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Economia / Approfondimento

Economia circolare: così il Pianeta può davvero “chiudere il cerchio”

In grado di rigenerare se stesso, il modello della “circular economy” -fondato sulla progettazione intelligente dei prodotti e sul recupero degli scarti- sfida la tradizionale crescita lineare. E guarda al futuro

Tratto da Altreconomia 194 — Giugno 2017
Un’immagine della città di Växjö, nella provincia dello Småland, in Svezia. È la “più verde città d’Europa” - © Mats Samuelsson, www.mynewsdesk.com

“Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero, ma osserviamo che i progressi in questa direzione sono ancora molto scarsi”. Scriveva così papa Francesco, nella sua enciclica “Laudato si’” (testo dalla potenza ancora intatta ma troppo sottovalutato). Era la fine del maggio 2015, esattamente due anni fa, e il papa arrivava prima della Commissione europea, che solo a dicembre avrebbe varato il cosiddetto “pacchetto” sull’economia circolare dal titolo “Closing the loops” (inspiegabilmente tradotto dalle istituzioni italiane con “L’anello mancante”).

“In realtà già con Janez Potočnik come commissario all’ambiente della presidenza Barroso (2010-2014, ndr) il tema era stato definito primario” spiega Françoise Bonnet, segretario Generale di ACR+ (Association of Cities and Regions for Sustainable Resource Management, www.acrplus.org), e coordinatrice del Circular Europe Network. “Gli effetti della crisi economica erano evidenti, e altrettanto evidente era che l’Europa è troppo dipendente da risorse esterne. La Commissione fece propria la riflessione che porta a utilizzare meno risorse possibili, internalizzare le esternalità, mantenere sul proprio territorio risorse giunte da fuori. Non è un tema nuovo, ma un po’ più moderno”.

Il “pacchetto” della Commissione era suddiviso in due parti. “Da un lato l’action plan: che cosa fare per realizzare la transizione dell’economia? Si tratta di diverse misure, ma non normative, semmai indicazioni di policy, pur se con la possibilità di finanziamenti.

70% l’obiettivo di riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani contenuto negli emendamenti al “pacchetto economia circolare” approvati nel marzo 2017 dal Parlamento europeo

Dall’altro lato c’è il il pacchetto rifiuti, che invece insiste sulla modifica di diverse normative che riguardano la gestione dei rifiuti. In particolare si tratta di quattro direttive europee, le più importanti delle quali sono quella quadro sulla gestione e quella sugli imballaggi. Nel programma 2017 infine la Commissione ha previsto anche di lavorare sul tema dell’acqua, non programmato così chiaramente nel 2014. Infine, il tutto è da collegare alla politica energetica comunitaria”.

Per una definizione precisa di “economia circolare” però ormai ci si affida alla Ellen MacArthur Foundation (Emaf, https://www.ellenmacarthurfoundation.org/), nata su iniziativa della celebre velista nel 2010 con lo scopo di accelerare la transizione verso l’economia circolare. Dalla sua nascita si è imposta come think tank globale, capace di far comprendere l’economia circolare nelle agende dei principali “decision makers” economici, politici e accademici. Ecco la definizione di Emaf, oggi considerata tra le più accurate ed esaustive: “L’economia circolare è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. In altre parole, “l’economia circolare cerca di ricostruire il capitale, sia finanziario, produttivo, umano, sociale o naturale. Ciò assicura un maggior flusso di beni e servizi”. Un’economia circolare è dunque “riparativa e rigenerativa sin dalla progettazione, e mira a mantenere in ogni momento i prodotti, i componenti e i materiali al massimo utilizzo e valore. Il concetto differenzia tra cicli tecnici e biologici”. Ovvero “Un’economia circolare è un continuo ciclo di sviluppo positivo che preserva e valorizza il capitale naturale, ottimizza i rendimenti delle risorse e riduce al minimo i rischi di sistema gestendo azioni finite e flussi rinnovabili. Funziona efficacemente su ogni scala”. Ken Webster è “Head of Innovation” alla Ellen MacArthur Foundation. Spiega: “Siamo abituati a servirci di ‘microscopi’ per osservare l’infinitamente piccolo, o di ‘telescopi’ per l’infinitamente lontano. C’è una parola che non usiamo mai, ed è ‘macroscopio’. Il macroscopio è un esercizio che si disinteressa dei dettagli: guarda l’immagine complessiva e non i particolari. Se osserviamo l’economia attuale con un macroscopio, noteremo numerosi elementi e un quadro di insieme fatto di combustibili fossili, cambiamento climatico, perdita di biodiversità, esaurimento di minerali, eccessivo consumo di acqua, crescita della popolazione. Osserveremo anche l’andamento dei prezzi delle commodities, la forbice sempre più evidente tra produttività e salari, la crescita del debito privato e pubblico. Di fronte a questa situazione, il nostro approccio si ispira alle parole di Richard Buckminster Fuller (inventore, architetto e designer statunitense, ndr): le cose non si cambiano combattendo l’esistente. Per cambiare qualcosa, proponi un nuovo modello che renda quello esistente obsoleto”.

