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Eventi estremi: è tempo di metter mano al sistema. Adesso

Per ridurre gli eventi estremi e mitigarne gli effetti, occorre cambiare il modello che li ha prodotti e che cerca di trarne vantaggio anche in tempi drammatici. Solo un drastico ridimensionamento della finanza, dei consumi, degli sprechi potrà darci ancora qualche chance

© Mika Baumeister - Unsplash

Sono passati dieci anni dalla pubblicazione del saggio “Eventi estremi” (Altreconomia ed. 2011) e devo osservare che sono stato, purtroppo, un buon profeta. Non solo nell’accezione di chi prevede il futuro ma anche in quella di chi denuncia le ingiustizie e contraddizioni del presente. Però c’è poco da essere contenti: non c’è stata nessuna presa di coscienza mentre gli effetti degli eventi estremi diventano sempre più devastanti.

Ricordiamo che gli “eventi estremi” nel campo della meteorologia ci sono sempre stati, solo che negli ultimi quaranta-cinquant’anni sono diventati sempre più frequenti e intensi. Sono il segno evidente che il Pianeta è entrato in una fase di fibrillazione, in quella fase che Prigogine, Nobel per la Fisica ed uno dei più grandi scienziati del secolo scorso, ha definito di “squilibrio strutturale”. Studiando il comportamento dei gas in un sistema chiuso, Ilya Prigogine ha scoperto che se uno degli elementi cresce velocemente mentre gli altri rimangono stabili, il sistema si allontana dall’equilibrio “le fluttuazioni divengono capaci di instradare il sistema verso un comportamento completamente diverso dall’usuale comportamento dei sistemi idrodinamici. […] Fenomeni di questo tipo sono ben noti nel campo dell’idrodinamica e del flusso dei fluidi. Per esempio era da tempo ben noto che quando un flusso raggiunge una certa velocità si possono creare turbolenze” (cfr. Ilya Prigogine, IsabelleStengers, La Nuova Alleanza. Metamorfosi della scienza , Einaudi , Torino 1993, pp. 145-46). 

Cerchiamo di spiegarci meglio. Il nostro Pianeta ha raggiunto un equilibrio termodinamico nel corso di milioni di anni, rendendo possibile la vita in tutte le sue forme, un vero e proprio miracolo rispetto al resto dell’Universo che finora conosciamo. Nell’ultimo secolo, per via dello sviluppo industriale e consumistico, vi è stato un crescendo nell’immissione di CO2, una componente importante dell’atmosfera che l’ecosistema fino agli inizi del XX secolo riusciva a produrre e assorbire in modo tale che la percentuale di CO2 nell’atmosfera restasse grosso modo invariata (0,04%). L’attività umana ha sconvolto questo delicato equilibrio facendo passare in poco tempo da 215 parti per milione di CO2 a oltre 400, producendo quello che Prigogine chiamò “fluttuazioni giganti”. In sintesi, il nostro ecosistema è alla ricerca di un nuovo equilibrio, ma prima di trovarlo attraverseremo un lungo periodo, difficile da calcolare, in cui assisteremo sempre di più a quelle “fluttuazioni giganti” che nel meteo si traducono in bombe d’acqua, siccità, trombe d’aria, uragani, tifoni, incendi, anche in aree del Pianeta che finora erano state immuni da questi fenomeni. 

Il Mediterraneo, ad esempio, è stato da sempre considerata un’area del Pianeta, la cosiddetta zona temperata, dove rarissimi erano gli eventi estremi. Negli ultimi anni stiamo assistendo all’arrivo di trombe d’aria, bombe d’acqua, incendi, sempre più impattanti e frequenti. Ma, ancora il peggio deve arrivare. Dispiace dirlo, e forse serve a poco, ma non possiamo non farlo: bisogna prepararsi ad affrontare la sfida più grande: lo sfondamento delle temperature massime e minime. 

Quando stavo scrivendo il saggio “Eventi estremi” ho accennato a questo possibile esito, ma non ne avevo ancora le prove. Avevo monitorato i dati di un importante centro meteo della Patagonia argentina che mi davano qualche segnale in questa direzione. Ovvero: sempre più spesso negli ultimi cinquant’anni le temperature invernali scendevano sotto i 20°C. Così in alcune zone dell’India negli ultimi trent’anni le temperature massime hanno superato più volte i 50 gradi. Sappiamo che i cambiamenti metereologici non si misurano in decenni, ma è anche vero che l’attività umana ha determinato uno squilibrio che sarà superato solo dopo che le “fluttuazioni giganti” avranno fatto la loro parte. Uno degli effetti sarà proprio quello di superare le barriere della temperatura, in alto e in basso, che hanno permesso la vita sul nostro pianeta. 

