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Diritti

Diaz, lo Stato si assolve

Secondo l’avvocato dello Stato, che è intervenuto al processo per i fatti della Diaz in corso a Genova, gli imputati non sono colpevoli e lo Stato non deve pagare una lira alle parti civili. L’avvocato, negando le affermazioni dei pm,…

Secondo l’avvocato dello Stato, che è intervenuto al processo per i fatti della Diaz in corso a Genova, gli imputati non sono colpevoli e lo Stato non deve pagare una lira alle parti civili. L’avvocato, negando le affermazioni dei pm, aggiunge che la notte del 21 luglio 2001 la democrazia non è stata in pericolo, che non si trattò di una spedizione punitiva, che va rifiutato l’accostamento fatto – sul piano delle responsabilità – ai processi ai gerarchi nazisti per le stragi compiute in Italia (ad esempio quella di Sant’Anna di Stazzema).
Vorrei chiedere all’avvocato dello Stato se si rende conto che 93 persone – io fra queste – sono state picchiate selvaggiamente da uomini della polizia di Stato, arrestate sulla base di prove false, umiliate oltre ogni misura. Vorrei anche chiedergli se è al corrente che nessuno ha mai chiesto scusa di tutto ciò. Da cittadino, dico che la reazione reazione dello Stato in questi anni allo scempio compiuto la notte del 21 luglio 2001, è stata peggiore delle manganellate. E’ stata vigliacca (niente scuse, niente assunzione di responsabilità da parte dei dirigenti presenti al blitz, dei loro superiori, del potere politico) e minacciosa (le promozioni degli imputati).   

la notizia d’agenzia 

GENOVA, 1 OTT – Il Viminale si schiera con gli
uomini che operarono a Genova durante il G8 e, tramite l’avvocato distrettuale Domenico Salvemini, respinge al processo per
l’irruzione della Polizia nella scuola Diaz le richieste di risarcimento di parti civili e Genoa Social Forum, per un totale di sole
provvisionali pari a milioni di euro. Un intervento, quello dell’ avvocato distrettuale, durato oltre sei ore.
 Salvemini ha affrontato tutti i profili di reato contestati cercando di scardinare in punto di diritto tutte le contestazioni a carico
degli imputati. Per far questo ha affrontato titolo per titolo le contestazioni: dalle lesioni al peculato, dal falso alla calunnia. ”Non
intendo – ha detto Salvemini – essere difensore di complemento degli imputati. Ma io li difendo nei limiti in cui la difesa e’
necessaria contro le richieste formulate a carico del responsabile civile. Il Viminale e’ chiamato a pagare milioni di euro: voglio
la prova che i fatti siano accaduti perche’ questi milioni di euro sono soldi di tutti. E se prova ci sara’ non ci saranno problemi a
pagare”.
 L’ avvocato distrettuale ha ricostruito tutto quanto avvenuto prima durante e dopo i fatti della Diaz: dalle riunioni
logistico-operative tenute in questura fino al momento in cui i funzionari della polizia chiamarono le ambulanze per i feriti.
Ed e’ partito con una sottolineatura: ”L’ operazione – ha detto Salvemini, parlando della perquisizione alla Diaz – e’ stata
operata ex articolo 41 del Testo unico di polizia. Una decisione di carattere amministrativo che non puo’ essere oggetto di
contestazione in questa sede ma solo davanti al Tar. Quindi, e’ inaccettabile definirla ‘operazione truffaldina”’.
 Da qui, all’ esame dei diversi capi di imputazione. Primo tra tutti le lesioni ”che sono state il vero fatto eclatante: di questo
processo si e’ parlato tanto perche’ sono state fotografate le persone sporche di sangue. Ma io dico che non si e’ trattato di un
solo reato di lesioni, ma di tanti reati di questo tipo. E noi non sappiamo ‘chi’ ha compiuto queste lesioni perche’ non c’e’ stata
omogeneita’ di comportamento”. Salvemini invoca le prove. Non parla del reato di falso (”che non connota richiesta di
risarcimento”) ma affronta invece il reato di calunnia sostenendo che per ”connotarsi deve sussistere la consapevolezza di
attribuire falsamente un profilo di reato a qualcuno”.
 Cosi’, Salvemini affronta uno degli episodi piu’ eclatanti di questo processo, il ritrovamento delle molotov, e da qui – dalle
posizioni di Gratteri e Luperi – passa al problema della ‘catena di comando’.
 ”Rifiuto ogni assimilazione con la strage di Sant’Anna di Stazzema – ha detto richiamando le parole dei pm che durante la
requisitoria avevano citato, proprio riferendosi alla catena di comando, alcune sentenze dei tribunali internazionali a carico di
comandanti nazisti -. Ribadisco che il concetto del ‘non poteva non sapere’ e’ svuotato di contenuto in sede processuale ormai
da anni”. (ANSA).

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