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Niger, con la fine del traffico di migranti l’economia locale cerca alternative

L'interno del Parlamento europeo a Bruxelles © european union 2017

Intervista a Mohamed Anacko, presidente del consiglio regionale di Agadez. Con l’entrata in vigore di una legge che vieta di trasportare i migranti verso la Libia, è crollato un settore importante dell’economia locale. “Servono più risorse per creare nuovi posti di lavoro”

“L’Europa ha dato sei miliardi di euro alla Turchia per fermare i migranti e ha dato molti soldi alla Libia. Il Niger è un Paese strategico, Agadez è la porta dell’Africa dell’Ovest. Eppure l’Europa non ha dato molti soldi. Al momento abbiamo circa 100 milioni di euro per tutta la regione di Agadez, ma non è sufficiente per fermare la strada ai migranti”.  Abbiamo incontrato Mohamed Anacko, presidente del consiglio regionale di Agadez,  la settimana scorsa durante la conferenza “Verso un partenariato rinnovato con l’Africa” organizzata dal Parlamento europeo di Bruxelles. Un appuntamento che ha segnato una tappa di avvicinamento al quinto Summit tra capi di Stato e di Governo di Africa ed Europa che si è aperto oggi ad Abidjan, capitale della Costa d’Avorio. Un incontro che vede tra i punti al centro della discussione anche la gestione dei flussi migratori.

Anacko ricorda come il governo del Niger abbia adottato nel 2016 -su pressione della Ue- una nuova legge che rende illegale il trasporto dei migranti verso la Libia. “Noi accettiamo questa legge, perché vogliamo evitare che le persone muoiano nel deserto, ma serve un’alternativa per i nostri giovani”, spiega ad Altreconomia Mohamed Anacko, che precisa di parlare “solo per quello che avviene nella regione di Agadez”. Un’area strategica nel cuore dell’Africa, che da dall’XI secolo vive di commercio e traffici. Ultimo, in ordine di tempo, quello degli esseri umani. Che per anni si è svolto alla luce del sole, con tanto di convogli organizzati di pick-up che partivano alla volta del deserto in giorni e a orari prestabiliti. Talvolta accompagnati anche per lunghi tratti da mezzi militari.

“Con 100 milioni di euro non possiamo fermare la migrazione. Inoltre i giovani che fanno il trasporto dei migranti sono rimasti senza lavoro: servono più risorse per avviare un’alternativa lavorativa concreta -spiega Anacko-. La situazione per questi giovani ad Agadez è molto difficile: non sanno che cosa altro fare per mantenersi e c’è il rischio che possano subire il richiamo di gruppi terroristici”. Le risorse stanziate dalla Ue, vengono impiegate direttamente dalle comunità locali per implementare progetti nel settore della sicurezza.

Complessivamente, i progetti attualmente finanziati dall’EUTF (European Trust Fund for Africa) sono nove, per un importo complessivo di 189 milioni di euro. Fondi che -come evidenzia il recente report di Concord Italia- oltre a un importante stanziamento su “attività di sviluppo e protezione” comprendono 86 milioni di euro che mirano a fornire sostegno alle autorità preposte alla riduzione del traffico dei migranti.  Tuttavia, le autorità locali intervistate nel report di Concord Italia evidenziano come i progetti dedicati al Niger sono stati “progettati e selezionati dagli Stati Membri o da Bruxelles senza consultare gli attori locali”. “L’Ue e gli attuatori dei progetti sono venuti qui con le loro priorità. È un approccio prendere o lasciare e alla fine dobbiamo prendere perché le nostre comunità hanno bisogno di sostegno”, denuncia nel report un sindaco della regione di Agadez.

La gestione dei flussi migratori è stata uno degli argomenti centrali della sessione plenaria di apertura dell’incontro di Bruxelles. “Nell’immediato dobbiamo rafforzare i controlli alle frontiere, gestire meglio le richieste di asilo i respingimenti, i rimpatri -ha dichiarato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani nel discorso di apertura-. L’Unione deve investire risorse analoghe a quelle utilizzate per la rotta dei Balcani per chiudere i corridoi del Mediterraneo centrale, promuovere stabilità e lotta al terrorismo Questi fondi vanno spesi in Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Niger, Ciad o Mali”.

Una voce (almeno parzialmente) critica è stata quella di Abdoulaye Diop, ministro degli affari esteri del Mali che ha sottolineato l’urgenza di un’azione comune da parte di Unione Europea e Unione africana “per porre fine a quelle pratiche orrende di vera e propria vendita di schiavi che abbiamo visto in Libia”. Una situazione drammatica in cui sono intrappolati anche molti cittadini maliani, come ha sottolineato il ministro, detenuti e sfruttati in una condizione “contraria anche agli stessi valori su cui è stato costruito il partenariato tra Africa ed Europa, che deve essere ri-fondato. Come si può trattare con uno Stato (la Libia, ndr) che viola i diritti dell’uomo, si può collaborare con le milizie?”, ha chiesto il ministro.

Abdoulaye Diop ha poi sottolineato l’urgenza di un intervento efficace in Libia per stabilizzare il Paese (oltre che di un’indagine della Corte penale internazionale per individuare i colpevoli dei “crimini contro l’umanità” che vengono compiuti nei confronti dei migranti) ma al tempo stesso ha chiesto maggiori investimenti per creare occupazione per i più giovani e per garantire la sicurezza nella regione. “Si dice che l’Europa dista solo 14 chilometri dall’Africa –conclude Diop-. Oggi la regione del Sahel fa fronte a terrorismo e criminalità organizzata. Abbiamo impegnato il nostro esercito e le nostre scarse risorse per combattere questi nemici. Nel Sahel si gioca una sfida mondiale: se noi falliamo e se la diga che abbiamo eretto cade, sarà una minaccia per il mondo intero. A cominciare dall’Europa”.

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