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Diritti

Dove sono i poliziotti democratici?

 Ennio Di Francesco è un ex funzionario di polizia dal passato burrascoso. La sua storia è raccontata in un libro autobiografico ormai introvabile: “Un commissario” (Rizzoli). Negli anni Settanta, in particolare, Di Francesco fu un personaggio piuttosto noto, sia per la…

 Ennio Di Francesco è un ex funzionario di polizia dal passato burrascoso. La sua storia è raccontata in un libro autobiografico ormai introvabile: “Un commissario” (Rizzoli). Negli anni Settanta, in particolare, Di Francesco fu un personaggio piuttosto noto, sia per la sua attività investigativa sia per il ruolo importante che rivestì nel movimento dei poliziotti democratici che condusse alla smilitarizzazione della polizia e alla libertà d’organizzazione sindacale. Erano i tempi in cui le riunioni del nascente sindacato erano segrete e i dirigenti quasi dei carbonari. Di Francesco, per la sua intransigenza morale e la poca malleabilità (anche in certe inchieste sul terrorismo) fu vessato dall’amministrazione di polizia. Ora è un pensionato che continua a battersi, fuori dell’istituzione, per un’idea di polizia – democratica, trasparente, aperta alla società – che appare sempre più lontana. Qui sotto è riportato un suo intervento in merito al G8 di Genova e alle relazioni, in larga parte compromesse, fra le forze di polizia e il resto della società.
Come dice lo stesso Di Francesco, i “poliziotti democratici” in larga parte tacciono, mentre l’involuzione autoritaria avanza: non si intravedono, al momento, all’interno delle forze dell’ordine, gli anticorpi che sarebbero necessari. Lo stessos indacalismo, in polizia, è ormai degenerato: le sigle si sono moltiplicate e sono ormai, da un alto, strumenti di protezione per le carriere dei singoli, dall’altro utili canali di ‘governo’ del corpo a disposizione di una dirigenza che sembra organizzata per clan. Ecco l’intervento di Ennio Di Francesco. 

Quanto sta emergendo in sede giudiziaria sui fatti di Genova durante il G8 deve fare costruttivamente riflettere sulle carenze e responsabilità operative in quella città ma anche su quelle della pianificazione, della scelta degli uomini, della mancata intelligence, delle direttive impartite; nonché sul “meccanismo premiale” che, prima a Napoli e poi a Genova, ha innescato la rapida carriera di funzionari forse più inclini di altri a trasgredire il buon senso, la deontologia professionale e magari le leggi per bramosia di carriera o malinteso “spirito di corpo”.

Le sofferte dichiarazioni seppur tardive del vice-questore Fournier permetteranno forse di riavviare il faticoso processo di democratizzazione nato dalla “base” degli stessi poliziotti nei tremendi anni ’70 che, aggregando oltre ogni ideologia forze politiche, giuridiche e sociali, ha creato uno straordinario nuovo rapporto “polizia-cittadini”. Ciò ha coadiuvato nei tremendi anni di piombo a garantire il Paese da involuzioni autoritarie, dal terrorismo e dall’aggressione criminale e mettendo le basi per un “sistema sicurezza” più efficace, civile, professionale e democratico.

Nel 2000 “dall’alto” si è voluto, in buona o mala fede, interrompere questo processo a favore di un muscolare e militarizzato concetto di “pubblica sicurezza”. Ferma restando la più decisa condanna sociale e giudiziaria dei “provocatori professionali” che hanno aggredito la città di Genova e le forze dell’ordine, si può essere certi che accanto ai pacifici manifestanti brutalmente colpiti sono stati colpiti moralmente in quella città anche tutti i poliziotti democratici, anche quelli che a Genova pur facendo il loro lavoro con sacrificio e onestà hanno taciuto per evitare rappresaglie gerarchiche sulla propria vita professionale e familiare.

Forse è il momento per loro di un riscatto di dignità: per amore proprio della Polizia, quella vera. Inoltre per tutte le forze politiche è l’occasione per andare oltre le strumentalizzazioni ideologiche riflettendo insieme, come fu negli anni ’70, sulla necessità di affrontare sempre più efficacemente e congiuntamente la sicurezza della collettività e il diritto democratico di manifestare il dissenso. E’ paradossale invece che dal 2000 sia stato compromesso, spesso con provvedimenti contraddittori e ignoti ai più, il “sistema civile di sicurezza pubblica e di lotta al crimine”.

Ennio Di Francesco

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