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Finanza / Approfondimento

Derivati: tra banche ed enti locali la partita è ancora aperta. Forse

L’assemblea annuale di Deutsche Bank. I principali azionisti del gruppo sono cinesi, statunitensi e qatarini © Mario Andreya / Deutsche Bank AG

Oltre 160 amministrazioni territoriali italiane hanno ancora “acceso” un contratto con gli istituti di credito volto -in teoria- a limitare l’incertezza sul debito. Una decisione europea, però, potrebbe riaprire contenziosi

Tratto da Altreconomia 206 — Luglio/Agosto 2018

L’Italia è ancora un Paese per derivati. Secondo il dipartimento del Tesoro presso il ministero dell’Economia, sono infatti 166 gli enti locali -tra Regioni, Province e Comuni- che al primo trimestre di quest’anno hanno ancora 331 contratti derivati “accesi”. I derivati sono prodotti finanziari che, almeno nelle intenzioni, avrebbero dovuto tutelare da rischi connessi all’indebitamento. Ma le cose non sono andate sempre come sperato. Nel 2007, l’anno del picco in Italia, le amministrazioni locali interessate furono addirittura 793, con in media 1,6 contratti ciascuna (e un valore “nozionale iniziale” complessivo di 37 miliardi di euro).

Poi, come spiegano i curatori di un dettagliato “Kit per l’audit sul debito locale” pubblicato nel marzo 2018 per il Comitato per l’annullamento del debito illegittimo (CADTM, Simona Repole, Marco Bersani, Corrado Conti e Francesco Silvi), da quell’anno il numero è diminuito “per effetto del divieto di sottoscrivere strumenti finanziari derivati, introdotto nel 2008” e diventato definitivo con la legge di Stabilità 2014. “Calcolando però il valore medio dei contratti rimasti -proseguono-, in aumento fino al 2015, si segnala che sono stati estinti o scaduti i contratti di minori dimensioni”. Conti, dirigente al Bilancio della Provincia di Lecco e uno degli autori delle 70 pagine del “kit”, fa parte -in qualità di “esperto in materie economiche finanziarie”- dell’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali presso il dipartimento per gli Affari interni e territoriali del Viminale. È una struttura che ha il compito di “studiare la validità del sistema di distribuzione delle risorse erariali agli enti locali” e formulare proposte per l’ampliamento della loro autonomia finanziaria.

“Nel mondo finanziario -spiega Conti- esistono diverse tipologie di derivati: swap, options, futures, forwards e altri ancora, ciascuno dei quali presenta una sua peculiarità e comprende a sua volta dei suoi sottoinsiemi. Quelli stipulati, dagli anni 90 in poi, dagli enti locali italiani sono soprattutto swap della sottotipologia Interest Rate Swap (IRS)”. Negli IRS, “l’elemento sottostante è costituito dall’andamento dell’indice di un tasso di interesse”. Banca ed ente pubblico, prosegue Conti, si “obbligano ad effettuare dei reciproci pagamenti, secondo un piano di scadenze concordate, sulla base di un differenziale tra due tassi di interesse diversi (di solito uno fisso ed uno variabile) entrambi applicati ad un determinato capitale nozionale di riferimento”. In teoria, per l’ente locale potrebbe essere anche un’ipotesi interessante “per contrastare o eliminare l’incertezza legata ad un debito contratto a tassi variabili”. “Nel recente periodo di tendenza al ribasso dei tassi -chiarisce però Conti- molti clienti sono stati paradossalmente penalizzati dal fatto di avere negoziato un IRS che li ha infine costretti a pagare alle banche dei cospicui differenziali tra il tasso fisso imposto dalla controparte e il tasso effettivo vigente al momento della scadenza (o delle scadenze) dei singoli flussi”. È la ragione per cui il capitolo del “kit” dedicato al tema s’intitola proprio “I derivati: se li conosci li eviti”.

O addirittura “li dimentichi”, come accaduto a un manager di un colosso del credito. È successo il 22 dicembre 2017, quando di fronte ai membri della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario della scorsa legislatura, si è presentato Flavio Valeri, “chief country officer” da quasi dieci anni di Deutsche Bank (DB) in Italia. La commissione presieduta da Pierferdinando Casini lo aveva convocato per “approfondire le vicende relative alle operazioni di vendita di titoli di Stato italiano compiute tra gennaio e giugno del 2011 da Deutsche Bank”. Il rappresentante di DB parte dalle basi: “I principali tre azionisti ad oggi sono i seguenti -spiega Valeri-: il primo è l’investitore cinese HNA (9,9%), il secondo è il fondo americano di investimento Blackrock (6,3%) e i terzi sono due società di investimento del Qatar (6,1%)”. Lo Stato tedesco non è azionista di DB “e non lo è mai stato nella storia dell’istituto”, chiarisce, per poi descrivere l’attività del gruppo nel nostro Paese: 2,2 milioni di clienti individuali, 65.000 aziende, 5.500 collaboratori, 20 miliardi di euro di impieghi, 45 miliardi di euro di patrimoni di investitori in gestione. L’audizione continua. In un’ora e quarantacinque minuti di domande e risposte, Valeri pronuncia soltanto due volte le parole “non ricordo” (il resoconto stenografico è online).

