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Diritti / Opinioni

Diritti umani: l’Italia sorda minaccia l’Onu

Michelle Bachelet, già presidente del Cile, è la prima donna a ricoprire la carica di Commissario per i diritti umani per le Nazioni Unite

Alle preoccupazioni sullo stato di salute del nostro Paese da parte dalle Nazioni Unite, il governo Conte ha replicato stizzito, evocando ritorsioni. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci

Tratto da Altreconomia 208 — Ottobre 2018

Michelle Bachelet, neo-commissario dell’Onu per i diritti umani, all’inizio di settembre (e del suo mandato) ha richiamato l’attenzione internazionale sul caso Italia, che sarà oggetto d’indagine di un’apposita missione. L’ex presidente cilena -donna politica che ha sperimentato la tortura nelle carceri di Augusto Pinochet- ha indicato i maggiori elementi di preoccupazione riguardanti il nostro Paese citando sia episodi recenti, come il contrasto alle navi delle Ong nel Mediterraneo e il conseguente aumento del tasso di mortalità durante le traversate sui barconi dei trafficanti, sia discriminazioni di lungo corso come quelle che colpiscono le persone di pelle scura e il popolo rom.

L’Italia non è nuova ad appunti, critiche e ispezioni da parte delle agenzie e dei comitati delle Nazioni Unite specializzati nella tutela dei diritti fondamentali. Già una decina di anni fa, all’epoca dei primi “pacchetti sicurezza” e delle campagne politiche e mediatiche sulla cosiddetta emergenza sicurezza legata all’immigrazione, la commissaria Onu del tempo, la magistrata sudafricana Navi Pillay, visitò l’Italia e non mancò di esprimere stupore e rammarico per la condizione della minoranza rom e per l’atteggiamento allarmistico e unilateriale dei maggiori mezzi d’informazione in materia di immigrazione e ordine pubblico.

Non molto è cambiato da allora e se pensiamo alle numerose condanne inflitte al nostro Paese dalla Corte europea per i diritti umani per casi di respingimento illegittimo di migranti, condizioni di vita nelle carceri e pratica della tortura, ecco che il faro gettato dall’Onu sull’Italia appare tutt’altro che sorprendente. Se poi qualcuno avesse ancora dei dubbi, può valutare la reazione del governo italiano alle affermazioni di Michelle Bachelet, sintomatica di un malessere profondo.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è scagliato contro le Nazioni Unite con argomenti impolitici e divaganti del tutto trascurabili, minacciando di sospendere il pagamento del contributo versato ogni anno dall’Italia in quanto membro dell’organizzazione. E la stessa replica scritta del ministero degli Esteri -certo più razionale- si è rivelata un boomerang, almeno nel passaggio in cui la Farnesina si dichiara orgogliosa della drastica riduzione del numero di persone arrivate dall’Africa via mare nei porti italiani ma senza nulla dire circa la sorte toccata a chi non è sopravvissuto alle traversate o è stato costretto a rimanere nei centri di detenzione libici, notoriamente luoghi di abuso e tortura.

1 su 18. Il numero di persone morte rispetto a quelle sopravvissute nelle traversate del Mediterraneo nel 2018 (gennaio-luglio). Nel 2017 (sempre gennaio-luglio) il rapporto era 1/42. Fonte: Unhcr

Vista la scarsa attenzione prestata in passato a condanne e critiche delle varie organizzazioni sovranazionali, con ogni probabilità anche le ragionevoli parole di Bachelet saranno presto dimenticate. Le insolenze del nostro ministro dell’Interno -che pure è indagato per sequestro di persona e altri gravissimi reati legati al divieto d’attracco opposto alla nave Diciotti in agosto- in questo momento sembrano più influenti e più convincenti delle osservazioni espresse dall’ex presidente cilena, con tutto ciò che ne conseguirà in termini di ostruzionismo e indifferenza da parte delle nostre istituzioni per ogni passo che il gruppo d’inchiesta delle Nazioni Unite deciderà di compiere. Stiamo quindi assistendo a un altro passo verso la dissociazione fra legalità e giustizia, fra diritti formali e diritti sostanziali: sotto questo profilo il botta e risposta Bachelet-Salvini è una fotografia dell’ordine delle cose nel nostro Paese e nel nostro tempo.

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri
“Noi della Diaz” e “Parole sporche”.

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