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Ambiente

Durban. Il negoziato dell’incertezza

A Durban domina l’incertezza. Ed un documento preparato sabato scorso mostra ai negoziatori l’immane lavoro che hanno davanti. Riuscirà la COP17 ad essere inserita negli annali delle Conferenze che contano? Troppo presto per saperlo, ma i risultati sostanziali sembrano lontani. E mentre si attende l’arrivo delle alte sfere politiche, la Cina lancia la sfida: "Pronti a impegni vincolanti". E ora, i Paesi industrializzati, che cosa faranno?

Incertezza. Questo si respirava  alla plenaria di stamattina, dove le delegazioni di tutti i Paesi membri della Convenzione quadro si sono riunite per riportare le proprie posizioni sugli ultimi avanzamenti in sede negoziale. Sabato scorso Daniel Reifsnyder, presidente dell’LCA, il Gruppo di lavoro incaricato di accompagnare il processo di piena applicazione ed implementazione della Convenzione Onu sul clima, ha presentato una prima bozza di documento, molto ampia ed indefinita dove sono contenute, di fatto, tutte le posizioni in campo. Già iil nome, "Amalgamation document", è tutto un programma. Obiettivo è mettere davanti al dato di fatto i negoziatori, dando così la percezione del grande lavoro che c’è da portare avanti da oggi fino a venerdì, giorno della conclusione della COP17.
Da più parti si è apprezzato lo sforzo di tenere tutto assieme, ma diversi a cominciare dall’Unione Europea hanno denunciato la scarsa ambizione di un documento che dovrebbe pianificare gli sforzi dei prossimi anni per la lotta al climate change.
E’ ancora cristallizzato lo scenario all’interno dell’altro gruppo di lavoro, quello sul Protocollo di Kyoto, perchè le posizioni sono ancora molto distanti tra loro. E il Protocollo, ormai in scadenza, rischia di essere messo in soffita con tutte le speranze di un nuovo periodo di impegni vincolanti a cui i Paesi industralizzati dovrebbero attenersi.
Che possibilità ci sono che si raggiunga un accordo vero entro venerdì? La situazione è in evoluzione, ma il braccio di ferro è sempre più forte ed il rischio di un ulteriore spostamento alla prossima COP18, prevista in Qatar, c’è tutto.
Il problema è che diversi Paesi, soprattutto Cina e G77 assieme ai Paesi dell’ALBA, l’Alleanza Boliviariana delle Americhe (Ecuador, Bolivia, Venezuela per dirne alcuni) sono molto chiari: senza un secondo periodo di impegni sotto Kyoto, il rischio è che salti tutto. Anche perchè alcuni meccanismi di mercato, come i Clean Development Mechanism che assicurano ai Paesi con obblighi di riduzione delle emissioni di scambiare diritti di emissione con progetti di sviluppo pulito nei Paesi del Sud, sono previsti dal Protocollo di Kyoto. La posizione dei Paesi emergenti è chiara: se si rifiuta Kyoto, lo si rifiuta in toto, quindi niente scorciatoie.
E da domani il gioco si fa duro. L’arrivo dei Ministri e dei Capi di Stato segna un’inversione di tendenza a livello negoziale. La palla passa dall’approccio tecnico a quello politico, con tutto quello che ne deriva in termini di capacità di leadership. E dopo la dichiarazione del viceministro cinese all’economia Xie Zhenhua che la Cina sarebbe pronta a fare la sua parte accettando limitazioni vincolanti, adesso l’attenzione è rivolta ai Paesi industrializzati. Sono pronti ad accettare un secondo periodo di impegni capace di rilanciare Kyoto, aggiornarlo e portare avanti una campagna concreta contro il cambiamento climatico? L’ultimo rapporto dell’UNEP, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite è chiaro: gli obiettivi non sono stati raggiunti, e il punto di non ritorno è oramai alle porte.
 

Il rapporto Unep – Bridging the gap
L’ "Amalgamation document" dell’UNFCCC

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