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Dillo a Unicredit: nessun finanziamento alle fonti fossili

La campagna “Unicredit fuori dal carbone”, di cui fa parte anche l’italiana Crbm, ha reiterato all’istituto di credito -in occasione dell’assemblea degli azionisti Unicredit, del 10 maggio 2012- la richiesta di fermare investimenti e relazioni finanziarie con l’industria dell’estrazione del carbone

 Dopo essere intervenuta in assemblea con Tina Čeligoj (Greenpeace Slovenia) e Melinda Denes (European Coal Finance Campaign), la campagna ha consegnato ai vertici della banca una lettera (in allegato) firmata dal celebre meteorologo Luca Mercalli e daJames Hansen, essore aggiunto presso la Columbia University e Direttore del NASA Goddard Institute, in cui si esprime un invito ad abbandonare il sostegno al combustibile fossile maggiormente responsabile per i cambiamenti climatici  in atto, a causa dell’utilizzo che se ne fa nelle centrali per produrre energia elettrica. L’estrazione, la combustione, lo smaltimento dei residui materiali del carbone causano inoltre conseguenze devastanti sull’ambiente, la salute delle persone e il tessuto sociale delle comunità che vivono vicino alle miniere e alle centrali, come testimoniano centinaia di esempi sparsi per tutto il globo.


Dal 2005 si calcola che il contributo al comparto del carbone di una ventina di grandi banche internazionali ammonti a 171 miliardi di euro. In questo gruppo, tra i primi dieci istituti di credito europei, figura anche l’Unicredit con un totale di oltre cinque miliardi. Nell’ambito dei progetti più controversi sostenuti dalla banca italiana c’è l’ampliamento della centrale di Sostanj (TES6) in Slovenia, a soli 30 chilometri dal confine con l’Austria, che per i prossimi 40 anni terrà vincolato ben l’80 per cento delle emissioni permesse al Paese secondo gli accordi europei e in questo modo finirà per penalizzare la crescita del settore delle rinnovabili. I gruppi della società civile domandano a Unicredit di ritirare il suo finanziamento per Sostanj, molto discusso sia per gli impatti ambientali che provoca che per la dubbia fattibilità economica. Per il governo sloveno, che pure nel febbraio del 2011 ha concesso la licenza ambientale per la costruzione del nuovo blocco, la centrale non sembra rappresentare una priorità assoluta, mentre la polizia locale sta conducendo un’indagine per far luce su possibili atti illeciti legati al progetto.
“In un periodo in cui la crisi climatica ha raggiunto livelli allarmanti, l’Unicredit continua a finanziare la costruzione di centrali elettriche alimentate a carbone, il principale colpevole dei cambiamenti climatici -spiega Giulia Franchi della Crbm-. Così facendo la banca alimenta modelli energetici distruttivi, e perde un’opportunità fondamentale per sostenere lo sviluppo di fonti rinnovabili e di un modello più sostenibile. È giunto il momento che Unicredit trasformi in azioni concrete le sue proclamate credenziali verdi e dia un chiaro segnale di discontinuità col passato -conclude la Franchi-, cominciando col ritirare il proprio sostegno finanziario alla costruzione della centrale di Sostanj in Slovenia”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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