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Difendere i migranti: intervista a mons. Agostino Marchetto

L’arcivescovo Agostino Marchetto, già segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, salito alla ribalta delle cronache per le sue critiche alla politica dell’immigrazione del governo italiano (e recentemente anche del governo francese) ha presentato le sue dimissioni a inizio settembre.

Il “Pacchetto Sicurezza” (legge 94/09) varato dal governo nel 2009, oltre a trasformare l’immigrazione clandestina in reato penale, ha prolungato il tempo massimo di permanenza nei Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) da due a sei mesi, con lo scopo di migliorare la scarsa efficacia dei provvedimenti di espulsione e respingimento che – secondo la Caritas – nel 2009 hanno allontanato dall’Italia solo 34 “clandestini” su 100 intercettati (nel 2004 erano il 57%).
 

L’arcivescovo Agostino Marchetto ha svolto per nove anni il ruolo di segretario del Pontificio consiglio dei migranti, ed è sempre stato in prima fila in difesa dei migranti, dei rom e degli “irregolari”. A settembre il Papa ha accettato le sue dimissioni da questo incarico.

 

Da ex segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, come vede la politica, italiana e non solo, di contrasto all’immigrazione irregolare che prevede accordi di respingimento con altri Stati da un lato, e il trattenimento nei Centri di Identificazione ed Espulsione dall’altro?

Il contrasto degli immigrati irregolari fa parte di un legittimo diritto degli Stati, ma questo va fatto nel rispetto dei diritti fondamentali, che va garantito a tutti gli uomini. Per questo risulta particolarmente critico il contrasto dei cosiddetti “flussi misti”, che includono sia migranti “economici” sia rifugiati e richiedenti asilo. In queste situazioni, non è possibile attuare respingimenti in blocco, perchè questo significa non operare nella legalità internazionale umanitaria. La Convenzione Internazionale per la Protezione dei diritti dei lavoratori migranti sottoscritta nel 1990, non fa distinzione tra immigrati regolari e irregolari. E’ necessario ragionare sempre nell’ottica del rispetto dei diritti, che va combinata al rispetto dei doveri da parte degli immigrati. Questa dualità, dal punto di vista politico, si traduce nella necessità di impiegare le risorse non solo a sostegno della cosiddetta sicurezza, ma anche per sviluppare l’integrazione.

 

Tali politiche di contrasto, secondo lei, rispondono ad una effettiva emergenza per la sicurezza oppure sono in gioco altre finalità, altri interessi?

Certamente il bisogno di sicurezza è un fattore che va considerato. Ma non può essere trattato da solo, senza tener conto di un altro fattore che si combina alla sicurezza, e cioè l’integrazione. Il fatto che si sottolinei, nei mass media come in politica, continuamente il primo fattore contribuisce ad alimentare un clima di paura che non lascia spazio al secondo. Sul fatto che le “emergenze sicurezza” siano alimentate da una paura appositamente creata, lascio ad ognuno la facoltà di giudicare. Le politiche sull’immigrazione devono coniugare il diritto degli Stati a regolare i propri flussi migratori con il Diritto ad emigrare, nel rispetto del bene degli individui, ma soprattutto del bene comune universale. “Una sola famiglia umana” è appunto il principio che titola il mio libro-intervista con Marco Roncalli, edito recentemente da La Scuola (il titolo completo è “Chiesa e Migranti. La mia battaglia per una sola famiglia umana”), ed è anche il tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si terrà il 16 gennaio 2011 ed è stata presentata il 26 ottobre da un messaggio di Benedetto XVI.

 

Delle 36.900 persone sbarcate via mare nel 2008 siamo passati a 9.000 nel 2009. Da maggio a dicembre 2009 il numero di arrivi in Sicilia è diminuito del 90 per cento. Come legge questo dato?

Ci si concentra sempre sui respingimenti via mare, senza tener conto che tre quarti dell’immigrazione irregolare avviene via terra. Il dato esprime il raggiungimento dell’obiettivo dei respingimenti, che è quello di ridurre l’immigrazione irregolare via mare, ma a che prezzo? Il prezzo è rifiutare anche coloro che chiedono rifugio all’Italia. Infatti, parallelamente al crollo degli sbarchi, c’è stata anche una drastica riduzione delle richieste di asilo politico. Non si può trattare allo stesso modo un irregolare e un richiedente asilo. Per queste implicazioni non leggo questo dato in modo positivo.

 

 

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