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Elettrico e cooperativo: un altro car sharing in Europa è possibile

Nata nel 2016 a Matarò, la cooperativa Som Mobilitat oggi conta 2.500 soci © Som Mobilitat

I 2.500 soci della cooperativa catalana Som Mobilitat condividono il parco mezzi, decidono insieme i prezzi del noleggio e hanno una piattaforma digitale che li ha resi autonomi. Così cambiano il modello di mobilità. Il fenomeno cresce

Tratto da Altreconomia 246 — Marzo 2022

Barcellona, Mataró, Terrassa e Sabadell bastano pochi tocchi sul proprio smartphone per prenotare un’auto elettrica con il car sharing di Som Mobilitat. A prima vista il servizio è pressoché identico ai tanti gestiti da società private e presenti anche nelle medie e grandi città italiane, come la tedesca Share Now o Enjoy. Quella che cambia però è la filosofia alla base dell’iniziativa catalana, nata nel 2016 per iniziativa di un gruppo di cittadini che si sono costituiti come cooperativa per sperimentare un modello diverso e più sostenibile di mobilità. “Dai 300 soci iniziali oggi siamo a quota 2.500: mettiamo a disposizione 60 auto in 21 Comuni”, spiega Maria Medina, socia della cooperativa e responsabile della comunicazione per Som Mobilitat.

Il servizio prevede la possibilità di prelevare le auto da stalli fissi dove è presente anche una colonnina dedicata in modo da garantire la ricarica al termine di ogni noleggio. Si può noleggiare il veicolo a ore (a un costo che varia dai 4 ai 6 euro ogni 60 minuti) oppure per più giorni consecutivi, ad esempio per andare in vacanza: con un costo giornaliero di 26 euro per un noleggio di venti giorni. E ancora, è possibile riservare un veicolo per alcune fasce orarie fisse nell’arco della settimana. “È quello che fanno alcuni piccoli Comuni che hanno dovuto cambiare i propri mezzi perché troppo vecchi o inquinanti e hanno deciso di usufruire del nostro servizio: pagano una quota fissa mensile e quando non usano le auto, ad esempio la sera o nei fine settimana, le lasciano a disposizione dei cittadini”, prosegue Medina.

Sono 60 le automobili messe a disposizione in 21 Comuni in Spagna dalla cooperativa catalana di car sharing elettrico Som Mobilitat

L’idea di sperimentare un modello cooperativo per la gestione di un servizio di car sharing elettrico affonda le sue radici nell’esperienza e nel successo di Som Energia: cooperativa energetica fondata nel 2010 a Girona, in Catalogna, produce energia 100% da fonti rinnovabili e oggi conta più di 80mila soci. “Som Mobilitat è nata per iniziativa di un gruppo di persone consapevoli dell’importanza di cambiare il modello di mobilità -spiega Medina-. E la struttura cooperativa ci sembrava quella più adatta per raggiungere questo obiettivo: è trasparente e orizzontale, le decisioni non vengono imposte dall’alto. Sono i soci a decidere le tariffe di noleggio, dove attivare le colonnine e installare gli stalli delle auto e tutte le variabili che riguardano il servizio”. In questo senso va una recente iniziativa della cooperativa: un finanziamento collettivo dal basso (crowdfunding) che coinvolge i cittadini interessati ad attivare una postazione di noleggio di Som Mobilitat nel proprio quartiere o nella propria strada. Una volta raggiunta la somma necessaria, la cooperativa procede ad acquistare il veicolo e ad attivare il servizio. “Questa modalità ci ha già permesso di finanziare l’acquisto di nove auto”, aggiunge Medina.

Som Mobilitat è una delle 13 cooperative che fa parte della rete europea “The mobility factory” © Som Mobilitat

“I soci di Som Mobilitat decidono le tariffe di noleggio, dove attivare le colonnine e installare gli stalli delle auto e tutte le variabili del servizio” – Maria Medina

“Abbiamo deciso di affrontare il tema della mobilità perché rappresenta un elemento essenziale nella trasformazione dei comportamenti delle persone: il servizio di car sharing permette di non avere un’auto di proprietà, sostituendola con un veicolo elettrico in condivisione con altri. E questo rappresenta un doppio vantaggio”, spiega ad Altreconomia Lukas Reichel, ingegnere e responsabile del coordinamento europeo per Som Mobilitat. La scelta del modello cooperativo permette di fare un passo ulteriore verso una trasformazione più profonda del modello di mobilità, che non riguarda solo la scelta tra uno o più diversi fornitori di servizi ma mette al centro il ruolo attivo delle persone che partecipano all’iniziativa, esprimendo i propri bisogni ed elaborando proposte. “Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita in molte città di servizi di sharing per le biciclette, per le automobili -riflette Reichel-. Solitamente si tratta di società che arrivano da fuori e investono molti soldi: ma se il servizio non funziona lo interrompono. Per chi magari ha scelto di rinunciare all’auto affidandosi a questi servizi, una situazione come questa è un problema. Se fai parte di una cooperativa invece hai la garanzia che non scomparirà dall’oggi al domani”.

