Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Interni / Attualità

“Diritti non piegàti”. Campagna per un alternanza scuola-lavoro di qualità

"Vogliamo un'alternanza formativa". Una studentessa protesta contro l'alternanza scuola-lavoro mostrando un cartello siglato UDS - https://www.facebook.com/uds.studenti

Secondo Unione degli Studenti e Rete della conoscenza per rendere più efficace il sistema gli studenti dovrebbero partecipare alla definizione dei progetti di “alternanza”, e le aziende coinvolte rispondere ad un “Codice etico”. Perché la didattica per competenza non può essere una forma di inserimento anticipato nell’ambiente di lavoro

L’alternanza scuola-lavoro, secondo Unione degli Studenti (UDS) e Rete della conoscenza, non funziona: lo svolgimento dalle 200 alle 400 ore di lezione “fuori dalla classi”, impiegati in aziende o enti, reso obbligatorio in modo “repentino” per tutti gli studenti del triennio, a partire dall’anno scolastico 2015-16, ha trasformato in alcuni casi l’intuizione di una “didattica per competenze” in pratiche al limite dello sfruttamento del lavoro.

L’alternanza scuola-lavoro, che riguarda licei (per 200 ore) e istituti tecnici (per 400 ore), è ormai parte dell’ordinamento, tanto da esser diventata anche materia dell’esame di Stato (dal 2018). Per questo, gli studenti delle scuole superiori riuniti nelle due sigle hanno lanciato a fine marzo la campagna “Diritti non piegàti”, per denunciare i limiti dall’attuale modello organizzativo dell’alternanza e suggerire dei correttivi. A partire da un’effettiva ed efficace inclusione della componente studentesca nella definizione dei percorsi di alternanza. “Lottiamo per i nostri diritti e per un’alternanza di qualità!” spiega il volantino-manifesto della campagna, che denuncia -quali pratiche inadeguate- lo svolgimento dell’alternanza all’interno di aziende “senza alcun collegamento con il programma scolastico” o il fatto che alcuni studenti abbiano dovuto pagare per svolgere l’alternanza. Tra i primi casi, c’è quello di un liceo classico sardo, i cui studenti sono stati impegnati alla Saras di Sarroch, che si occupa di raffinazione del petrolio; tra i secondi, numerose segnalazioni raccolta dall’UDS in regioni come Sardegna, Molise o in aree come l’Irpinia, che “non avendo un tessuto produttivo sul territorio in grado di sopperire alla mole di studenti, si sono trovate costrette a far spostare gli alunni dalla Regione chiedendo a questi ultimi di sopperire alle spese per lo spostamento, con somme che hanno raggiunto i 300-400 euro”, come spiega un documento elaborato da UDS e Rete della conoscenza.

“Sei stato vittima di veri e propri casi di sfruttamento durante l’alternanza scuola-lavoro? Sei stato costretto a pagare per poter fare l’alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per poter accedere all’esame di Stato?” chiedono le due organizzazioni studentesche dal manifesto della campagna. Per superare le difficoltà dell’alternanza scuola-lavoro, vengono suggeriti tre passaggi: far approvare nei Consigli di Istituto le commissioni paritetiche, organi grazie ai quali gli studenti possono decidere, insieme ai docenti, dove e come fare l’alternanza scuola-lavoro, oppure far approvare nei Consigli di Istituto un “Codice etico” che le aziende devono rispettare per poter essere prese in considerazioni come luoghi in cui fare l’Alternanza, o infine far approvare lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti in Alternanza scritto dal basso.

Quanti dei cosiddetti “Campioni dell’alternanza”, dal nome del grande progetto del ministro dell’Istruzione per portare fino a 27mila studenti in aziende come McDonald’s o ENI o Zara, supererebbero il confronto con un “Codice etico”?

UDS e Rete della Conoscenza, però, focalizzano l’attenzione anche su un altro aspetto, che Altreconomia aveva fatto emergere in un articolo del febbraio 2017: nella Legge di Stabilità per l’anno in corso, è stato inserito un provvedimento grazie al quale le imprese che assumono studenti che hanno fatto il 30% del monte ore totale obbligatorio di alternanza scuola-lavoro in quella stessa azienda hanno la possibilità di usufruire di sgravi fiscali fino ad un massimo di 3.250 euro. “Il contratto con cui lo studente viene assunto -denunciano però le due organizzazioni- è il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act, contratto che ha dimostrato come una volta finiti i benefici per le aziende le persone si ritrovano di nuovo senza un posto fisso”. È così, secondo gli studenti che protestano, che “l’alternanza scuola-lavoro passa da essere metodologia didattica ad inserimento anticipato nel mondo del lavoro”. “Un progetto immaturo”, come spiegava Altreconomia, che rischia di diventare dannoso.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati