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Diritti / Attualità

“Da vicino nessuno è disabile”: al via il Festival dei Diritti Umani

Dal 5 al 7 maggio torna il Festival dei diritti umani e si trasferisce sul web. Tre giorni di dibattiti, film, foto e testimonianze in live streaming per parlare dei diritti delle persone con disabilità

L'atleta Giulia Lamarca

“Da vicino nessuno è disabile”. Un messaggio che suona come una reinterpretazione delle parole “Da vicino nessuno è normale”, l’affermazione con cui Franco Basaglia, il padre della legge 180 che ha chiuso i manicomi, aveva messo in discussione il concetto di normalità, psiche e malattia. Da qui, dal tema dei diritti delle persone con disabilità, si muove la nuova edizione del Festival dei Diritti Umani, l’appuntamento che ogni anno promuove una discussione pubblica sulla cultura dei diritti coinvolgendo anche le nuove generazioni. Trasformato e reinterpretato per passare dai luoghi della cultura che dovevano ospitarlo, come l’Università degli Studi di Milano e la Triennale, al web, dal 5 al 7 maggio il Festival propone talk, confronti, racconti e film in prima nazionale trasmessi in diretta streaming. Una scelta che, nel rispetto delle disposizioni dell’emergenza sanitaria, permette di non rinunciare al pubblico e agli studenti che ogni anno assistono agli eventi del cartellone.
“Coinvolgere e rivolgere la nostra attenzione ai giovani, senza dimenticare chi li cresce, forma e inserisce nel mondo del lavoro è un compito ora ancora più importante”, spiega il direttore del Festival Danilo De Biasio. Il tema della disabilità è stato scelto prima dell’emergenza sanitaria ma quanto successo nei mesi di lockdown ha ribadito la necessità di parlare di diritti, sia quelli negati sia quelli da ottenere ancora. “Anche in questa pandemia, infatti, l’idea di uomini e donne di serie B è purtroppo echeggiata, ogni volta che sono state teorizzate o attuate politiche che non tenevano conto della salute di persone con disabilità o dei nostri anziani”, commenta De Biasio.

La discussione con gli studenti, cui è dedicata un’apposita sezione del Festival, è animata attraverso la presentazione di film, fotografie e testimonianze in prima persona. Come quella delle atlete paraolimpiche Martina Caironi e Allegra Magenta che si raccontano nell’incontro “Lo sport che vince, cura e include”. Lavinia Costantino recita un brano tratto da “Parole dipinte” dedicato a Claudia Wood, l’artista che a causa di un ictus prenatale non riesce a parlare ma si esprime attraverso la pittura. E in un talk sullo stigma e gli stereotipi sociali che spesso subiscono le persone disabili, l’artista e cantante Stefano Belisari, in arte Elio, dialogherà con Lucio Moderato, psicologo e psicoterapeuta, e Valentina Tomirotti, giornalista e attivista del mondo della disabilità. Tra i temi affrontati, anche la violenza sulle donne diversamente abili con Silvia Cutrucea, vicepresidente dell’associazione Federazione italiana per il superamento dell’handicap.

Come ogni anno, il Festival ospita mostre di fotografie e proiezioni cinematografiche. La storia di Mario, un ragazzo di Napoli che un tuffo da uno scoglio ha reso tetraplegico, è raccontata dal fotografo Paolo Manzo. In “M.”, l’autore documenta la sua vita nei gesti della quotidianità e di assistenza, affidata alla comunità di familiari e amici. Immagini intime e private che offrono uno sguardo sulle problematiche sociali legate alla disabilità e all’inclusione nel Sud Italia e spingono a riflettere sulle barriere architettoniche culturali oltre che fisiche. In “When we walk” il regista Jason Da Silva, affetto da sclerosi multipla cronica da 15 anni, mette in immagini la lotta per stare vicino a suo figlio. A causa di un progressivo indebolimento delle capacità motore e l’impossibilità di utilizzare le mani e le braccia, il regista ha filmato il suo lavoro al limite delle sue capacità fisiche usando una videocamera fissata sulla sua sedia a rotelle. Un viaggio rappresentato dalle sfide quotidiane che un disabile deve affrontare in un sistema sanitario contorto, che non garantisce certezze né tantomeno vicinanza a coloro che ne hanno bisogno e che rischiano di essere travolti da un irreversibile senso di impotenza. Il regista Fernand Melgar in “A l’ecole des philosophes” racconta i primi passi a scuola di cinque disabili mentali che devono imparare a vivere insieme ai loro coetanei. La missione all’inizio sembra impossibile ma poco a poco la classe prende forma e gli alunni smentiscono ogni previsione.

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