Il ciclo di vita delle produzioni biologiche e tecniche. Il ruolo dei produttori e le azioni da mettere in pratica - Fonte: Ellen MacArthur Foundation e McKinsey Center - Business and Environment; adattamento da Braungart & McDonough, “Cradle to Cradle (C2C)”

4,5mila miliardi di dollari, il valore economico degli sprechi di risorse, capacità, cicli di vita e rifiuti nell’economia lineare tradizionale

“Finora la cosiddetta ‘crescita’ economica si è accompagnata linearmente alla crescita del consumo delle risorse” spiega Beatrice Lamonica, responsabile della divisione Sustainability Services di Accenture per Italia, Europa Centrale e Grecia e autrice del volume “Circular Economy. Dallo spreco al valore”. “Ma non è pensabile che continui così in un mondo in cui nei prossimi 12 anni potrebbero esserci 2,5 miliardi di consumatori in più. Già dal 2000 si è invertito un rapporto fondamentale dell’economia lineare, ovvero la relazione tra crescita del Pil mondiale e variazione dei costi delle commodity. Tradotto: dal 2000 cresce il Pil ma crescono anche i costi delle materie prime. Il che vuol dire che quando parliamo di scarsità dovremmo completare dicendo anche scarsità di risorse a costi accessibili. Il nostro punto di vista è che ci sono quattro tipi di spreco: lo spreco di risorse, lo spreco di capacità, lo spreco dei cicli di vita e infine lo spreco di valore dei rifiuti. Queste tipologie di sprechi hanno un valore economico. Combatterli ammonta a qualcosa come 4.500 miliardi di dollari di opportunità economica. Secondo le nostre stime l’economia circolare può avere un impatto sull’economia europea pari a 600 miliardi di euro e 580mila posti di lavoro da qui al 2030”.


Il grafico contiene un errore: i dati relativi ad argento e oro sono in realtà in grammi, e non in chilogrammi, ndr

“La ‘crescita’ economica si è accompagnata alla crescita del consumo delle risorse. Ma non è pensabile che continui in un mondo in cui tra 12 anni potrebbero esserci 2,5 miliardi di consumatori in più” (Beatrice Lamonica)

Anche l’Italia potrebbe trarne un grande giovamento. “Le stime ci dicono che l’applicazione di un piano di azione da qui al 2030 -spiega Danilo Bonato, direttore generale di Remedia, tra i principali consorzi italiani per la gestione eco-sostenibile dei rifiuti tecnologici, i cosiddetti RAEE- potrebbe portare fino a 45 miliardi euro di ricchezza aggiuntiva e 100mila posti di lavoro in più”. Il 14 marzo 2017 il Parlamento europeo ha approvato delle proposte emendative sul “pacchetto” economia circolare, che innalzano gli obiettivi fissati dalla Commissione nelle sue proposte in tema di rifiuti. In particolare, si prevede di arrivare al riutilizzo e riciclaggio di rifiuti urbani pari al 70% entro il 2030 (e non più al 65%) e un ricorso alla discarica del 5%. A maggio le tre istituzioni europee -Parlamento, Commissione e Consiglio- sono entrate nei negoziati interistituzionali per accordarsi su un un testo finale delle nuove leggi in materia di rifiuti. European environmental bureau, Friends of the Earth e Zero Waste Europe (con il contributo di Legambiente) hanno inviato agli Stati membri un questionario per valutare quali proposte sosterranno. Tra i Paesi che sembrano volersi opporre agli obiettivi indicati dal Parlamento ci sono Ungheria, Lituania, Lettonia, Finlandia e Danimarca. Repubblica Ceca, Italia, Svezia, Portogallo, Lussemburgo e Slovacchia sarebbero a favore dell’obiettivo di riciclo al 65%, ma con un ridimensionamento degli obiettivi in termini di preparazione al riutilizzo e prevenzione dei rifiuti. E se Gran Bretagna, Germania, Polonia, Irlanda, Slovenia e Croazia non hanno voluto dichiarare le proprie posizioni, dall’altra parte Grecia, Romania e Spagna, insieme a Francia, Belgio e Olanda, chiedono un maggior sostegno al riciclo, prevenzione e riutilizzo.

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