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Economia / Opinioni

Finanziaria, l’ottimismo della volontà del governo

L’esecutivo guidato da Giuseppe Conte annuncia di voler risolvere i molti problemi del Paese in pochi mesi. Ma le misure previste nella legge finanziaria non possono produrre risultati in così poco tempo. L’analisi di Alessandro Volpi

La politica intende riprendersi lo spazio che l’economia le ha sottratto e per farlo vuole far prevalere la forza della volontà sui vincoli della ragione. Questo, in estrema e forse brutale sintesi, pare essere il messaggio del nuovo sovranismo. Che si scontra però, inevitabilmente, con alcune contraddizioni molto chiare.

La volontà di avere favorevoli previsioni in relazione all’andamento del Pil per rendere credibile la Legge di bilancio risulta davvero troppo distante dalla realtà. Quando l’Istat e l’Ufficio parlamentare di bilancio, due istituti indipendenti, avanzano seri dubbi circa la possibilità di realizzare una crescita dell’1,2% quest’anno e dell’1,5% il prossimo anno, è probabile che non si tratti di un complotto. Sembra infatti inverosimile che nell’ultimo trimestre del 2018, peraltro senza che gli effetti dell’azione governativa giallo-verde si siano ancora esplicati, si possa immaginare un incremento del Pil dello 0,4%, dopo che la produzione industriale a settembre è scesa dello 0,2% e dopo una crescita nulla nel trimestre precedente. In simili condizioni, centrare l’1,2% è impossibile e di conseguenza diventa pressoché impraticabile ipotizzare una crescita dell’1,5% nel 2019 quando la stima dell’Ufficio parlamentare di bilancio è molto inferiore all’1%.

La volontà di promettere misure efficaci è troppo lontana dalla realtà. È molto complesso immaginare una politica economica efficace senza, di fatto, mettere mano, in un Paese come l’Italia, ad alcuna misura fiscale in grado di garantire la tenuta e la ripresa del sistema economico. Nella Legge di bilancio, il fisco, al netto delle misure sul condono, è il grande assente. Anzi, sempre secondo le recenti valutazioni dell’Istat, nonostante l’immaginata e rinviata flat tax, tasse e imposte aumenteranno del 2,1% per oltre un terzo delle imprese italiane, in particolare per quelle con meno di dieci dipendenti, a fronte di una riduzione per il solo 7% delle aziende, senza contare gli effetti dello sblocco delle aliquote del fisco locale.
Anche le ricadute dell’operazione pensionistica “Quota 100” sono assai difficili da misurare in termini di efficacia: a fronte di un provvedimento di cui non è chiaro il costo (potrebbe arrivare fino a 13 miliardi di euro già nel 2019) non esistono elementi per affermare che alle fuoriuscite si accompagneranno nuove assunzioni in maniera tale da rendere sostenibile la spesa a regime e soprattutto da far ripartire in maniera efficace la produzione di ricchezza nel paese. Appare oscuro, in tale ottica, pensare anche che, a fronte di pensionamenti anticipati con il 30% in meno del trattamento pensionistico percepito senza l’anticipo, si possa determinare una ripresa dei consumi.

La volontà di dare certezze è troppo lontana dalla realtà. Questo è il punto più critico dell’ottimismo della volontà dei sovranisti. Rispetto ai contenuti della Legge di bilancio, infatti, non ci sono certezze sia perché non è ancora stata definitivamente confezionata sia perché, appunto, contiene molte aleatorietà. Oltre alla già ricordata incertezza sugli effetti delle misure relative alle pensioni, esiste una grande incertezza sul gettito del condono inserito nel decreto fiscale e sul reale costo, sulle modalità di applicazione e sugli effetti del reddito di cittadinanza che, secondo l’Istat, pur costando una decina di miliardi, genererebbe un effetto sul Pil appena dello 0,2%, dunque assai inferiore del suo costo. Rispetto al tema dell’incertezza, così cruciale per infinite ragioni (basti pensare alle scelte dei risparmiatori e dei mercati) ha davvero poco senso dichiarare, da parte del governo, che nel caso in cui il rapporto deficit-Pil sforasse il 2,4% si procederebbe a introdurre nuovi tagli: tagliare quando il Pil non cresce significa, spessissimo, frenarlo ulteriormente. Così come sono poco credibili i 30 miliardi di euro provenienti dalle privatizzazioni entro il 2020, quando si è a lungo sostenuta l’esigenza stringente di nazionalizzare Alitalia, autostrade telecomunicazioni e quando una cifra simile non è stata raggiunta dal 2003 ad oggi pur essendo stati venduti i “gioielli di famiglia” dello Stato italiano.

La volontà di cancellare il tempo è troppo lontana dalla realtà. Ciò che colpisce delle dichiarazioni dei principali esponenti dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte è la fiducia nella possibilità di superare tutte queste difficoltà, e ancora più lo stato di disastro in cui affermano di aver trovato il Paese, nel giro di pochissimi mesi, fidando nella natura veramente fulminea della loro azione amministrativa. Al di là dei contenuti, le misure proposte in finanziaria non potranno partorire i risultati attesi in tempi brevi. La politica pare voler condizionare l’economia solo con il racconto. E il sovranismo corre il serio rischio di coltivare la sua passione storicamente più accesa: la retorica della propaganda.

Università di Pisa

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