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Cultura e scienza / Approfondimento

La geografia non è solo una materia, ma una chiave per leggere il mondo

L'’ingresso del Museo di Geografia dell’Università di Padova a Palazzo Wollemborg. I referenti per le attività laboratoriali del museo sono Giovanni Donadelli e Chiara Gallanti - © Museo di Geografia dell’Università di Padova

A Padova e Trento le università inaugurano un museo e un centro geo-cartografico aperti a tutti, in particolare ai bambini. E a Levanto (SP) un gruppo di cittadini dà vita a un Festival dedicato alle geografie, per capire “dove siamo”

Tratto da Altreconomia 222 — Gennaio 2020

“Le geografie non passano mai di moda. È molto raro che una montagna cambi di posto. È molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne”. Diversamente dalle previsioni di Antoine de Saint-Exupéry, che nel 1943 descriveva nelle pagine de “Il piccolo principe” il geografo come “un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città e i deserti”, la geografia si è mossa. Ed è proprio da questi passi che è nato il Museo di Geografia dell’Università di Padova, inaugurato il 3 dicembre 2019 nel Dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità (musei.unipd.it/geografia). Si tratta, infatti, di un progetto che propone un cambio di paradigma rispetto a quell’idea immobile della geografia, per valorizzare invece “il ruolo pubblico di una disciplina che deve guardare al presente e saper parlare anche al futuro”, come spiega Mauro Varotto, docente di Geografia all’Università di Padova e responsabile scientifico del nuovo museo.

“La geografia, infatti, non può sopravvivere se non dà risposta ai cambiamenti in corso -continua-. È un sapere orizzontale, che ci pone tutti sullo stesso piano, e con i piedi ben saldi a terra. Un sapere inclusivo, circolare, che unisce dinamiche ambientali e questioni sociali. E che, finalmente, non serve più a fare la guerra, ma a educare cittadini consapevoli delle sfide in atto”.

Il microscopio tascabile Migard e il diario scritto dal geografo Bruno Castiglioni (1898-1945) – © Museo di Geografia dell’Università di Padova

Il Museo di Geografia dell’Università di Padova, infatti, è uno spazio che accoglie anche i più piccoli: nel 2019 oltre 130 classi hanno fatto geografia qui e quest’anno, tra febbraio e maggio 2020, sono attese oltre 160 classi. Ma perché aprire nel 2019 un museo di geografia? Varotto trova la risposta a partire da due date. “La prima è il 1872, quando a Padova viene creata una delle prime cattedre di geografia in Italia, a memoria di una lunga tradizione di ricerca in questo campo, che lega l’origine del nostro progetto museale al suo patrimonio”. L’altra è il 2011: quando, in seguito alla riforma Gelmini, venne chiuso il Dipartimento di Geografia dell’Università e si decise di mantenerne viva la storia e unito il patrimonio attraverso un progetto museale. Così oggi la geografia rinasce proprio dov’era rimasta, a palazzo Wollemborg, attraverso strumenti e atlanti, globi e carte, plastici e proiezioni. In quegli stessi spazi che sono dedicati anche alla biblioteca di geografia, alle aule didattiche e ai laboratori, proprio per testimoniare l’incontro tra la ricerca didattica e l’impegno pubblico di questa materia, e “contribuire alla crescita civile del Paese trasformando la collettività in comunità”, come dice Varotto. Il museo propone un viaggio attraverso tre tappe: “Esplora”, “Misura”, “Racconta”.

“La geografia è un sapere orizzontale e inclusivo. Unisce dinamiche ambientali e sociali. Serve a educare cittadini consapevoli delle sfide in atto” – Mauro Varotto

L’invito a esplorare arriva fin dal logo del museo: un mappamondo a due emicicli che simboleggia il dialogo tra la geografia fisica e quella umana, e disegna un binocolo. “L’esplorazione è un’attitudine prima ancora che una pratica: un modo di concepire il mondo per superare il pregiudizio dell’eterno in un mondo in continuo movimento e trasformazione”, continua Varotto. E dal museo si esce con una carta che invita a un’azione: un impegno con il Pianeta che continua anche fuori dal palazzo dell’Univeristà.