Purtroppo ci dovremo attrezzare ad affrontare non solo sbalzi termici improvvisi, ma temperature mai registrate finora. Ne risentiranno le piante, gli animali e ovviamente gli umani, che però grazie alla tecnologia avranno delle chance per proteggersi, almeno le fasce più abbienti della popolazione mondiale. Paradossalmente, più ci proteggiamo da ondate anomale di caldo e freddo, sempre più pesanti, più immettiamo CO2 nell’atmosfera con i nostri impianti di raffreddamento e riscaldamento. Dovremmo avere il coraggio e la volontà politica di cambiare rotta, ridurre gli enormi sprechi di energia, gli eccessi nell’uso dei sistemi di termoregolazione (un esempio per tutti: i negozi con i condizionatori al massimo e la porta aperta in piena estate o i 25°C dentro casa d’inverno mentre fuori siamo sotto lo zero), passare rapidamente a utilizzare al massimo le fonti di energia rinnovabile, bloccato l’estrazione di combustibili fossili, e rendendo smart l’uso comunitario dell’energia. 

Le fluttuazioni giganti legate ad uno squilibrio sistemico si sono manifestate anche nel mondo della finanza generando negli ultimi cinquant’anni una volatilità che il padre della geometria frattale ha analizzato in un saggio che ha messo a nudo la fragilità del sistema finanziario da quando il dollaro si è sganciato dall’oro nell’agosto del 1971. Da quel momento si è generata una situazione in cui le Banche centrali, gli Istituti finanziari ed altri soggetti hanno immesso nel sistema finanziario mondiale una massa enorme di denaro, completamente sganciato dall’economia reale, pari a quasi venti volte il Pil mondiale. Siamo passati in breve tempo da fasi di boom a crolli di Borsa distruggendo attraverso la speculazione finanziaria interi Paesi. Ma negli ultimi dieci anni il fenomeno delle criptovalute, a partire dal famoso “bitcoin”, ha creato un mercato parallelo che unitamente all’espandersi degli hedge fund, private equity, etc. hanno prodotto una enorme massa finanziaria, la cosiddetta shadow banking che ormai supera nettamente gli asset degli istituti tradizionali. Questo fenomeno inatteso ha spostato le oscillazioni giganti dalle Borse, istituzionalizzate, a questo mondo sommerso che ancora deve essere seriamente investigato. 

Fatte le dovute differenze e distinguo, è un fatto che i due mondi, quello della finanza e quello del meteo, hanno dei punti in comuni. Basti citare solo il caso della speculazione con i “future” sui beni alimentari che produce ogni anno crisi dei prezzi in alcuni settori e boom in altri. Il risultato è che chi paga le conseguenze di questi giochi speculativi sono i contadini, ovvero l’agricoltura che protegge l’ambiente, mentre sono le grandi multinazionali del cibo che ne beneficiano. A loro volta, il meccanismo dei “future” favorendo l’agricoltura delle grandi imprese industrializzate fa aumentare la CO2, come una ampia letteratura dimostra. E viceversa. Come ha denunciato Jeremy Rifkin, i crescenti danni provocati dagli eventi estremi hanno effetti benefici sulla finanza perché fanno aumentare la catena delle società di assicurazioni che riassicurano a loro volta, che trasferiscono i rischi finali su ignari acquirenti di titoli spazzatura. 

In sintesi, per ridurre gli eventi estremi, per mitigarne gli effetti, occorre mettere mano ad un sistema che lo ha prodotto e che cerca di trarne vantaggio anche in questi tempi difficili per l’ambiente e la nostra società. Solo un drastico ridimensionamento della finanza, dei consumi, degli sprechi potrà darci ancora qualche chance. Ma il tempo sta davvero per scadere, e non è una frase fatta o una battuta retorica. Tutte le analisi statistiche ci dicono che gli eventi estremi saranno sempre più violenti e frequenti e siamo ancora totalmente lontani dal prendere misure adeguate. 

Tonino Perna, vice-sindaco di Reggio Calabria, è stato professore ordinario di Sociologia economica all’Università di Messina, presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte, della Ong Cric, del Comitato etico di Banca Etica. Ha scritto una trentina di saggi tra cui “Fair trade” (Bollati Boringhieri, 1998) ed “Eventi estremi” (Altreconomia, 2011). È tra i fondatori di Altreconomia.

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