Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Economia / Opinioni

Debito, banche, moneta unica. Perché abbiamo bisogno dell’Europa

L’Italia è un Paese altamente indebitato e ricorre al debito per pagare servizi e pensioni. Anche per questo motivo uscire dalla moneta unica sarebbe una scelta suicida. Al contrario, servono dei correttivi per rafforzarla. L’analisi di Alessandro Volpi

L'opera di Bansky a Dover - © Duccio Facchini

In vista delle prossime elezioni europee, può essere utile preparare una sorta di “avviso ai naviganti” per evitare di affrontare future burrasche del tutto impreparati. Il punto centrale di tale avviso è molto semplice. Abbiamo bisogno dell’Europa, e dell’euro, perché siamo un Paese indebitato, il cui debito ha continuato a crescere dopo il 2008 -quasi di 20 punti percentuali- nonostante le politiche di rigore e rappresenta lo strumento fondamentale per il mantenimento in vita di molte voci della spesa corrente. In estrema sintesi, a differenza di altri Paesi, abbiamo bisogno del debito per pagare servizi e pensioni. Non è davvero immaginabile, peraltro, che una simile montagna di debito (oltre il 130% del Pil), possa essere ridotta sensibilmente in tempi brevi a meno di non introdurre pesantissimi aumenti del carico fiscale, già molto consistente, o forsennate e impraticabili privatizzazioni. Non sarebbero neppure concepibili, poi, manovre come quella contenuta nell’ultima legge di Bilancio che è coperta per oltre la metà non con nuove entrate o con la riduzione della spesa pubblica ma, appunto, con il debito.

Fino ad oggi l’Europa ci ha aiutato in tre modi a finanziare questo nostro indispensabile debito. Il primo è stato la forza dell’euro: i tassi sono scesi dal 13-14% di media annua negli anni Novanta a livelli negativi. Anche oggi, nonostante le turbolenze, come del resto nel 2011, i titoli decennali italiani pagano meno del 3%. In questo senso, sta compiendosi una “ristrutturazione” positiva del debito, con titoli nuovi emessi a tassi molto più bassi dei titoli in scadenza. Le ultime aste, avvenute dopo il rasserenamento dei rapporti con la Commissione europea e dopo le concilianti dichiarazioni del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, hanno confermato l’importanza della moneta unica.

Grazie all’Europa e all’euro è stato possibile il quantitative easing (la liquidità facile) che ha permesso il collocamento del debito italiano senza scosse anche nei momenti peggiori. D’altra parte sarebbe davvero folle pensare di collocare tutto il debito solo tra compratori italiani, vista l’attuale distribuzione del debito stesso, che è nelle mani delle famiglie italiane per meno del 5%, e data la già altissima quota di debito detenuta dalle banche italiane.

Infine, l’Europa ha sempre consentito all’Italia margini di flessibilità sui vincoli di Maastricht e sul fiscal compact tali, di fatto, da non applicarli: le clausole di salvaguardia dell’Iva, solo per citare un esempio, non sono mai scattate per effetto della flessibilità concessa dall’Europa e non certo per le coperture trovate dai governi italiani.

Ma abbiamo bisogno dell’Europa, oltre che per il debito, anche per il nostro sistema bancario, almeno per due ragioni. Grazie all’azione della Bce le banche si sono approvvigionate a tassi negativi e hanno rifinanziato il proprio corposo debito senza necessità di andare sul ben più costoso mercato finanziario dove avrebbero dovuto collocare le loro obbligazioni. Inoltre sono state sottoposte ad una vigilanza che le ha “costrette” a rivedere le proprie sofferenze, evitando così che saltassero; in questo senso la vigilanza europea pare assai più incisiva di quella esercitata dalla Banca d’Italia.

Alla luce di ciò, uscire dall’euro sarebbe una follia, ancora una volta, per una serie di ragioni. La lira è stata una moneta storicamente debolissima e i cambi artificiali hanno prodotto disastri, basti pensare agli effetti di “Quota Novanta”, voluta da Mussolini per ragioni politiche. Inoltre il debito italiano è denominato in euro e una conversione sarebbe gravosissima perché andrebbe pagata in una moneta più forte della rinata lira. La svalutazione e l’inflazione, conseguenti all’uscita dall’euro, sarebbero durissime.

Infine non ha alcun senso, in tale ottica, rivendicare una sovranità monetaria nazionale per stampare carta moneta comprando debito nazionale, come accadeva prima del 1981, perché dopo la liberalizzazione dei flussi di capitale, avvenuta a metà anni Ottanta, i tassi di interesse da pagare per finanziare il debito sarebbero altissimi e la quantità di carta moneta da stampare per comprare il debito sarebbe colossale, in pratica diverrebbe carta straccia.

Per essere più incisiva a quest’Europa servono però almeno tre condizioni. Occorre innanzitutto che non venga più messo in discussione l’euro, ma, anzi, proprio sulla forza della moneta comune, si avvii la revisione dei parametri di Maastricht pensati quando l’Europa era un focolaio di inflazione. Oggi l’Europa ha una moneta rifugio ed è terra di deflazione. In questo senso occorre modificare la natura della Bce, consentendole di fare il prestatore di ultima istanza. Inoltre è necessario che si completi l’unione fiscale e bancaria, con regole comuni che impediscano dannose azioni di dumping finanziario e con una disciplina omogenea dei crediti deteriorati. Da ultimo occorre che si compia un ulteriore passo avanti di un debito pubblico europeo. Abbiamo bisogno di un’Europa migliore non certo di un’Europa delle piccole patrie.

Università di Pisa

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.