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Interni

Dieci anni vissuti depenalizzando

Complice la crisi, frodi fiscali e bancarotte sono in aumento, mentre il reato è praticamente scomparso dalle cronache giudiziarie

Tratto da Altreconomia 138 — Maggio 2012

La depenalizzazione del falso in bilancio compie 10 anni. Era l’11 aprile 2002 quando un decreto delegato del governo Berlusconi modificò le disposizioni di legge sulle “false comunicazioni sociali”. In realtà, l’avventura era iniziata due anni prima con la legge delega del governo presieduto da Giuliano Amato, che nel  maggio del 2000 prevedeva la riforma del diritto societario, compresa la revisione degli articoli 2621 e 2622 del codice civile, riguardanti i bilanci societari. Il percorso si è concluso con la legge 262 del dicembre del 2005, sempre durante il governo Berlusconi.
Prima della riforma, la pena prevista per chi modificava con dolo i conti delle società era la reclusione da uno a cinque anni. Oggi, invece, la sanzione prevista è stata ridotta all’arresto per un massimo di due anni. Inoltre sono state introdotte delle soglie di tolleranza entro le quali l’alterazione del bilancio non è punibile. Il codice civile indica che punibilità è esclusa se “le falsità o le emissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione patrimoniale”. La valutazione della “sensibilità” è rimessa al giudice, rispetto al volume d’affari del bilancio in esame.
La legge prevede anche delle percentuali di variazioni tollerate, al di sotto delle quali non c’è punizione. Questo accade, ad esempio, quando si modifica una voce di bilancio con una variazione che non supera il 5% del risultato economico, ovvero l’utile o la perdita conseguita. Se si tratta di determinare il valore di una voce di bilancio, come il magazzino o un terreno, la variazione tollerata arriva fino al 10% del valore corretto (determinato dal giudice in sede di processo).
Da quando la legge sul falso in bilancio è stata modificata i reati risultano in calo: al Tribunale di Milano le iscrizioni nel registro degli indagati sono passate da 146 nel 2000, con 54 rinvii a giudizio, a 8 nel 2012, con nessun rinvio a giudizio. “È la migliore dimostrazione di una riforma che funziona: non ci sono più reati” ha commentato il Procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, in audizione il 28 marzo scorso alla Commissione giustizia della Camera. Secondo Greco, inoltre, il calo apparente dei reati per falso in bilancio contrasta con l’andamento dei reati economici: le frodi fiscali registrano un aumento del 180% e le bancarotte dell’80%: “Negli ultimi tre anni -ha spiegato- i reati per criminalità economica sono cresciuti del 35% e tutti presuppongono una copertura contabile”.
I bilanci vengono controllati dalla Guardia di Finanza, la quale verifica le poste che -in aumento o in diminuzione del risultato di esercizio- fanno arrivare al risultato fiscale. Spesso un bilancio è costruito secondo quello che i tecnici chiamano “doppio binario”, cioè si arriva a determinare un reddito ad hoc in funzione della dichiarazione dei redditi, tenendo conto dei ricavi esenti dalle tasse e dai costi che invece non sono detraibili. La Guardia di Finanza, durante i controlli, va a rilevare proprio le variazioni delle poste di bilancio fatte per alterare l’imponibile ed il calcolo delle imposte dovute.  Nel 2011 sono stati effettuati dalla Guardia di Finanza 30.153 verifiche fiscali e 769.625 controlli strumentali (il controllo si differenzia dalla verifica fiscale perché viene fatto su una singola attività che riguarda un aspetto specifico della gestione). Oltre 50 miliardi di euro sono stati evasi omettendo ricavi oppure inserendo costi che non si potevano dedurre dall’imponibile fiscale. L’Iva non versata supera gli 8 miliardi e sono stati nascosti al Fisco più di 28 miliardi di euro di componenti di reddito su cui le aziende avrebbero dovuto pagare l’Irap. —

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