello del Bund a 10 anni tedesco e nessuno ha stabilito che il rendimento dei titoli di Stato tedeschi sia un obiettivo o un punto di partenza. 

Ma il ridicolo continua con l’affermazione che la riduzione dello spread attesta, rispetto ai mercati finanziari, una maggior credibilità del “sistema Italia” rispetto alla controparte tedesca. Quando non si sa che cos’è lo spread è facile cadere in equivoci e confusioni. Un punto percentuale del costo del debito italiano rispetto a quello tedesco, pari a un maggior costo del 38%, conferma, se lo si vuole leggere in funzione di “credibilità”, che quella tedesca è peggiorata ma è pur sempre superiore a quella italiana. 

Leggo commenti di giornalisti qualificati, o forse solo titolati, che giudicano in modo positivo la riduzione del divario attribuendola anche all’incisività dell’azione di governo. Ma non è vero, è aumentato il rendimento dei titoli di Stato tedeschi più di quanto sia aumentato quello italiano e in conseguenza è diminuita la differenza, cioè lo spread. 

Alcuni dati. Il primo gennaio 2024 lo spread era di 1,67 punti percentuali, il rendimento dei Bot a 10 anni del 3,69% mentre ieri, 15 maggio 2025, il rendimento dei Bot è ancora uguale a 3,69 e lo spread è diminuito a 1,01 perché quello tedesco è aumentato fino a 2,68. 

In realtà lo spread non ha alcun significato rispetto alla situazione interna di ciascun Paese, non rappresenta nulla. Il costo del debito con un tasso del 3,69%, praticamente costante dalla metà del 2022 e circa il 50% in più del tasso di riferimento fissato dalla Banca centrale europea (Bce), è indice di incapacità di governo che consegna alla finanza la regolazione dei costi finanziari la quale, come è ovvio e naturale, non si preoccupa degli effetti negativi sul sistema perché fa “gli affari suoi”. 

È solo ignoranza, come qualcuno si chiede? Se fosse così, sarebbe comunque preoccupante, attesterebbe una inidoneità al ruolo dove i furbi possono inserirsi per avvantaggiarsene. 

Il tasso di riferimento della Bce è anche un tasso di rifinanziamento che le banche pagano per ottenere prestiti quando hanno bisogno di liquidità, magari per acquistare titoli di Stato con uno spread, in questo caso un divario, che consente di realizzare profitti. Potremmo dire che le banche utilizzano soldi pubblici per fare profitti, sempre con soldi pubblici. E noi stiamo a guardare, credendo alle favole che ci raccontano.

Remo Valsecchi, già commercialista

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2025 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati