Diritti / Attualità
Due class action contro le questure di Venezia e Vicenza per i ritardi nell’accesso all’asilo

Nei due uffici governativi la violazione del diritto a chiedere protezione è sistematica. La legge prescrive infatti tre giorni per la formalizzazione ma si arriva fino a oltre tre mesi. Asgi, Emergency, Lungo la rotta balcanica e Cadus hanno perciò promosso due azioni collettive per l’efficientamento della Pubblica amministrazione. Entro fine luglio possono unirsi singoli e associazioni che hanno riscontrato le stesse illegittimità. Un precedente dal riflesso nazionale
“A Venezia e a Vicenza le persone straniere attendono tra i 90 e i 100 giorni per poter chiedere la protezione internazionale”, denuncia Chiara Pigato, avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) del foro di Vicenza, mostrando i dati ottenuti dalle due questure venete tramite accesso civico.
“I ritardi nell’ammissione alla procedura d’asilo non sono relativi a casi singoli ma sono strutturali e generalizzati e si riflettono sull’accesso ai diritti fondamentali delle persone. Perciò abbiamo deciso di procedere con due class action per ritardi sistematici”.
Il 7 marzo di quest’anno le organizzazioni della società civile per la tutela dei diritti umani Asgi, Emergency, Lungo la rotta balcanica e Camera avvocati per i diritti umani e degli stranieri (Cadus) hanno infatti presentato al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Veneto due ricorsi collettivi contro le questure di Venezia e Vicenza per i ritardi sistematici nell’accesso alla procedura di protezione internazionale.
Le organizzazioni hanno deciso di utilizzare uno strumento finora poco diffuso nel diritto dell’immigrazione, quello della class action pubblica. “Quest’ultima è un’azione legale che porta all’attenzione del tribunale competente, in questo caso il Tar, una pratica disfunzionale e inefficiente di una Pubblica amministrazione o di chi ne gestisce un servizio -spiega l’avvocata Maria Teresa Brocchetto, socia Asgi-. Si può giungere a una sentenza che accerta la sistematica violazione di un termine o altre forme di inadempimento e ordina perciò all’amministrazione di porvi rimedio senza maggiori costi od oneri per lo Stato, ma lavorando su una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse. La class action non prevede forme di risarcimento del danno per i richiedenti asilo ma è uno strumento che spinge l’amministrazione a lavorare rispettando la legge”.
Secondo quanto stabilisce la normativa italiana e dell’Unione europea, quando una persona straniera presenta una richiesta d’asilo la questura è tenuta a formalizzarla, tramite la compilazione e registrazione del cosiddetto “modulo C3”. Il termine è di tre giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà e può essere esteso per ulteriori dieci solo in caso di arrivi “consistenti e ravvicinati” sul territorio italiano. Le questure devono poi raccogliere e registrare la domanda, che sarà successivamente valutata dalla Commissione territoriale competente.
Dopo le numerosissime segnalazioni ricevute dagli avvocati e dagli operatori che lavorano nelle due province sui ritardi accumulati nelle pratiche d’asilo, le organizzazioni citate hanno perciò deciso di formulare una richiesta di accesso agli atti alle questure di Venezia e Vicenza, per gli anni 2022, 2023 e i primi sei mesi del 2024, chiedendo i numeri delle manifestazioni di volontà nel presentare la domanda di asilo e il tempo medio di attesa della relativa formalizzazione. Come detto, le questure hanno risposto indicandone uno medio d’attesa tra i 90 e i 100 giorni per la formalizzazione (modulo C3), ben al di là del termine previsto dalla legge.
“Abbiamo anche chiesto di fornire il numero di pratiche lavorate ogni singola giornata dall’ufficio competente, dalle risposte abbiamo riscontrato un andamento assolutamente discontinuo, da un paio di richieste elaborate al giorno fino a venti, quindi c’è la possibilità di rendere il processo più efficiente -aggiunge Pigato-. In provincia di Venezia abbiamo notato che solo la sede centrale della questura era abilitata a raccogliere le domande di protezione internazionale e le altre sedi decentrate si occupavano di altro. Uno degli obiettivi della class action potrebbe essere dunque quello di attivare gli altri uffici, come i commissariati di zona, per diminuire i tempi delle richieste e aumentare le sedi in cui è possibile inoltrarla”.
I ritardi accumulati e le prassi illegittime non si limitano alle questure di Venezia e Vicenza ma sono diffusi in tutto il Paese, come abbiamo documentato anche a fine 2022 su Altreconomia. Non solo: nel 2024 è stato pubblicato il report “Mappatura delle prassi illegittime delle questure italiane” a cura di Asgi che ha documentato varie procedure illegittime per quanto riguarda l’accesso all’iter di protezione internazionale, l’ammissione alle misure d’accoglienza, i ritardi e le inefficienze nel rilascio dei permessi di soggiorno. Anche lo studio “Attendere prego: report sugli ostacoli nell’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale in Italia” (pubblicato da Asgi, Naga, Intersos, Irc, Le Carbet e Associazione mutuo soccorso) ha evidenziato pratiche sistematiche e ostacoli diffusi che impediscono ai richiedenti asilo di esercitare i propri diritti.
“Un esempio di prassi illegittima nelle questure di Venezia e Vicenza che causa grandi problemi alle persone straniere era la possibilità di accedere agli uffici solo su invio di una richiesta scritta tramite mail -continua Pigato-. È stata poi aggiunta la necessità di inviare una mail tramite posta elettronica certificata (Pec), di cui molte persone, che vivono una situazione precaria sul territorio, non dispongono”.
Brocchetto aggiunge un altro pezzo. “Dai ritardi e dalle inefficienze nella gestione delle pratiche burocratiche deriva poi un aumento della marginalizzazione dei richiedenti asilo che vivono situazioni di grave fragilità -evidenza l’avvocata-. Finché non viene formalizzato il loro status di richiedente asilo si trovano nell’impossibilità di accedere a una serie di tutele e diritti, nei fatti rimangono esclusi dal sistema d’accoglienza, dall’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, dall’accesso al mondo del lavoro e dalla registrazione all’anagrafe”.
Le organizzazioni chiedono al Tar di ordinare alle questure di Venezia e Vicenza di rispettare i termini di legge, i diritti dei richiedenti asilo e di risolvere l’inefficienza. Entro il termine del 27 luglio 2025 possono unirsi all’azione collettiva, attraverso un atto di intervento nel giudizio, singoli e associazioni che hanno rilevato lo stesso problema nelle due questure.
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