© Museo di Geografia dell’Università di Padova

Come quello che ha preso l’associazione Officine del Levante con la sua terra madre, Levanto, in provincia di La Spezia (officinelevante.org).  L’associazione, nata nel 2016 come cooperativa di comunità con un centinaio di soci, da quattro anni organizza a inizio aprile il “Festival delle geografie” (l’edizione 2020 sarà dal 3-5 aprile). “Da quando sono venuta ad abitare a Levanto, insieme ad altre persone abbiamo immaginato la geografia di questo luogo attraversato da un turismo non ben definito, per ricostruire un senso di comunità tra gli abitanti. Oggi le persone viaggiano più di prima, ma non sanno dove sono”, racconta Laura Canale, già responsabile dell’ufficio Affari europei della Regione Liguria e presidente dell’associazione. Il progetto è iniziato con dibattiti pubblici sui problemi del territorio, come l’erosione delle spiagge e l’insabbiatura dei moli, “per poi dare risposta ai bisogni e alle domande degli abitanti”, sottolinea Canale, con azioni concrete, come il monitoraggio delle correnti o il recupero di una cava di marmo rosso. “Da lì siamo arrivati al festival e a un’altra rassegna, nel mese di ottobre, che abbiamo chiamato ‘Saperi e sapori verticali’, per valorizzare i prodotti locali della baia del Levante. Un modello che ci chiedono di replicare”, dice. Qui dove l’agricoltura sta scomparendo, l’associazione creerà un mercato delle eccellenze che valorizzi le storie locali perché “senza contadini non si beve e non si mangia”, come dice lo slogan del progetto. “E tutto questo è geografia”, sottolinea Canale, che è al lavoro per definire il programma del prossimo festival, articolato in tre giorni di escursioni, conferenze, laboratori per le scuole, mostre e spettacoli.

Un crowdfunding per restaurare un globo celeste del 1630, opera del più rinomato costruttore di globi del XVII sec., Willem Blaeu. Un’idea del Museo di Geografia dell’Università di Padova: sostieni.unipd.it

Iniziative come il “Festival delle geografie” e la “Notte della geografia” (la prossima sarà il 3 aprile) aiutano ad arginare quell’“analfabetismo geografico diffuso” di cui parla Riccardo Morri, presidente dell’Associazione italiana insegnanti di geografia (aiig.it) e docente allUniversità di Roma La Sapienza. “L’insegnamento della geografia è sempre stato marginale nel nostro Paese”, dice, ma la situazione è peggiorata con la legge Gelmini che “ha quasi cancellato questa materia dalle scuole superiori”. Oggi, ad esempio, la geografia è presente nei licei solo nel biennio, tre ore a settimana, insieme alla storia: due discipline per un voto unico. “Un altro problema è che molto spesso queste poche ore non sono assegnate a docenti con una preparazione specifica”, continua Morri. Sono circa 1.300 i docenti di geografia in servizio alle superiori censiti dall’Aiig, ma l’associazione stima che ne manchino almeno 300. “Solo docenti con specifiche competenze nella didattica della geografia possono garantire il necessario aggiornamento di contenuti e di metodi, basti pensare all’educazione ai cambiamenti climatici”. L’associazione sta dialogando con il ministero dell’Istruzione per garantire il rispetto del ruolo dei docenti di geografia nell’insegnamento dell’educazione civica e dell’educazione alla sostenibilità. Intanto, Morri ricorda l’impegno dell’Aiig per il ritorno delle carte geografiche nelle scuole, scomparse per una scelta editoriale precisa. “Le carte non erano solo d’arredo, ma un elemento di contesto che consentiva di innestare multiple narrazioni di diverse discipline. Per poi uscire dalle mappe e diventare cittadini responsabili del mondo”, auspica. Sono oltre 10mila le carte manoscritte raccolte nel nuovo Centro geo-cartografico di studio e documentazione, “GeCo”, istituito dall’Università di Trento, dal Comune di Rovereto e dalla Provincia autonoma di Trento e inaugurato lo scorso ottobre a palazzo Alberti Poja a Rovereto (lettere.unitn.it). “Il centro, come dice il nome, ha una doppia anima -spiega la direttrice Elena Dai Prà, docente di geografia storica-. È un centro di ricerca accademico, dove fare ricerca geostorica, sempre applicata nell’ottica della sostenibilità ambientale. Ed è anche un centro di documentazione, dove venire a consultare il patrimonio cartografico storico con il supporto delle nostre competenze”.

Sarà il 3 aprile 2020 la prossima “Notte europea della geografia”: una costellazione di eventi sincroni per far conoscere la geografia al grande pubblico ageiweb.it

Il “GeCo” si prepara ad accogliere non solo studiosi e professionisti di diverse discipline, ma anche amministratori e studenti. Sono già 122 i docenti di diverse estrazioni che hanno dato la loro adesione scientifica al Centro, di cui solo 37 dell’ateneo trentino e già una decina dall’estero. “Il Centro sarà funzionale ai risvolti applicativi della geografia, che è una disciplina ponte tra diverse sfide del presente e del futuro”, sottolinea Dai Prà, che ricorda l’auspicio del geografo trentino Cesare Battisti: “Che la geografia sia utile alla costruzione di territori migliori”.

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