“Vorrei solo sapere se è al corrente di una particolare attività della vostra banca nel collocamento di derivati sugli enti locali italiani tra il 2006 e il 2010- chiede il senatore Antonio D’Alì-. Avevate un indirizzo, da questo punto di vista, o una strategia di mercato?”. “Sì -risponde Valeri-, Deutsche Bank AG è stata storicamente un attore nel mondo dei finanziamenti degli enti locali italiani”. “Ha un’idea dell’ammontare?”, rilancia il commissario”. “Da Londra… Scusi, anche questa è un’attività che viene fatta specificatamente da Deutsche Bank AG”. “Quindi non ha un’idea dell’ammontare del volume di derivati piazzati dal vostro gruppo sugli enti locali italiani?”. “Non ce l’ho e non me lo ricordo”. Nel dicembre di 9 anni prima, sempre in Senato, lo stesso Valeri quei numeri però li aveva forniti: “Deutsche Bank ha in essere 25 contratti con controparti amministrazioni locali per circa 2,07 miliardi di euro in termini di nozionale”. Non è l’unica amnesia. La seconda giunge dopo una domanda del commissario Renato Brunetta. “Lei è a conoscenza che Deutsche Bank AG sia stata coinvolta nella vicenda delle manipolazioni EURIBOR (il tasso di interesse di riferimento utilizzato sui mercati monetari internazionali e il cui scopo è rispecchiare il costo dei prestiti interbancari in euro, ndr)? Se sì, sa quali sanzioni abbia ricevuto?”.

“Data la segretezza nella quale la violazione è stata commessa non è possibile stabilire con assoluta certezza che questa sia cessata” – La Commissione europea sulla manipolazione del tasso EURIBOR

La domanda è scontata. Si riferisce a un caso clamoroso del dicembre 2013, quando la Commissione europea sanzionò per 1,7 miliardi di euro Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Général per aver fatto cartello e manipolato il tasso, con effetti sia sui contratti di mutuo ipotecario e fondiario a tasso variabile sia sui contratti derivati sul tasso (gli IRS). Valeri nicchia: “Ancora una volta, questo riguarda Deutsche Bank AG. Chiedo venia, perché non ricordo su quale procedimento EURIBOR -o LIBOR- sia stata coinvolta”. “Ma è stata sanzionata?”, ci riprova Brunetta. A quel punto interviene il direttore centrale di DB, Michele Mengoni, anch’egli audito. È l’unica volta in cui prende parola. “A livello regolamentare, quindi di normativa secondaria, non giudiziale; mi pare negli Stati Uniti, ma glielo facciamo sapere con precisione”. Bastava fare una ricerca in Rete: la Commissione europea aveva inflitto un’ammenda a Deutsche Bank di 465.861.000 euro e l’allora commissario alla Concorrenza Joaquín Almunia biasimò la “collusione tra banche che dovrebbero essere in competizione tra loro”.

Quell’importo era noto da quattro anni. Ma le motivazioni di quella decisione verranno pubblicate solamente il 30 giugno 2017. Alcuni passaggi sono pesanti: “Data la segretezza nella quale la violazione è stata commessa -si legge- non è possibile stabilire con assoluta certezza che questa sia cessata”. Gregorio Pietro D’Amato, commercialista e revisore contabile, ha letto quelle 31 pagine, studiato i possibili effetti e ipotizzato i “rimedi” in una recente pubblicazione (Mutui e derivati: la nullità del tasso Euribor, Altalex Editore). Dal suo punto di vista, in forza di questa decisione, gli enti pubblici italiani potrebbero promuovere verso tutte le banche “azioni di ripetizione di quanto pagato indebitamente per i derivati ed i mutui contratti” nel periodo che va da settembre 2005 a maggio 2008 (la durata accertata del cartello). Ma a un anno dalla pubblicazione della decisione, a Deutsche Bank Italia (che non è l’unica interessata) non è pervenuto alcuno “specifico atto formale”.

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