L’organizzazione cooperativa permette ai soci di gestire, in maniera democratica e trasparente, tutti gli aspetti delle attività di Som Mobilitat. Una delle ultime iniziative della cooperativa è stata una raccolta fondi dal basso rivolta ai cittadini per attivare una postazione di noleggio nel proprio quartiere o nella propria strada © Som Mobilitat

Fin dall’inizio tra i soci fondatori di Som Mobilitat è stata chiara la necessità di investire su un’infrastruttura digitale per automatizzare i processi di noleggio e offrire i propri servizi a un costo accessibile. Una delle difficoltà più grandi che la cooperativa ha dovuto affrontare è stata proprio lo sviluppo di un’app per smartphone e del sistema informatico necessario alla gestione del servizio di car sharing: registrazione degli utenti, prenotazioni, pagamenti, sistema di blocco e sblocco delle auto. “Avremmo potuto semplicemente acquistare un software o una licenza da un’azienda specializzata, ma in questo modo una parte importante della nostra attività sarebbe finita nelle mani di chi fornisce quel tipo di servizio -sottolinea Reichel-. Per questo motivo abbiamo deciso di seguire una strada diversa e abbiamo contattato Partago, una realtà belga molto simile a noi, attiva già dal 2014, che aveva già iniziato a lavorare sull’infrastruttura tecnologica: molto generosamente hanno deciso di condividerla con noi e siamo diventati entrambi co-proprietari del software”.

“Abbiamo scelto di affrontare il tema della mobilità perché rappresenta un elemento essenziale nella trasformazione dei comportamenti delle persone” – Lukas Reichel

In breve tempo la rete delle cooperative di car sharing elettrico si è allargata ulteriormente. In un primo momento Partago e Som Mobilitat hanno fornito il software ad altre cooperative ma nel 2018 è stato fatto un ulteriore passo avanti con la costituzione di “The mobility factory: “Volevamo che tutte le realtà fossero co-proprietarie del software e quindi abbiamo costituito una nuova cooperativa -spiega Lukas Reichel, che ricopre il ruolo di amministratore delegato-. Tutte partecipano allo sviluppo dell’infrastruttura tecnologica decidendo, attraverso un processo democratico, quali sono le caratteristiche che devono essere sviluppate”.

Oggi “The mobility factory” è una rete formata da 13 cooperative da diversi Paesi (Belgio, Olanda, Germania, Spagna e Regno Unito) che mettono a disposizione di circa 2.200 utenti una flotta di 250 automobili elettriche. Una delle realtà più grandi è proprio Partago: opera in una decina di Comuni delle Fiandre e mette a disposizione dei suoi soci 107 automobili elettriche. All’estremità opposta dello spettro ci sono piccole realtà come la comunità energetica di Tisbury, in Inghilterra, che oltre ad aver installato pannelli fotovoltaici sui tetti delle scuole e delle fattorie ha acquistato e messo in condivisione con i soci due veicoli elettrici. Ci sono poi realtà, come l’olandese LochemEnergie, che offrono servizi “verdi” a 360 gradi ai propri soci: dalla produzione collettiva di energia tramite pannelli fotovoltaici all’efficientamento energetico e che da alcuni mesi ha attivato anche il servizio di car sharing.

“Paragonata ad altri Paesi europei, l’Italia è indietro rispetto all’applicazione del modello cooperativo per la gestione del car sharing” – Massimo Ciuffini

Forte dei buoni risultati in questi anni, “The mobility factory” ha lanciato un crowdfunding che ha permesso di raccogliere 250mila euro da investire nel miglioramento delle piattaforme, rendere possibile ai soci di una singola cooperativa l’uso di tutte le auto della rete e, soprattutto, creare legami più solidi con le cooperative energetiche in modo da garantire a tutte le auto ricariche 100% da fonti rinnovabili.

Ma sulla carta europea della mobilità elettrica cooperativa spicca il “buco” lasciato dall’Italia: nel nostro Paese, infatti il car sharing ha avuto una linea di sviluppo totalmente commerciale gestita da società private, come evidenzia Massimo Ciuffini, coordinatore tecnico dell’Osservatorio nazionale sharing mobility. “La mia sensazione è che, paragonata ad altri Paesi europei, l’Italia sia indietro quanto all’applicazione del modello cooperativo per la gestione di questi servizi -spiega-. Le prime esperienze di car sharing, nate negli anni Settanta, avevano una dimensione comunitaria. Ma a partire dagli anni Dieci del Duemila questo modello è stato soppiantato da altri modelli più strutturati. In questi mesi, però si stanno strutturando alcuni progetti per un car sharing di quartiere a Parma e a Reggio Emilia”.

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