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Ambiente / Opinioni

In Europa il sistema agricolo è in crisi

© Sylwia Pietruszka - Unsplash

Con la strategia Farm to Fork l’Ue promuoverà la transizione a modelli più sostenibili. Saprà il mondo scientifico italiano raccogliere la sfida? La rubrica della “Rete Semi Rurali” a cura di Riccardo Bocci

Tratto da Altreconomia 231 — Novembre 2020

Il 22 settembre 2020 si è aperto ufficialmente il bando dedicato al Green Deal europeo, una delle sei priorità della Commissione europea per i prossimi cinque anni, declinato nel settore agricolo dalla strategia Farm to Fork (dal produttore al consumatore). Se leggiamo la premessa del bando, ben si comprende la crisi in cui vive il sistema agricolo europeo. In estrema sintesi così appare la fotografia fatta dal Green Deal: l’agricoltura è responsabile del 10,3% delle emissioni di gas serra dell’Unione europea; il cibo è una fonte significativa di emissioni di gas serra che contribuisce a circa il 17% delle emissioni delle famiglie dell’Ue in modo simile alle abitazioni (22%); i cicli dell’azoto e del fosforo sono alterati con conseguente inquinamento diffuso degli ecosistemi terrestri, acquatici e atmosferici; i pesticidi hanno un effetto negativo sugli impollinatori e si dilavano nel suolo e nell’acqua causando una più ampia perdita di biodiversità e un impatto sulla salute umana; la resistenza agli antibiotici legata al loro uso eccessivo e inappropriato nell’assistenza sanitaria animale e umana porta a circa 33mila decessi nella Ue ogni anno e a costi sanitari considerevoli; circa il 20% degli alimenti prodotti viene sprecato; un adulto europeo su cinque è obeso e la metà è in sovrappeso, con in media quasi un bambino su otto di età compresa tra i sette e gli otto anni obeso.

Non a caso nella strategia Farm to Fork la Ue chiaramente parla di transizione dal sistema attuale a uno più sostenibile e pone tra gli obiettivi quello di avere almeno il 25% di agricoltura biologica in Europa entro il 2030 perché essa “ha un impatto positivo sulla biodiversità, crea posti di lavoro e attira giovani agricoltori”. Su queste basi, dunque, annuncia un imminente Piano di azione europeo per il biologico. La strategia promuove anche l’importanza di costruire sistemi del cibo sostenibili basati sulla diversità agricola, impegnandosi ad “adottare misure per facilitare la registrazione delle varietà di sementi, anche per l’agricoltura biologica, e garantire un più facile accesso al mercato per le varietà tradizionali e quelle adattate a livello locale”.

1 miliardo di euro è la dotazione del bando dedicato al Green Deal europeo per progetti di ricerca e innovazione che contribuiscano ad affrontare le sfide ambientali e climatiche in Europa

A supporto di questa strategia e in aggiunta allo specifico bando del Green Deal, la Ue sta preparando il nuovo programma per la ricerca Horizon Europe che dal 2021 servirà a sostenere innovazione e approfondimento in grado di favorire la transizione verso un’agricoltura più ecologica. Una potenza di fuoco non da poco che in Italia rischia di restare una possibilità non realizzata. Infatti da noi il dibattito non tocca neanche lontanamente la visione espressa a livello europeo. La discussione pubblica, purtroppo, è ancorata a una sterile contrapposizione ideologica tra “biologico” e “scienza”, come testimonia l’appello lanciato da alcuni scienziati che ha bloccato al Senato la legge quadro per promuovere l’agricoltura biologica e biodinamica o il fatto che non si riesca a far partire finalmente un serio Piano nazionale sementiero per il biologico. Anche la diversità agricola di cui l’Italia è ancora ricca, infatti, viene considerata dalla maggior parte del mondo scientifico nazionale una piccola nicchia museale in cui relegare agricoltori custodi e varietà antiche senza nessun impatto sull’agricoltura.

I prossimi mesi saranno fondamentali per costruire progettazioni, piani e alleanze che dovrebbero traghettare l’agricoltura italiana verso un nuovo modello. Saprà il mondo della ricerca agricola pubblica raccogliere la sfida, aprendosi alla complessità senza paure ideologiche?

Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola

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