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Cultura e scienza / Opinioni

Elezioni, di fronte a un quadro sconfortante non cedere al disfattismo

Il 4 marzo, si vota. La scelta di lavorare per un’altra forma di società e di economia è il primo requisito di credibilità nel valutare la proposta di chiunque. Soprattutto si tratta di operare per ricostruire le condizioni basilari della vita pubblica. Le idee eretiche di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 201 — Febbraio 2018

L’Italia al buio. Insieme all’Europa e a buona parte del mondo, il Paese vaga nell’oscurità egemonizzato da gruppi di potere ai quali nel migliore dei casi (cioè escludendo la malafede) manca la consapevolezza del passaggio d’epoca in cui siamo e di quale sia davvero il bene dell’Italia. Se questi soggetti si muovono secondo la logica dell’accumulazione del potere e del denaro, a essi fa riscontro, nel corpo della società, la pulsione a chiudersi in una propria realtà isolata (virtuale, interiore, locale, familiare). Per scongiurare il pericolo dei poteri nocivi e di una società psicotica è indispensabile la rigenerazione della cultura, dei processi educativi, dell’economia e dell’informazione. Ma questo chiede nel contempo una sintesi politica che resta affidata agli organismi sovranazionali, ai governi, ai parlamenti, alle regioni, alle municipalità. Perciò senza una profonda rigenerazione della politica stessa non si può rimettere la società in cammino verso uno spiraglio di luce.

Il profilo e l’affidabilità delle forze politiche in lizza alle prossime elezioni appaiono, per usare un eufemismo, nettamente inadeguati, se non platealmente controproducenti come è evidente nel caso dello schieramento di destra, che è una miscela di xenofobia, berlusconismo e neoliberismo. Dopo aver causato un ventennio di devastazione i personaggi di questo schieramento si ripresentano come se niente fosse e c’è la fondata probabilità che proprio simili individui tornino al governo, il che sarebbe insieme grottesco, vergognoso e tragico. Sventare questa eventualità è il primo obiettivo del voto di marzo.

Il problema strutturale più grave sta nella morsa del sistema del capitalismo finanziario e nessuno dei tre schieramenti politici principali (destra, PD e M5S) è disposto a lavorare per avviarne il superamento. Si tratta pur sempre di schieramenti funzionali al capitalismo, che si distinguono solo su questioni settoriali. Se poi cerchiamo più a sinistra, troviamo qualche timida istanza di ragionevolezza (Liberi e Uguali) ma sostenuta da personaggi improponibili quali D’Alema e Bersani, oppure una forte richiesta di superamento del sistema attuale (la lista di Potere al Popolo), ma viziata dal settarismo e da un velleitario spirito populista che è contraddittorio con l’azione richiesta per il superamento del sistema vigente. Per finire, c’è l’opzione peggiore e più gradita ai poteri antidemocratici: quella di non andare a votare.

Tutto questo è sconfortante, ma non autorizza certo il disfattismo, anzi richiede un maggiore senso di responsabilità. Dalla lettura della situazione emergono tre indicazioni su quale sia lo scopo primario da perseguire, su come conseguirlo e anche su come regolarsi al voto del prossimo 4 marzo. Lo scopo è quello di far nascere una società giusta e solidale dando il massimo contributo a tale processo di trasformazione. Per dare questo apporto bisogna praticare la democrazia sui territori, nelle relazioni interpersonali, nel lavoro, nel rapporto con le istituzioni, senza ridurre la partecipazione politica al voto o all’inventarsi una lista due mesi prima delle elezioni. Parlo della democrazia come processo partecipato di cura del bene comune e della giustizia verso i diritti di tutti. Le elezioni sono solo il momento di sintesi istituzionale di questo insostituibile impegno.

E dunque, per chi votare? Non optando per il male minore, bensì scegliendo le persone e la lista ritenute più capaci di far germogliare il seme di un’altra società e più disponibili a modificarsi per porsi al servizio della democratizzazione del Paese. Il che, intanto, significa non votare per quelle forze politiche che non mettono in discussione né se stesse né il capitalismo come tale. La scelta di lavorare per un’altra forma di società e di economia è il primo requisito di credibilità nel valutare la proposta di chiunque. Soprattutto si tratta di operare per ricostruire le condizioni basilari della vita pubblica. Ogni giorno e non solo quando si vota.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata. Nel 2016 ha pubblicato “La rivolta delle risorse umane. Appunti di viaggio verso un’altra società” (Pazzini editore)

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